Cavalcanti, Guido - Chi è questa che vèn, ch'ogni'om la mira -
Chi è questa che
vèn, ch'ogni'om la mira,
che fa tremar di chiaritate l'are
e mena seco Amor, sì che parlare
null'omo pote, ma ciascun sospira?
O Deo, che sembra quando li occhi gira,
dical' Amor ch'i' nol savria contare:
cotando d'umiltà donna mi pare,
ch'ogn'altra ver di lei i' la chiam' ira.
Non si poria contar la sua piagenza,
ch'a le s'inchin' ogni gentil vertute,
e la beltate per sua dea la mostra.
Non fu sì alta già la mente nostra
e non si pose 'n noi tanta salute,
che propriamente n'aviàn canoscenza.
Parafrasi
Chi è costei che
avanza e ogni uomo l'ammira, che fa vibrare di luce l'aria e conduce con sè
Amore così che nessun uomo può parlare, ma ciascuno sospira?
O Dio, che cosa sembra quando volge lo sguardo, lo dica Amore, perchè io non lo
saprei riferire.
Mi sembra a tal
punto umile e benevola, che ogni altra donna rispetto a lei la chiamo malvagia.
Non si potrebbe descrivere la sua bellezza, dato che a lei si inchina ogni
nobile virtù e la bellezza la indica come sua dea.
La nostra capacità intellettuale non fu mai così profonda e non fu posta mai in
noi tanta grazia divina da poterne avere conoscenza.
1 Chi… âre: Chi è costei che avanza, che ognuno (ogn’om, impersonale) guarda con stupore, e che fa vibrare di luce (chiaritate) l’aria intorno a sé? Il pronome “la” è pleonastico (la funzione di complemento oggetto è già svolta dal relativo “che”). L’interrogativo iniziale riecheggia due passi biblici: il Cantico dei Cantici (6, 9: “Quae est ista quae progreditur?”) e Isaia, 63, 1: (“Quis est iste, qui venit?”). La domanda, che rimane senza risposta, crea un clima di mistero e di sospensione. Tanto più che, come ha notato Contini, nel Medio Evo l’esegesi cristiana riferiva questi passi biblici alla Vergine. L’incedere della donna viene quindi accostato a un’apparizione soprannaturale, come sottolinea anche l’alone luminoso di cui la figura è circonfusa (l’idea del riverbero dell’aria è sottolineata al v. 2 dall’allitterazione delle consonanti t e r). 2 mena seco: porta con sé. 3 null’omo pote: nessuno può; null’omo è un gallicismo. 4 dical… contare: lo dica Amore, perché io non saprei spiegarlo, esprimerlo. 5 cotanto… ira: a tal punto si manifesta a me (mi pare) come signora (donna, dal latino domina) della benignità (umiltà), che, in confronto a lei (ver’ lei), io chiamo “superbia” (ira) ogni altra donna. Il pronome personale “la” è pleonastico. 6 Non… piagenza: Non si potrebbe descrivere la sua bellezza (piagenza). Ribadisce il concetto della ineffabilità della bellezza femminile, già espresso al v. 6, passando però dal piano dell’impossibilità soggettiva (“i’ nol savria contare”) a quello dell’impossibilità assoluta. 7 ch’a le’…virtute: perché dinanzi a lei si inginocchia ogni nobile virtù: si riprende il tema del v. 7, in cui la donna appare già come domina: così come la benignità, ogni altra virtù non può che renderle omaggio. 8 e la beltate… mostra: e la stessa virtù della bellezza la indica come sua dea. La donna appare dunque come una miracolosa, ma sensibile manifestazione di virtù ideali, tra cui spiccano la benignità (“umiltà”) e la bellezza. 9 Non… canoscenza: La nostra mente (per il significato di questo termine si veda l’analisi del testo) non fu mai (già) così elevata, e non fu posta in noi tanta perfezione (salute) che possiamo adeguatamente (propiamente) averne conoscenza. Il pronome personale “n’” può riferirsi alla donna, ma sembra più pertinente collegarlo alle “virtù” (“umiltà” e “beltate”) di cui essa è la manifestazione sensibile. |
|
Analisi del testo |
|
METRICA |