Ne la stagion che 'l ciel rapido inchina
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"Ne la stagion che 'l ciel rapido inchina"
Ne la stagion che 'l ciel rapido inchina
verso occidente, et che 'l d� nostro vola
a gente che di l� forse l'aspetta,
veggendosi in lontan paese sola,
la stancha vecchiarella pellegrina
raddoppia i passi, et pi� et pi� s'affretta;
et poi cos� soletta
al fin di sua giornata
talora � consolata
d'alcun breve riposo, ov'ella oblia
la noia e 'l mal de la passata via.
Ma, lasso, ogni dolor che 'l d� m'adduce
cresce qualor s'invia
per partirsi da noi l'eterna luce.
Come 'l sol volge le 'nfiammate rote
per dar luogo a la notte, onde discende
dagli altissimi monti maggior l'ombra,
l'avaro zappador l'arme riprende,
et con parole et con alpestri note
ogni gravezza del suo petto sgombra;
et poi la mensa ingombra
di povere vivande,
simili a quelle ghiande,
le qua' fuggendo tutto 'l mondo honora.
Ma chi vuol si rallegri ad ora ad ora,
ch'i' pur non ebbi anchor, non dir� lieta,
ma riposata un'hora,
n� per volger di ciel n� di pianeta.
Quando vede 'l pastor calare i raggi
del gran pianeta al nido ov'egli alberga,
e 'nbrunir le contrade d'or�ente,
drizzasi in piedi, et co l'usata verga,
lassando l'erba et le fontane e i faggi,
move la schiera sua soavemente;
poi lontan da la gente
o casetta o spelunca
di verdi frondi ingiuncha:
ivi senza pensier' s'adagia et dorme.
Ahi crudo Amor, ma tu allor pi� mi 'nforme
a seguir d'una fera che mi strugge,
la voce e i passi et l'orme,
et lei non stringi che s'appiatta et fugge.
E i naviganti in qualche chiusa valle
gettan le menbra, poi che 'l sol s'asconde,
sul duro legno, et sotto a l'aspre gonne.
Ma io, perch� s'attuffi in mezzo l'onde,
et lasci Hispagna dietro a le sue spalle,
et Granata et Marroccho et le Colonne,
et gli uomini et le donne
e 'l mondo et gli animali
aquetino i lor mali,
fine non pongo al mio obstinato affanno;
et duolmi ch'ogni giorno arroge al danno,
ch'i' son gi� pur crescendo in questa voglia
ben presso al decim'anno,
n� poss'indovinar chi me ne scioglia.
Et perch� un poco nel parlar mi sfogo,
veggio la sera i buoi tornare sciolti
da le campagne et da' solcati colli:
i miei sospiri a me perch� non tolti
quando che sia? perch� no 'l grave giogo?
perch� d� et notte gli occhi miei son molli?
Misero me, che volli
quando primier s� fiso
gli tenni nel bel viso
per iscolpirlo imaginando in parte
onde mai n� per forza n� per arte
mosso sar�, fin ch'i' sia dato in preda
a chi tutto diparte!
N� so ben ancho che di lei mi creda.
Canzon, se l'esser meco
dal matino a la sera
t'� fatto di mia schiera,
tu non vorrai mostrarti in ciascun loco;
et d'altrui loda curerai s� poco,
ch'assai ti fia pensar di poggio in poggio
come m'� concio 'l foco
di questa viva petra, ov'io m'appoggio.
La sera � descritta come il momento della pace e del riposo, tanto atteso da tutti gli esseri viventi; ma il poeta si lamenta che ci� che � concesso ad altri � negato a lui che proprio alla sera sente aumentare quel tormento del suo amore infelice.Questo � il motivo della canzone ripetuto stanza per stanza con malinconia e vi � una continua contrapposizione tra il poeta e gli uomini :
Vi � una bella immagine del tramonto, con l�immagine del riposo serale della vecchiarella pellegrina , che mette fine alla stanchezza del viaggio (a cui si oppone l'aumento del dolore del poeta); poi al calar dell�ombra sulla terra l� avaro zappador termina il lavoro e si nutre alla sua mensa (ma il poeta non ha una sola ora di riposo).
Verso sera il pastor riporta il gregge al recinto e prende sonno nel suo giaciglio (ma Amore costringe il poeta a seguire quella fera che � la donna): evidente qui l�opposizione tra la docile schiera del gregge e la donna che sempre resiste e fugge. La notte tutti i naviganti dormono nella loro nave ferma in qualche porto: l�immagine suscita il richiamo a nomi di paesi lontani; e il poeta esorta la canzone ad andar per luoghi solitari pensando a come lo ha ridotto l�amore per Laura.