LA PRIMAVERA
(UGO BETTI)
Quando il cielo ritorna sereno
come l'occhio di una bambina,
la primavera si sveglia. E cammina
per le mormoranti foreste,
sfiorando appena
con la sua veste
color del sole
i bei tappeti di borracina.
Ogni filo d'erba reca un diadema,
ogni stilla trema.
Qualche gemma sboccia
un p� timorosa,
e porge la boccuccia color di rosa
per bere una goccia
di rugiada...
Nei casolari solitari
i vecchi si fanno sulla soglia
e guardano la terra
che germoglia.
La capinera prova una canzonetta
ricamata di trilli
e poi cinguetta
come una scolaretta.
I grilli
bisbigliano maliziose parole
alle margherite
vestite
di bianco. Spuntano le viole...
A notte, le raganelle
cantano la serenata per le piccole stelle.
I balconi si schiudono
perch� la notte � mite,
e qualcuno si oblia
ad ascoltare quello che voi dite
alle piccole stelle,
o raganelle
malate di melanconia!
MANDORLO IN FIORE
Ohim�! che cosa � accaduto?
Il mandorlo � fiorito,
ed io nulla ho sentito,
nulla ho veduto!
S'� guernito e coronato
d'un diadema di stelle d'argento:
tutta notte ha lavorato
e sull'alba splendeva contento.
Ed ora le sue stelle le d� al vento:
la ghirlandetta fragile e superba
la sparpaglia sull'erba
del fresco prato!
Il miracolo � compiuto:
ma io nulla ho veduto,
nulla ho sentito!
Che cosa dunque � accaduto?
Dov'era questo povero cuore assorto,
dov'era questo povero cuore muto,
se il mandorlo � fiorito
ed esso di nulla s'� accorto?
A. Silvio Novaro
TRAVERSANDO LA MAREMMA TOSCANA
Dolce paese, onde portai conforme
L'abito fiero e lo sdegnoso canto
E il petto ov'odio e amor mai non s'addorme,
pur ti riveggo e il cuor mi balza tanto.
Pace dicono al cuor le tue colline
Con le nebbie sfumanti e il verde piano
Ridente ne le piogge mattutine.
CARDUCCI
***
Rifugio d'uccelli notturni
In alto c'� un pino distorto;
sta intento ed ascolta l'abisso
col fusto piegato a balestra.
Rifugio d'uccelli notturni,
nell'ora pi� alta risuona
d'un battere d'ali veloce.
Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce:
sta pure in ascolto, la notte.
QUASIMODO
***
Alla primavera
DI Giacomo Leopardi
Perch� i celesti danni
Ristori il sole, e perch� l'aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
Delle nubi la grave ombra s'avvalla;
Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d'amor desio, nova speranza
Ne' penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella et�, cui la sciagura e l'atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
Di febo i raggi al misero non sono
In sempiterno? ed anco,
Primavera odorata, inspiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch'amara
Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?
Vivi tu, vivi, o santa
Natura? vivi e il dissueto orecchio
Della materna voce il suono accoglie?
Gi� di candide ninfe i rivi albergo,
Placido albergo e specchio
Furo i liquidi fonti. Arcane danze
D'immortal piede i ruinosi gioghi
Scossero e l'ardue selve (oggi romito
Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre
Meridiane incerte ed al fiorito
Margo adducea de' fiumi
Le sitibonde agnelle, arguto carme
Sonar d'agresti Pani
Ud� lungo le ripe; e tremar l'onda
Vide, e stup�, che non palese al guardo
La faretrata Diva
Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda
Polve tergea della sanguigna caccia
Il niveo lato e le verginee braccia.
Vissero i fiori e l'erbe,
Vissero i boschi un d�. Conscie le molli
Aure, le nubi e la titania lampa
Fur dell'umana gente, allor che ignuda
Te per le piagge e i colli,
Ciprigna luce, alla deserta notte
Con gli occhi intenti il viator seguendo,
Te compagna alla via, te de' mortali
Pensosa immagin�. Che se gl'impuri
Cittadini consorzi e le fatali
Ire fuggendo e l'onte,
Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime
Selve remoto accolse,
Viva fiamma agitar l'esangui vene,
Spirar le foglie, e palpitar segreta
Nel doloroso amplesso
LEOPARDI