UNGARETTI : SILENZIO


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UNGARETTI


SILENZIO


Conosco una citt�
che ogni giorno s�empie di sole
e tutto � rapito in quel momento

Me ne sono andato una sera

Nel cuore durava il limio
delle cicale

Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia citt� sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell�aria torbida
sospesi


 

Silenzio � il ricordo improvviso di un passato radioso che rinasce sullo sfondo buio del presente, un presente denso di pena e desolazione (la poesia viene scritta nel pieno della guerra). La citt� natale, dove il sole rapisce e toglie la memoria, era percorsa dal �limio delle cicale� che �durava� e, pi� correttamente, dura ancora �nel cuore� di chi vi si � allontanato. Questo suono che la memoria rievoca cos� improvvisamente sorge dal silenzio che pu� essere sia materiale che interiore, come se la luce rinascesse dal buio. La lirica, che si apre in maniera quasi ottimistica nel momento in cui si afferma:�conosco una citt�, si sviluppa nel segno del passato ritrovato, e progressivamente va sovrapponendosi alla memoria dolorosa del distacco dalla citt� solare, accostandosi al momento presente: la citt�, nel ricordo, svanisce alla vista dell'emigrante (�ho visto / la mia citt� sparire�), lasciando come ultimo segno di s� dei lumi sospesi nella foschia. E questo movimento designa parallelamente anche il processo presente dello svanire del ricordo e quindi come equivalente, di una nuova perdita della citt� radiosa, e il �sospesi� con cui si chiude il componimento si caricara di forti significati sicuramente inquietanti, come pu� essere quella della condizione sospesa dell'uomo che affronta la morte giorno dopo giorno.
 



Analisi del testo
Nel mezzo della guerra, quando tutto spinge a dubitare anche della propria esistenza, il poeta-soldato si aggrappa alle sue poche certezze. Il "conosco" che apre il componimento ha la stessa forza del "cogito ergo sum" di Cartesio. Dal momento che conosco io sono vivo, ed io esisto nel presente perch� "conosco una citt� che appartiene al mio passato". Allo stesso tempo la "citt�" che il poeta conosce, piena di luce e di vita, lo aiuta a vincere l'orrore della guerra e dei tanti paesi distrutti, tra le cui macerie si vede soltanto la morte.

La citt� che Ungaretti conosce, l'Alessandria d'Egitto dove era nato nel 1888, ogni giorno, all'alba, si riempie di luce e in quel momento tutto � come rapito, in uno stato di stupore commosso, quasi ascetico.

La seconda tappa, e il tempo passato (lo spostamento � da adesso ad allora) � evidenziato dallo spazio vuoto, � il momento del distacco: il ricordo si sposta a quella sera quando il poeta se ne and� (ma egli dice: me ne sono andato, usa cio� il passato prossimo, cio� pi� vicino, logicamente, al tempo presente, in cui il poeta soldato scrive).

Di quella sera Ungaretti conserva una straordinaria impressione uditiva, capace di rendere anche il calore della stagione: il limio delle cicale dura ancora nel suo cuore adesso che scrive. E' il primo sintomo di una malinconia che diviene esplicita nell'ultima parte, quella pi� lunga, in cui prevale l'impressione visiva: il bastimento verniciato di bianco, l'abbraccio di lumi, l'aria torbida.

E' pure evidente il movimento dell'allontanamento: Alessandria sparisce alla vista, ma prima di scomparire si � trasformata in un abbraccio di lumi sospesi nell'aria torbida. Il distacco � completo quando svaniscono anche le luci della citt� che per qualche tempo erano rimaste come sospese nell'aria poco nitida.



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