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Tuttor ch’eo dirò gioi, gioiva cosa | |
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Tuttor ch’eo dirò gioi, gioiva cosa
GUITTONE D’AREZZO
Tuttor ch’eo
dirò gioi, gioiva cosa,
intenderete che di voi favello,
che gioia sete di beltá gioiosa
e gioia di piacer gioioso e bello:
e gioia in cui gioioso avenir posa,
gioi d’adornezze e gioi di cor asnello;
gioia in cui viso è gioi tant’amorosa
ched è gioiosa gioi mirare in ello.
Gioi di volere e gioi di pensamento
e gioi di dire e gioi di far gioioso
e gioi d’onni gioioso movimento.
Per ch’eo, gioiosa gioi, sí disioso
di voi mi trovo, che mai gioi non sento
se ’n vostra gioi il meo cor non riposo.
Ogni
volta che io dirò “gioia”, creatura gioiosa,
capirete che parlo di voi,
che siete gioia di una bellezza gioiosa
e gioia di un piacere gioioso e bello,
e la gioia su cui si fonda un futuro felice,
gioia di bellezza e gioia di un corpo snello,
gioia che io guardo e gioia che suscita tanto amore.
Una gioia che è un felice godimento ammirarlo (corpo).
Gioia di volere, di pensare,
di dire, di fare,
e di ogni comportamento gioioso:
Per cui, gioiosa gioia, cosi desideroso
Di voi mi trovo, che non sento mai la gioia,
Se non nella gioia che voi date.
Si tratta di una poesia che è un inno alla gioia amorosa, a quel godimento tutto spirituale che l’amore procura, quando s’impadronisce dell’uomo e diventa la più esaltante avventura dell’anima. La gioia amorosa scatena ulteriori motivi di gioia ed è proprio da lì che partono tutte le altre gioie. Nonostante certi gallicismi, il sonetto svolge con soave musicalità il tema dell’amore sentito come stimolo di una ricca vita interiore.