Francesco Guicciardini: Il pensiero

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Francesco Guicciardini: Il pensiero

Anche il Guicciardini, come il Machiavelli, crede che l'uomo sia un fenomeno della natura soggetto a leggi fisse ed immutabili, ma, a differenza del grande amico, ritiene che l'uomo sia naturalmente portato pi� al bene che al male e se fa nella realt� pi� spesso il male che il bene, ci� � dovuto al fatto che le tentazioni sono tante e la coscienza umana debole, ma ancora di pi� al fatto che proprio facendo il male l'uomo riesce pi� facilmente e pi� spesso a realizzare il proprio tornaconto. Questo tornaconto personale, che il Guicciardini chiama "particulare", � in effetti la molla che fa scattare tutte le azioni umane: esso il pi� delle volte corrisponde al benessere materiale, al potere, ma pu� anche nobilitarsi corrispondendo all'interesse dello Stato, alla gloria, alla fama.

Per realizzare il "particulare", sia in senso politico che in senso domestico, non � possibile rifarsi alla storia e trarre insegnamenti da fatti gi� accaduti per risolvere i fatti del presente, perch� nella storia i fatti non si ripetono mai: anche quando una circostanza presente sembra riflettere un episodio della storia passata, in effetti la situazione attuale � ben diversa, diversi essendo gli uomini che si trovano ad affrontarla. Quindi non c'� da sperare in una scienza della politica, ma contare esclusivamente sulla propria "discrezione", cio� una qualit� innata nell'uomo, ma che solo pochi posseggono in misura rilevante, che fornisce la capacit� di intuire di volta in volta la scelta da operare, la strada da percorrere, per realizzare il proprio vantaggio e difendersi dai pericoli della vita. Per� se la storia non pu� darci leggi universali di comportamento, la nostra esperienza personale pu� bene affinare in noi la "discrezione". E l'uomo deve attenersi esclusivamente al suo rapporto contingente con la realt�, perch� � vana e semplice esercitazione mentale il volersi interessare di cose soprannaturali ed invisibili. E nel rispetto di questa considerazione, egli condivide col Machiavelli la necessit� di badare solo alla "verit� effettuale", ma della situazione italiana contemporanea d� una valutazione diversa: per lu� non � possibile fare dell'Italia di quel tempo uno stato unitario, e propende invece per una confederazione di piccoli stati, possibilmente retti a repubblica ma governati comunque da "savi".

Egli � contrario al potere temporale dei papi (anche se li serv� per proprio tornaconto) e condivide col Machiavelli il desiderio di vedere l'Italia liberata dagli stranieri. Significativo a tal riguardo � il seguente pensiero del Guicciardini: "Tre cose desidero vedere innanzi della mia morte; ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna: uno vivere di repubblica bene ordinata nella citt� nostra; l'Italia liberata da tutti e barbari; e liberato il mondo della tirannide di questi preti".

Il pensiero e il confronto con Machiavelli

La grande, infamante accusa che il Guicciardini muove al Machiavelli � di essere un "utopista" invece che un "realista". Sul piano teorico, il confronto con le posizioni di Machiavelli � condotto soprattutto nelle Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli sulla prima deca di Tito Livio, scritte intorno al 1529 in due libri e rimaste incompiute. In esse Guicciardini sottopone ad analisi minuta singole affermazioni o particolari nuclei teorici di Machiavelli. Si tratta di riflessioni volte piuttosto a criticare e decostruire il pensiero di Machiavelli che ad avanzare proposte alternative o a costruire un diverso sistema concettuale. Nonostante la comune visione laica, fondata sulla "realt� effettuale", mentre Machiavelli, in una prospettiva classicistica, tende a "parlare generalmente" e a stabilire regole universali basandosi anche sulla lezione della storia, Guicciardini rimane ancorato a un empirismo assoluto e radicale: egli crede solo all'esperienza e alla necessit� di giudicare caso per caso, in quanto ogni evento o fenomeno storico � unico e irripetibile e non pu� quindi essere analizzato a partire da categorie astratte e universali. Machiavelli, inoltre, pur consapevole del limite opposto dalla Fortuna all'agire umano, crede tuttavia nella storia come costruzione razionale e umana e trova nella virt� il fondamento e la legittimazione della libert� dell'uomo e della sua capacit� attiva ed energica di costruire e modificare la storia secondo i suoi fini e i suoi progetti. La meditazione del Guicciardini parte, invece, dal riconoscimento amaro dell'incapacit�, da parte del singolo, di riuscire a modificare il corso degli eventi e di ridurli in schemi razionali. C'� in lui la coscienza di un'estrema complessit� e irrazionalit� del reale, che non si lascia esaurire da nessuna formula. Vano � dunque pretendere di stabilire norme generali d'azione, dato che una realt� sempre imprevedibile sconvolge gli schemi in cui vorremmo costringerla. Alla virt� del Machiavelli egli sostituisce pertanto la "discrezione", che � la capacit� di analizzare e comprendere i fatti singoli nelle loro infinite sfumature, per poter inserire la propria azione nel loro corso tumultuoso, senza venirne travolti, salvaguardando il proprio "particulare", cio� il proprio interesse, i propri scopi e progetti. Si pu� in certo modo affermare che, nel suo pensiero, la Fortuna vinca la virt�, e la fiducia rinascimentale nella capacit� costruttiva dell'uomo nel mondo appaia ormai in declino. Questo spiega perch� Guicciardini si dedichi esclusivamente alla storiografia, intesa come ricostruzione e comprensione a posteriori degli eventi e delle loro cause, rifiutando la forma del trattato politico, inteso, come in Machiavelli, come codificazione di un sistema organico di leggi e norme universali finalizzate a guidare e sostenere l'azione politica di costruzione della storia. Anche il Guicciardini, come il Machiavelli, crede che l'uomo sia un fenomeno della natura soggetto a leggi fisse ed immutabili, ma, a differenza del grande amico, ritiene che l'uomo sia naturalmente portato pi� al bene che al male e se fa nella realt� pi� spesso il male che il bene, ci� � dovuto al fatto che le tentazioni sono tante e la coscienza umana debole, ma ancora di pi� al fatto che proprio facendo il male l'uomo riesce pi� facilmente e pi� spesso a realizzare il proprio tornaconto. Questo tornaconto personale, che il Guicciardini chiama "particulare", � in effetti la molla che fa scattare tutte le azioni umane: esso il pi� delle volte corrisponde al benessere materiale, al potere, ma pu� anche nobilitarsi corrispondendo all'interesse dello Stato, alla gloria, alla fama. Per realizzare il "particulare", sia in senso politico che in senso domestico, non � possibile rifarsi alla storia e trarre insegnamenti da fatti gi� accaduti per risolvere i fatti del presente, perch� nella storia i fatti non si ripetono mai: anche quando una circostanza presente sembra riflettere un episodio della storia passata, in effetti la situazione attuale � ben diversa, diversi essendo gli uomini che si trovano ad affrontarla.

Quindi non c'� da sperare in una scienza della politica, ma contare esclusivamente sulla propria "discrezione", cio� una qualit� innata nell'uomo, ma che solo pochi posseggono in misura rilevante, che fornisce la capacit� di intuire di volta in volta la scelta da operare, la strada da percorrere, per realizzare il proprio vantaggio e difendersi dai pericoli della vita. Per� se la storia non pu� darci leggi universali di comportamento, la nostra esperienza personale pu� bene affinare in noi la "discrezione". E l'uomo deve attenersi esclusivamente al suo rapporto contingente con la realt�, perch� � vana e semplice esercitazione mentale il volersi interessare di cose soprannaturali ed invisibili. E nel rispetto di questa considerazione, egli condivide col Machiavelli la necessit� di badare solo alla "verit� effettuale", ma della situazione italiana contemporanea d� una valutazione diversa: per lu� non � possibile fare dell'Italia di quel tempo uno stato unitario, e propende invece per una confederazione di piccoli stati, possibilmente retti a repubblica ma governati comunque da "savi".

Egli � contrario al potere temporale dei papi (anche se li serv� per proprio tornaconto) e condivide col Machiavelli il desiderio di vedere l'Italia liberata dagli stranieri. Significativo a tal riguardo � il seguente pensiero del Guicciardini: "Tre cose desidero vedere innanzi della mia morte; ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna: uno vivere di repubblica bene ordinata nella citt� nostra; l'Italia liberata da tutti e barbari; e liberato il mondo della tirannide di questi preti". Non � un caso che il Guicciardini - a differenza del Machiavelli - fece una notevole carriera politica. Ma chi � stato pi� "premiato" dalla storia? Chi dei due ha potuto beneficiare di una maggiore realizzazione storica dei propri ideali? Si pu� forse dire che il Guicciardini fosse pi� "realista" del Machiavelli quando pensava di potersi opporre, con le sole risorse del papato o di una Lega provvisoria dei maggiori Stati italiani, alla potenza di nazioni come la Spagna o la Francia? Era forse pi� realista del Machiavelli quando rifiutava l'idea di costituire un esercito non mercenario? Nella fattispecie la politica del Guicciardini ha avuto pi� successo di quella del Machiavelli, ma non si pu� dire che abbia avuto anche pi� ragioni.

L'ideale del Machiavelli, relativo all'unificazione nazionale, non � forse fallito anche per l'opposizione di politici miopi come il Guicciardini? Chi ricordiamo oggi pi� volentieri: il passionale lungimirante Machiavelli o il freddo calcolatore Guicciardini? La prospettiva di lungo periodo ha dato ragione al Machiavelli, anche se il rifiuto ostinato, trisecolare, di accettare il suo ideale, ha fatto regredire cos� tanto l'Italia, rispetto ad altre nazioni europee, che ancora oggi ne risentiamo. Se poi volessimo fare i sofisti, dovremmo mettere in discussione anche il valore contestuale del presunto "realismo" del Guicciardini, quello che lui praticava nell'ambito ristretto delle circostanze particolari, dei casi specifici. Egli infatti s'� sempre comportato come un aristocratico, lontano dalle masse popolari: ad es., quando ha cercato di spiegarsi i motivi della profonda crisi di Firenze, ne ha attribuita la responsabilit� ai grandi personaggi della politica, alle rivendicazioni dei ceti subalterni, alla sfortuna... E' forse questo il vero "realismo"? Si pu� essere allo stesso tempo "realisti" e "opportunisti"? L'opportunismo di chi pensa solo al "particulare" � forse una garanzia di vero successo? Il suo unico trattato teorico-politico � il Dialogo del reggimento di Firenze, composto tra il '21 e il '25. In esso Guicciardini auspica per Firenze un governo "misto", sul modello di quello oligarchico-veneziano, che superi i difetti della signoria e del regime repubblicano. Prevede due magistrature formate dai rappresentanti delle famiglie pi� illustri e pi� ricche, aventi al vertice un gonfaloniere nominato a vita. L'aristocrazia che Guicciardini difendeva era quel ceto di magnati, astuti e intelligenti, che avevano saputo assumere il controllo dei traffici commerciali e delle industrie, alleandosi con la nuova borghesia mercantile e finanziaria. Per lui questa classe era la sola ad essere esperta nell'arte di governare, sia a livello politico-amministrativo che militare. Guicciardini � un politico conservatore: guarda con sospetto e diffidenza i tumulti popolari (ad es. quello dei Ciompi), l'assolutismo del principe e ritiene irrealizzabile l'idea di uno Stato nazionale. La sua preoccupazione principale � quella di conservare i vecchi istituti comunali e corporativi. I Ricordi politici e civili: sono oltre 400 pensieri di natura politica e morale, di varia lunghezza, composti tra il '25 e il '30, destinati ad esser letti dai familiari e dai discendenti (pubblicati, come molte altre sue opere, solo verso la met� dell'Ottocento). In essi Guicciardini ribadisce il principio rinascimentale dell'autonomia della politica, totalmente separata dalla religione e dalla morale; sostiene che la storia � un prodotto degli uomini, non della provvidenza, anche se la fortuna ha una parte rilevante nelle vicende degli uomini. Gli uomini che fanno la storia sono quelli che hanno intelligenza, forza, astuzia, abilit�, autorit�. Il popolo non fa "storia". Gli avvenimenti storici sono indecifrabili se riferiti a uno schema teorico predefinito col quale li si vorrebbe interpretare. Nella storia le eccezioni, le circostanze fortuite, particolari, i necessari "distinguo" rendono impossibile una comprensione globale o generale della realt�. I fatti vanno compresi nelle loro circostanze particolari, caso per caso. La virt� che il politico deve possedere, a tale scopo, � la discrezione, che � la capacit� di discernere con acume, sulla base dell'esperienza, i singoli fatti (prevale dunque l'analisi sulla sintesi). In questo senso il Guicciardini si oppone al Machiavelli: non accetta il richiamo costante agli antichi (perch� secondo lui il passato non pu� aiutarci a vivere il presente, non essendoci una concatenazione logica dei fatti storici), n� apprezza lo sforzo di trarre dalla storia delle leggi universali. I fatti non possono essere ricondotti entro una visione unitaria, n� si pu� risalire dal particolare al generale: il futuro resta imprevedibile.

Di qui il forte pessimismo intellettuale del Guicciardini, che si manifesta anche nella concezione dell'uomo: a suo giudizio, infatti, la natura umana � fondamentalmente incline al male, almeno nel momento stesso in cui accetta di vivere in societ�. E questa inclinazione � immutabile. Alla politica idealista e di ampio respiro del Machiavelli, Guicciardini oppone una politica che lui definiva "realista" ma che sarebbe meglio definire "opportunista": la politica di quel diplomatico, esperto nell'arte di negoziare e consigliare, molto attento al proprio "particulare", cio� alla propria dignit�, reputazione e carriera politica (ad es. in religione egli avrebbe voluto farsi luterano, ma rest� cattolico; odiava il clericalismo, ma si era adattato a servire il papato). Per "particulare" non si deve intendere il tornaconto materiale.

Nelle Considerazioni sopra i Discorsi del Machiavelli (1530), Guicciardini contesta che l'unificazione nazionale sia un obiettivo preferibile all'equilibrio tra le varie entit� politiche esistenti e sostiene invece che l'autonomo sviluppo delle varie citt� e signorie, oltre ad essere causa di benessere economico, corrisponde meglio alle antiche consuetudini degli italiani. L'opera pi� importante, sul piano storiografico, � la Storia d'Italia, in 20 volumi, composta tra il '36 e il '39. E' il capolavoro di tutta la storiografia del '500. Tratta gli avvenimenti che vanno dalla discesa di Carlo VIII alla morte di Clemente VII. E' l'unica ch'egli compose espressamente per la pubblicazione. Guicciardini � il primo che raccoglie in un quadro le vicende di tutta Italia, ed � anche il primo che pone a fondamento della narrazione documenti autentici e originali: di qui la sua pretesa imparzialit�. La differenza principale fra la sua storiografia e quella del Machiavelli la si riscontra anche nel giudizio che d� della Repubblica fiorentina. Mentre il Machiavelli aveva ricercato nelle passate vicende della citt� le prove della fragilit� del piccolo stato corporativo rispetto alle nazioni europee emergenti; il Guicciardini invece addebitava il declino della citt� alle passioni e agli errori di singoli e famosi personaggi, vissuti negli ultimi 40 anni, oppure alle pretese delle classi pi� popolari o addirittura all'influsso negativo della fortuna.

I "Ricordi"

I "Ricordi" sono una nutrita raccolta di pensieri ed appunti sparsi, raccolti da Guicciardini. Massime morali e consigli politici si mescolano in un'opera che manca della sistematicit� de "Il Principe" o della stessa "Storia d'Italia" del Guicciardini. Vivamente polemico contro lo stato della chiesa, sotto cui ha servito in alte cariche per molti anni, Guicciardini � stato bollato da De Sanctis per la sua ipocrisia, tesa solo al raggiungimento del proprio "particulare". Queste sono le principali tematiche affrontate nei "Ricordi":

VI - La discrezione e l�ingratitudine L�uomo non pu� dominare gli eventi, perci� � impossibile dare consigli d�azioni universalmente valide, dettare principi generali e assoluti. Non resta che prender le cose per il loro verso, giudicandole caso per caso, nelle loro infinite sfumature. E� evidente qui il contrasto con Machiavelli.

XI - L�ingratitudine C�� nel Guicciardini un senso di nostalgia per gli uomini nobili e puri.

XV, XVI, XVII - Le ambizioni umane I ricordi furono scritti dopo il ritiri alla vita politica, dopo, cio�, la sua esistenza e tutto il suo lungo prodigarsi gli apparivano nella luce amara dell�insuccesso e della vanit�. Alla fine di questo pensiero il prevalente tono pessimistico passa in secondo piano: il desiderio dell�onore e della gloria appare una necessit� imprescindibile dell�animo umano. Anche questo � un pensiero autobiografico come quello contenuto nel 15.

XXVIII - La corruzione del clero La critica del Guicciardini non riguarda in alcun modo il contenuto della religione cattolica, ma si appunta sulla corruzione morale delle gerarchie ecclesiastiche assai evidente in quei tempi, da cui prese le mosse la protesta di Martin Lutero. L�autorit� della Chiesa che il Guicciardini vorrebbe vedere sminuita � quella politica, che egli avverte in netto contrasto con gli ideali veri del cristianesimo. Ma Guicciardini mette le mani avanti: "Non combattete mai con la religione, n� con le cose che pare che dependono da Dio; perch� questo obietto ha troppa forza nella mente degli sciocchi". (Ricordi, 31)

XXX - La fortuna Guicciardini afferma, al contrario di Machiavelli, che un sovrano potrebbe salire al trono unicamente grazie alla fortuna a lui favorevole. La fortuna quindi � molto pi� importante della virt� propria di ogni uomo.

XXXII - L�ambizione Guicciardini divide l�ambizione in negativa e positiva. Negativa quando, per realizzare i propri progetti chi detiene il potere non si fa scrupolo di calpestare i valori fondamentali dell�uomo (la coscienza, l�onore, l�umanit�).

XXXVI, XXXVII - Le relazioni sociali L�uomo nelle relazioni politiche-sociali deve sapersi porre: la dissimulazione e la menzogna possono servire come strumento utile alla realizzazione dei propri scopi.

XLIV - L�essere e l�apparire La famiglia deve saper educare il proprio figlio e dargli una buona morale.

LX, LXI - Le "Varie nature degli uomini" Guicciardini avverte l�estrema complessit� del reale e l�impossibilit� dell�uomo di dominarlo pienamente, di imprimervi il suggello della propria razionalit�; e avverte inoltre l�estrema precariet� del nostro vivere.



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