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POESIE DI GABRIELE D'ANNUNZIO 2
LA PIOGGIA NEL PINETO Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole pi� nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde pi� rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, n� il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immensi noi siam nello spirito silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro � molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione. Ascolta, Ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco pi� sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce pi� roco che di laggi� sale, dall'umida ombra remota. Pi� sordo e pi� fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda pi� folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria � muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra pi� fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione. Piove su le tue ciglia nere s� che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita � in noi fresca aulente, il cuor nel petto � come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti ( e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione. La Sabbia del tempo Come scorrea la calda sabbia lieve Per entro il cavo della mano in ozio, Il cor sent� che il giorno era pi� breve. E un'ansia repentina il cor m'assalse 5 Per l'appressar dell'umido equinozio 10 Che offusca l'oro delle piagge salse. Alla sabbia del Tempo urna la mano Era, clessidra il cor mio palpitante, L'ombra crescente d'ogni stelo vano Quasi ombra d'ago in tacito quadrante. CONSOLAZIONE Non pianger pi�. Torna il diletto figlio a la tua casa. � stanco di mentire. Vieni; usciamo. Tempo � di rifiorire. Troppo sei bianca: il volto � quasi un giglio. Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato serba anc�ra per noi qualche sentiero. Ti dir� come sia dolce il mistero che vela certe cose del passato. Anc�ra qualche rose � ne' rosai, anc�ra qualche timida erba odora. Ne l'abbandono il caro luogo anc�ra sorrider�, se tu sorriderai. Ti dir� come sia dolce il sorriso di certe cose che l'obl�o afflisse. Che proveresti tu se fiorisse la terra sotto i piedi, all'improvviso? Tanto accadr�, ben che non sia d'aprile. Usciamo. Non coprirti il capo. � un lento sol di settembre; e ancor non vedo argento su 'l tuo capo, e la riga � ancor sottile. Perch� ti neghi con lo sguardo stanco? La madre fa quel che il buon figlio vuole. Bisogna che tu prenda un po' di sole, un po' di sole su quel viso bianco. Bisogna che tu sia forte; bisogna che tu non pensi a le cattive cose... Se noi andiamo verso quelle rose, io parlo piano, l'anima tua sogna. Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto, tutto sar� come al tempo lontano. Io metter� ne la tua pura mano tutto il mio cuore. Nulla � ancor distrutto. Sogna, sogna! Io vivr� de la tua vita. In una vita semplice e profonda io rivivr�. La lieve ostia che monda io la ricever� da le tue dita. Sogna, ch� il tempo di sognare � giunto. Io parlo. Di': l'anima tua m'intende? Vedi? Ne l'aria fluttua e s'accende quasi il fantasma d'un april defunto. Settembre (di': l'anima tua m'ascolta?) ha ne l'odore suo, nel suo pallore, non so, quasi l'odore ed il pallore di qualche primavera dissepolta. Sogniamo, poi ch'� tempo di sognare. Sorridiamo. � la nostra primavera, questa. A casa, pi� tardi, verso sera, vo' riaprire il cembalo e sonare. Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava, allora, qualche corda; qualche corda ancora manca. E l'ebano ricorda le lunghe dita ceree de l'ava. Mentre che fra le tende scolorate vagher� qualche odore delicato, (m'odi tu?) qualche cosa come un fiato debole di viole un po' passate, soner� qualche vecchia aria di danza, assai vecchia, assai nobile, anche un poco triste; e il suono sar� velato, fioco, quasi venise da quell'altra stanza. Poi per te sola io vo' comporre un canto che ti raccolga come in una cuna, sopra un antico metro, ma con una grazia che sia vaga e negletta alquanto. Tutto sar� come al tempo lontano. L'anima sar� semplice com'era; e a te verr�, quando vorrai, leggera come vien l'acqua al cavo de la mano.PER COMMENTI CLICCA APPROFONDIMENTI LETTERARI
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