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GRAMMATICA MINIMA LINGUA NAPOLETANA
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- Grammatica Minima di Napoletano -
Qui l’apprendista troverà alcune indicazioni in merito ai casi dubbi che piú
spesso possono capitare nella pronuncia o nella scrittura della lingua napoletana.
Questo riassunto di regole è diviso nei seguenti paragrafi:
I Note d’Aiuto per la Pronuncia
II L’Elisione, il Troncamento, lo Spirito
III Il Sostantivo
IV il Verbo
V L’Aggettivo
VI Gli Articoli
VII L’Avverbio
VIII Le Preposizioni
IX I Numerali
X I Pronomi
XI Le Congiunzioni
I
Note d’Aiuto per la Pronuncia
1 Vocali non toniche
Spesso, le vocali non toniche (su cui cioè non cade l’accento), e quelle poste
in fine di parola, sono pronunciate con un suono centrale indistinto che i
linguisti chiamano «schwa» e che nell’Alfabeto Fonetico Internazionale è
trascritto col simbolo / ə /. Esso è il suono che ritroviamo, ad esempio,
nella pronuncia della “ e ” semimuta del francese < petit >.
2 Pronuncia forte e debole
In Napoletano, alcune parole hanno due distinte pronunce: una forte e una
debole; ad esse corrisponde una diversa enfasi del termine.
2.1 In generale, in Napoletano, la prima pronuncia si differenzia dalla
seconda per l’emissione ben marcata della vocale finale, in luogo
dell’abituale suono indistinto di cui si è parlato sopra. In questi casi si
pronuncia una “ u ” finale per la forma maschile, una “ a ” finale per quella
femminile, e una “ i ” finale per le forme plurali maschili o femminili.
2.2 La pronuncia forte si utilizza (ed è obbligatoria), soprattutto in casi
specifici. Con alcuni aggettivi, per esempio, se posti prima del sostantivo a
cui si riferiscono; mentre è errato adoperarla se l’aggettivo segue il nome.
Ad esempio:
nu bellu guaglione ( un bel ragazzo )
In questo caso, poiché l'aggettivo precede il nome, ed è tra quelli per cui
esiste una pronuncia forte, essa è obbligatoria, per cui la “ u ” finale andrà
pronunciata ben distintamente. Se però avessimo detto “nu guaglione
bello”, le vocali poste in finale di parola avrebbero avuto il suono indistinto
della pronuncia debole.
3 Accento sull’ultima sillaba
In genere, le parole che terminano per consonante, di solito lasciti stranieri,
portano l’accento sull’ultima sillaba.
Ad esempio:
Mercedès ( Mercedes ).
3.1 Unica eccezione (dal sapore neoborbonico) sembra essere:
Càvur ( Cavour ).
4 Vocali e Consonanti
4.1 [ a ]
La vocale aperta arrotondata “ a ”, è pronunciata / ɑ / piuttosto che / a
/ come in italiano.
4.2 [ a ] [ e ] [ o ]
Anche se sono sempre segnate si leggono spesso mute anche a fine parola.
Ad esempio:
Aqua ( acqua ) si legge quasi: acq’.
4.3 [ ï ]
La “ ï ” diacritica / i /, presente nei gruppi “ -cia ” / -ʧa / e “ -gia ” / -ʤa
/, viene talvolta pronunciata.
Ad esempio:
Na cruciera ( una crociera ) si legge: ’na crucïera.
4.4 [ b ]
Si pronuncia spesso come “ v ”.
Ad esempio:
baso ( bacio ), si legge: vaso.
4.5 [ d ]
È frequente il rotacismo della / d /, cioè il suo passaggio a / r / ( / ɾ / )
soprattutto se essa si trova tra due vocali, o ad inizio di parola seguita da
vocale.
Ad esempio:
dimàne ( domani ) si legge quasi: rimàne.
4.6 [ g ]
In principio di parola, soprattutto nei gruppi “ gua /gwa ” e “ gue /gwe ”,
spesso la occlusiva velare sonora / g / seguita da vocale diventa
approssimante / ɤ /.
Ad esempio:
guerra ( guerra ) si legge quasi: gvúerra.
4.6.1 Se è seguita dalla vocale “ u ” o dalla consonante “ r ”, può avere
suono molto debole e quasi non si pronunzia.
Ad esempio:
grattà ( grattare ) si legge quasi: ‘rattà.
4.7 [ j ]
Quando la “ i ” è semivocalica a inizio parola (una “ i ” seguita da un’altra
vocale, di solito trascritta come “ j ”), in alcuni casi viene pronunciata con
suono forte e suona quasi come: “ -ggh ”.
Ad esempio:
jettatura ( jettatura ), si legge quasi: ghiettatúra.
4.7.1 All’interno della parola ha suono debole e suona come “ i ”.
Ad esempio:
ajere ( ieri ), si legge quasi: àiere.
4.8 [ s ]
La fricativa alveolare non sonora / s /, in posizione iniziale, seguita da
consonante, viene spesso pronunciata come fricativa postalveolare non
sonora / ʃ /; assume, quindi, il caratteristico suono strisciato simile a
quello di < sh > nella lingua inglese.
4.8.1 Ciò, però, non accade, quando essa è seguita da un’occlusiva
dentale / t / o / d /.
Ad esempio:
scusà ( scusare )
4.9 [ v ]
Si pronuncia spesso come “ b ”.
Ad esempio:
vedé (vedere), si legge: bedé.
5 Gli Accenti
Si distinguono in tre tipi:
5.1 [ ` ]
Aperti, o gravi. suono largo
“ à / è / ò ”
5.2 [ ´ ]
Chiusi o acuti: suono stretto.
“ é / í / ó / ú ”
5.3 [ ^ ]
Circonflessi: indicano contrazione di piú vocali.
“ â / ê / î / ô ”
II
L’Elisione, il Troncamento, lo Spirito
1 Tipi di Apostrofo
Nel tentativo di semplificare la scrittura di questa lingua senza trascurare le
ragioni dei termini, abbiamo scelto di segnare l’elisione, il troncamento e,
nel solo caso degli articoli determinativi, lo “spirito”, nei seguenti modi:
1.1 [ ’ ]
Apostrofo, per indicare l’elisione dell’ultima lettera di una parola che sia una
vocale, non accentata, seguita da un’altra parola che inizi per vocale.
1.2 [ ` ] [ ´ ]
Accento grave o acuto, per indicare la caduta di un’intera sillaba.
1.3 [ ‘ ]
Lo spirito aspro, scelto sia per distinguere gli articoli dalle congiunzioni o
dalle preposizioni, sia in omaggio ad un legame del Napoletano al Greco,
precedente a quello col Latino.
III
Il Sostantivo
1 Pronuncia identica sia nel Singolare che nel Plurale
A seguito dell'indebolimento della vocale finale, molti nomi hanno una
pronuncia identica sia nel singolare sia nel plurale. Le due forme si
distinguono grazie all'utilizzo del differente articolo, alla presenza o meno
del rafforzamento sintattico, alla concordanza del verbo.
1.1 Altri sostantivi hanno invece una forma distinta per il plurale,
talvolta basata sulla mutazione della vocale tonica.
Ad esempio:
‘o cartone ( il cartone ), diventa:‘e cartune.
2 Mutazione della Vocale Tonica
La mutazione della vocale tonica serve anche ad ottenere il maschile di
diversi aggettivi o sostantivi.
Ad esempio:
rossa ( rossa ), diventa: russo ( rosso ).
3 Genere Neutro
Il genere neutro è presente, ad esempio, negli aggettivi dimostrativi,
Ad esempio:
‘o niro, (il nero), si riferisce a una persona di
colore, di sesso maschile.
‘o nniro (il nero), col raddoppiamento della “ n ”, è
adoperato al neutro, e si riferisce al colore nero.
IV
Il Verbo
1 Avé e Tené
In Napoletano, il servile “dovere”, è espresso con la circonlocuzione “avé
da/avé ’a ” (avere da) e, quindi, col verbo Avé (Avere).
1.1 Bisogna tenere presente, però, che se il verbo servito inizia per
vocale, la preposizione del costrutto “da / ’a ”, fa corpo con la prima sillaba
del verbo. Essa presenta, quindi, l’accento circonflesso.
Ad esempio:
aggio ârravuglià (devo/ho d’avvolgere), da: aggio ’a
arravuglià.
avite âlluccà (dovete/avete da gridare), da: avite ’a
alluccà.
1.2 Per la sola seconda persona singolare, qualora il verbo servito dalla
circonlocuzione inizi per consonante, e per offrire una segnatura che sia piú
fedele alla parlata reale, nei testi, abbiamo preferito contrarre la
preposizione all’ausiliare, e non al verbo servito.
Ad esempio:
he ’a cammenà (devi/hai da camminare) da: hê cammenà.
1.3 Il verbo Avé non ha mai il significato di possedere: in tal caso si
usa il verbo: Tené.
Ad esempio:
tenco a nu ciuccio (ho un asino).
2 Declinazione dei Verbi
2.1 Infinito
-à -è -í -ere
Parlà Caré Partí véncere
2.2 Presente
-à -è -í -ere
Io parlo caro parto venco
Tu parle care parte vince
Isso éssa parla care parte vence
Nuje parlammo carimmo partimmo venimmo
Vuje parlate carite partite venite
Loro pàrlano careno pàrteno vénceno
2.3 Passato Prossimo
-à -è -í -ere
Io aggio parlato so’ caruto so’ partuto aggio vinciuto
Tu haje/hê parlato si’ caruto si’ partuto haje/hê vinciuto
Isso éssa ha parlato è caruto/a è partuto/a ha vinciuto
Nuje avimmo/ammo parlato simmo carute simmo partute avimmo/ammo vinciuto
Vuje avite/àte parlato site carute site partute avite/ate vinciuto
Loro hanno parlato so’ carute so’ partute hanno vinciuto
2.4 Imperfetto
-à -è -í -ere
Io parlavo carévo partévo vencévo
Tu parlave carive partive vencive
Isso parlava caréa parteva vencéva
Nuje parlàvemo carèvemo partèvemo vencévemo
Vuje parlàveve caríveve partíveve vencíveve
Loro parlàveno carèveno partèveno vencèveno
2.5 Passato Remoto
-à -è -í -ere
Io parlaje carette partette vincette
Tu parlaste cariste partiste vinciste
Isso éssa parlaje carette partette vincette
Nuje parlàïemo caréttemo partéttemo vincéttemo
Vuje parlaste careste parteste vinciste
Loro parlàïeno carétteno partétteno vincétteno
2.6 Futuro Semplice
-à -è -í -ere
Io parlarràggio cadarràggio partarràggio venciaràggio
Tu parlarraje cadarraje partarraje venciarraje
Isso éssa parlarrà cadarrà partarrà venciarrà
Nuje parlarrimmo cadarrimmo partarrimmo venciarrimmo
Vuje parlarrite cadarrite partarrite venciarrite
Loro parlarranno cadarranno partarranno venciarranno
2.6.1 Il Futuro semplice, è quasi scomparso nella parlata moderna. Esso
è comunemente sostituito dal Presente indicativo. Il senso del futuro è dato
spesso da un avverbio di tempo.
2.6.2 Si usa anche una forma in cui il senso del futuro, è espresso con
l’uso della perifrasi: “avé ’ ’a” ( dovere da ), con a seguire l’infinito.
-à -è -í -ere
Io aggi’ ’a parlà aggi’ ’a caré aggi’ ’a partí aggi’ ’a vencere
Tu hê ’a parlà hê ’a caré hê ’a partí hê ’a vencere
Isso éssa ha da parlà ha da caré ha da partí ha da vencere
Nuje amm’ ’a parlà amm’ ’a caré amm’ ’a partí amm’ ’a vencere
Vuje at’ ’a parlà at’ ’a caré at’ ’a partí at’ ’a vencere
Loro hann’ ’a parlà hann’ ’a caré hann’ ’a partí hann’ ’a vencere