L'OMBRELLO di PIRANDELLO

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L�OMBRELLO

 DI PIRANDELLO

�Pue le bacchette, pue le bacchette� - ripeteva Mim�, sgambettando e cercando di pararsi davanti alla mamma che la teneva per mano sotto l'ombrello.
         All'altro lato Dinuccia, la sorellina maggiore, andava come una vecchina, seria e precisa, reggendo a due mani un altro ombrello, gi� vecchio, sforacchiato, che presto, comperato il nuovo, sarebbe passato alla serva.
         - �E pue l'ombello� -, seguitava Mim�, - �due ombelli, due tappotti, quatto bacchette.�
         - S�, cara; le barchette e tutto; ma andiamo, su! - la esortava la mammina impaziente, che voleva andare spedita tra il confuso viavai della gente che spiaccicava pur l� sul marciapiedi, sotto lo spruzzolio incessante d'una lenta acquerugiola.
         Con sordi ronzii, tra accecanti sbarbagli le lampade elettriche gi� s'accendevano, opaline, rossastre, gialligne, davanti alle botteghe.
         Pensava, andando, quella mammina frettolosa, che le stagioni non avrebbero dovuto mutar mai, e l'inverno, sopra tutto, mai venire. Quante spese! E per i libri di scuola, che sempre ogni anno di nuovi; e ora per riparare dai freddo dal vento, dalla pioggia quelle due povere piccine rimaste orfane prima che l'ultima avesse avuto il tempo d'imparare a dir babbo. Carnucce tenere! che strazio vederle andar fuori cos� sprovviste di tutto, certe mattine.
         Lei s'adoperava in rutti i modi: ma come bastare, con quel po' di pensioncina lasciata dal marito, quando poi il crollo viene inatteso, e da tant'anni s'ha l'abitudine di viver bene?
         Quest'anno anche Mim� aveva cominciato a frequentare il giardino d'infanzia, ed erano altre sei lire al mese di tassa; perch�... ma s�, non aveva saputo togliere Dinuccia, la maggiore, dalle scuole a pagamento per mandarla a quelle pubbliche; e le toccava di pagare per due, adesso. E le tasse erano il meno! Tutte alunne per bene, in quella scuola, e le sue piccine non dovevano sfigurare.
         Non si perdeva lei, no: morto il marito, che aveva vent'anni pi� di lei, pur dovendo attendere a quelle due creaturine, aveva avuto la forza di ripigliare gli studii interrotti all'ultimo anno; aveva preso il diploma; poi, avvalendosi del buon nome lasciato dal marito e delle molte aderenze ch'egli aveva, facendo anche considerare le sue tristi condizioni, era riuscita a ottenere una classe aggiunta in una scuola complementare. Ma la retribuzione, insieme con la pensioncina del marito, non bastava o bastava appena appena.
         Se avesse voluto... Non vestiva bene; non si curava pi� per nulla di s�; si pattinava, l�, alla svelta, ogni mattina; s'appuntava un cappellino che non era pi� neanche di moda; e via alla scuola, senza guardare mai nessuno; eppure, se avesse voluto, gi� due partiti. Chi sa perch�, anche quella sera l�, mentre andava frettolosa fra le sue bambine, tutti si voltavano a mirarla; e pioveva! Figurarsi, per�, se lei avrebbe voluto mai dare un altro babbo a Dinuccia e a Mim�. Pazzie! pazzie!
         Quell'ammirazione, intanto, quegli sguardi ora arditi e impertinenti, ora languidi e dolci, colti a volo per via, con apparente fastidio o anche, certe volte, con sdegno, le cagionavano in fondo una frizzante ebbrezza: le ilaravano lo spirito; davano quasi un sapore eroico a quella sua rinunzia al mondo, e le facevano stimar bello e lieve il sacrifizio per il bene delle due figliuole.
         Era un po' il piacere dell'avaro, il suo: dell'avaro che non soffre tanto delle privazioni a cui s'assoggetta, pensando che, se volesse, potrebbe godere senz'alcuna difficolt�.
         Ma che sarebbe dell'avaro, se da un momento all'altro l'oro del suo forziere perdesse ogni valore?
         Ebbene, certi giorni, senza saper perch�, o meglio, senza volersene dire la ragione, ella cadeva in una cupa irrequietezza; era agitata da una sorda irritazione, che cercava in ogni pi� piccola contrariet� (e quante ne trovava, allora!) un pretesto per darsi uno sfogo. Le erano mancati per via quegli sguardi, quell'ammirazione. E segnatamente sulla maggiore delle figliuole, su Dinuccia, si scaricava allora la maligna elettricit� di quelle torbide giornate. La piccina, senza saperlo, attirava quelle scariche col suo visino pallido, silenziosamente vigile, coi suoi sguardi attoniti e serti, che seguivano la mammina furiosa, la mammina che si sentiva spiata e credeva di scorgere un rimprovero in quell'attonimento penoso e in quello sguardo serio e indagatore.
         - Stupida! - le gridava.
         Stupida, perch�? Perch� non capiva la ragione per cui la mammina era cos� nervosa, quel giorno, e cattiva? Ma se non voleva capirla neanche lei, questa ragione! Era soltanto meravigliata, la piccina, di non vederla gala come gli altri giorni, ecco. Meravigliata? Si meravigliava a torto; perch� non tutti i giorni si pu� essere gai; e non era mica gioconda per la mammina quella vita di stenti e d'angustie. Lo sapeva bene lei sola, quanti pensieri e quanti bisogni e quante difficolt�.
         Soffocava cos� il rimorso d'aver maltrattato e fatto piangere ingiustamente la bambina. Erano pi� veri s�, i pensieri, gli stenti, i bisogni, le angustie, le difficolt�; ma il non voler confessare a se stessa la vera ragione della sua tristezza e della sua nervosit� la rendeva ancora pi� triste e nervosa.
         Per fortuna, c'era l'altra piccina, Mim�, che faceva ogni volta il miracolo di rasserenarla tutt'a un tratto, con qualcuno de' suoi vezzi infantili, pieni di grazia, irresistibili.
         Mim� prima la guardava, la guardava per un pezzo, ma non con quegli occhi vigili e serti della maggiore; con occhi ingenui e amorosi la guardava; poi faceva parlare quello sguardo, soffiando coi labbruzzi di ciliegia:
         - Mammina bella!
         Si alzava, s'inchinava con le manine a tergo e domandava, scotendo tutti i riccioli neri della testina:
         - Vuoi bene?
         Cos�. Non diceva: �Mi vuol bene� ma per tutti, semplicemente: �Vuoi bene?�. E allora ella le tendeva le braccia e appena quel batuffoletto le saltava al collo, se lo stringeva forte forte al seno, rompendo in pianto; chiamava subito a s� anche Dinuccia; le abbracciava tutt'e due, con fremente tenerezza, carezzando anche di pi� la piccina poc'anzi maltrattata; e godeva di sentirsi inebbriare da quest'altra gioja pura, che nasceva dal suo dolore e dalla sua bont�, che nasceva veramente dal suo sacrifizio, imposto dalla crudelt� della sorte, e ch'ella era felice, felice di compiere per quelle due creaturine, unicamente per loro.

         Quella sera, intanto, la mammina era molto gaja.
         - Su, Mim�! Ecco, � qua: siamo arrivate!
         La bambina era restata a bocca aperta davanti a certe grandi vetrine abbarbaglianti in capo a via Nazionale. Tirata dalla mamma, entr� nella bottega, ripetendo ancora una volta:
         - �Le bacchette! Pima le bacchette!�
         - Ecco, s�, zitta! - le grid� la madre, a cui s'era fatto innanzi un commesso di negozio. - Barch... cio�, vedi? lo fai dire anche a me. Mi dia due paja di...
         - �Bacchette!�
         - E d�lli! �Calosce� per queste bambine. Le chiama barchette la mia piccina. Veramente, si potrebbero anche chiamare cos� per non usare quella parolaccia forestiera.
         - Soprascarpe -, sugger� asciutto, con aria di sufficienza il commesso inarcando le ciglia.
         - Barchette per� sarebbe pi� carino.
         - �Pima a me! Pima a me!� - gridava intanto Mim�, arrampicatasi sul divano, agitando i piedini.
         - Mim�! - la sgrid� la mamma, guardandola severamente e cangiandosi in volto.
         Subito Dinuccia not� questo repentino cambiamento, e assunse, con gli occhi attoniti e serti, quell'aria di attonimento penoso, che tanto urtava la madre. E nessuna delle due bad� alla gioja di Mim�, a cui quell'antipatico commesso aveva gi� provato la prima �barchetta�. Voleva subito subito scendere dal divano per camminarci, senz'aspettare l'altra.
         - Qua, ferma, Mim�! O via a casa! Troppo larga, non vedi? Qua!
         Il commesso, prima d'andare a prendere un altro palo d'ultima misura, avrebbe voluto provare quelle alla maggiore; ma Dinuccia si scherm�, indicando la sorellina:
         - Prima a lei.
         - Stupida, � lo stesso! - le grid� la madre, prendendola sotto le ascelle e sedendola con mal garbo sul divano. Intanto, per quietare Mim�, disse al commesso che gliel'avrebbe calzate lei, quelle, alla maggiore; e che egli per piacere andasse nel frattempo a prendere il palo per la piccola.
         Dinuccia, calzata, rimase a sedere sul divano; Mim� invece ne scivol� via lesta, battendo le mani, e si mise a saltare, a girare su se stessa come una trottolina, cacciando gridi di gioja; e ora levava un piede, ora l'altro, per guardarselo. Dal divano, Dinuccia la guardava, e sorrideva pallidamente. Si rifece seria, udendo la madre esclamare:
         - Quaranta lire? Venti il pajo?
         - Fabbrica americana, signora -, rispose il commesso, opponendo alla maraviglia della compratrice la freddezza dignitosa di chi conosce il valore della merce che si vende in bottega. � �Articolo� indistruttibile. Lei lo pu� stringere in un pugno, guardi!
         - Capisco, ma... scusi, per un piedino cos� venti lire?
         E il commesso:
         - Due soli prezzi, signora: per i piccoli, venti lire: per i grandi, trentacinque. Un po' pi� lunghe, un po' pi� corte, capir�, ci� che conta � la fattura.
         - Non me lo sarei mai aspettato! - confess� allora, afflitta, la mammina - Avevo calcolato, al pi� al pi�, venti lire per tutt'e due.
         - Uh, non lo dica nemmeno! - protest� il commesso, quasi inorridito.
         - Guardi, - si prov� ad allettarlo la mammina, - dovrei comperare altra roba: due �loden�, pure per le piccine; due ombrelli.
         - Abbiamo tutto.
         - Lo so; sono venuta qua apposta. Mi faccia qualche riduzioncina.
         Il commesso alz� le mani, inflessibile:
         - Prezzi fissi, signora. Prendere o lasciare.
         La mammina gli lanci� uno sguardo torbido, di sdegno. Facile a dire, lasciare! Come togliere dai piedini a Mim� le barchette? La solita furia. Avrebbe dovuto prima contrattare, ecco. Ma poteva mai supporre che gliene domandassero tanto? E poi, se erano prezzi fissi... Aveva calcolato di spendere in tutto centoventi lire: pi� non poteva
         - I �loden� -, disse, - mi faccia vedere. Che prezzo hanno?
         - Ecco, favorisca di qua.
         - Dinuccia! Mim�! - chiam� la mammina irritata. - Buona, sai, Mim�, o ti levo le calosce! Vieni qua. Lasciami vedere! Non ti vanno troppo larghe anche queste?
         Voleva tentare di levargliele per provare se le riuscisse di trovarne a minor prezzo in qualche altra bottega. Le veniva ormai di schiaffeggiarlo quel commesso.
         - �Lagghe? No, belle!� - grid� Mimma ribellandosi.
         - E lasciami vedere!
         - Belle no, belle! tanto belle! - seguit� Mim�, scappando via.
         E si mise a soffiare, gonfiando le gote, e ad agitare i braccini e a sgambettare, come se fosse in mezzo all'acqua e vi passasse sicura, con quelle barchette ai piedi.
         La degn� di un sorriso, alla fine, quel commesso di negozio. Ma non l'avesse mai fatto! Vedendolo ridere come per compassione, la mammina sent� rimescolarsi tutto il sangue. Pens� che aveva soltanto centotrentacinque lire nella borsetta. I �loden�, quaranta lire l'uno, quaranta le due paja di soprascarpe; non ne restavano che quindici, poche per due ombrelli: s� e no, avrebbe potuto comperarne uno, e d'infima qualit�.
         Ora, il piacere delle bambine era appunto d'avere un ombrello per ciascuna, l'ombrello e le barchette. A quei cappotti impermeabili, grevi, grigi, pelosi, non fecero alcuna festa: e quando seppero che di ombrelli non se ne poteva comperar che uno, cominciarono le liti.
         Dinuccia sosteneva con ragione che toccava a lei, ch'era la pi� grande; ma Mim� non voleva sentirla questa ragione, poich� un ombrello era stato promesso anche a lei; e invano la mamma, per metter pace, badava a ripetere che non sarebbe stato n� dell'una n� dell'altra, ma di tutt'e due in comune, dovendo andare a scuola insieme.
         - �Pel�, lo lleggio io!� - protest� Mim�.
         - No, io! - si ribell� Dinuccia.
         - Un po' l'una, un po' l'altra, - tronc� la madre, e rivolgendosi a Mim�: - Tu non potrai; non saprai reggerlo -.
         - �S� che lo lleggio!�
         - Ma se � pi� alto di te, non vedi?
         E, per fargliene la prova, la mammina glielo pose accanto. Subito Mim� se lo strinse al petto con tutte e due le braccia. Questa parve a Dinuccia una prepotenza, e stese le mani per strapparglielo.
         - Vergogna! - grid� la mamma. - Che spettacolo! che bambine per bene! Qua, a me l'ombrello! Non l'avr� nessuna delle due.
         Per via, bench� coi �loden� addosso e le barchette ai piedi, le due bambine andarono taciturne, imbronciate, con gli occhietti sfavillanti, fisso il pensiero a quell'ombrello, per cui la lite si sarebbe certo riaccesa appena varcata la soglia di casa. La propriet�, in comune: va bene; ma a chi lo avrebbe affidato, la mattina appresso, la mamma? Tutto era qui: portarlo aperto per via, quell'ombrello, sotto la pioggia! E Dinuccia pensava che toccava a lei, a lei di diritto: non solo perch� la maggiore, ma anche perch�... ecco qua: si poteva dare una prova migliore di quella che dava lei, in quello stesso momento, di saper reggere ombrelli per via? E per quella prova, cos� ben disimpegnata anche nell'andare, non si meritava adesso di reggere l'ombrello nuovo? Perch� lo aveva comperato la mamma? per tenerlo chiuso sotto il braccio? Se la mamma riparava col suo Mim�, perch� lasciar lei intanto con quello vecchio, della serva? Il castigo, se mai, doveva essere per quella Mim� soltanto, per quella Mim� prepotentona, che mai e poi mai avrebbe saputo reggere un ombrello come lei. Eh, avrebbe voluto vederla!
         Cos� pensando, Dinuccia si provava a lanciare un'occhiatina alla mamma, di sotto l'ombrello, senza perdere l'equilibrio, per vedere se ella si accorgesse di quella sua bravura. Ma scorse, invece, pi� che mai torbido e aggrondato il volto della mamma; e l'ombrello tentenn� tra le due manine che lo sorreggevano.
         Uscita dalla bottega in preda a una rabbiosa mortificazione, la mammina lottava in quel momento per espungere dall'animo il pi� cattivo dei pensieri contro la sua Dinuccia: un pensiero orribile, ch'ella non voleva assolutamente le si riflettesse neppure per un attimo sulla coscienza, dove sarebbe rimasto, al minimo contatto, come una macchia, come una piaga.
         Eppure, a ogni urto anche lieve contro la dura realt�, in certi momenti, quel pensiero odioso le si riaffacciava all�improvviso. E il pensiero odioso era questo: che se lei, Dinuccia, non ci fosse stata (non che dovesse morire, Dio, no!; ma se non ci fosse stata, ecco, se non l'avesse avuta), ella, con Mim� soltanto, ch'era d'indole cos� gaja e aperta, sempre contenta, con Mim� soltanto, ella si sarebbe rimaritata. Mim�, senza dubbio, si sarebbe fatta amare da colui ch'ella avrebbe scelto per compagno, gli sarebbe subito saltata al collo, domandando anche a lui, con la solita grazia, scotendo la testina ricciuta: �vuol bene?�. E come non volerle bene? Dinuccia invece, con quegli occhi, sempre attoniti e serii... Ecco, se li immaginava, quegli occhi, rivolti penosamente al patrigno e... no, no, mai! sentiva che con lei e per lei ella non lo avrebbe mai fatto, quel passo, non avrebbe potuto farlo.
         La guard�, e subito, come le soleva avvenir sempre, sent� un acuto rimorso e un'angosciosa tenerezza per quella sua povera piccina. La vide ancora tutta intenta a dare quella sua prova di bravura e non pot� fare a meno di sorridere. Lei, no; ma avrebbe voluto che qualcuno per via esclamasse: �Ma brava! Guardate come sa regger bene l'ombrello, quella pupetta!�. L'ombrello vecchio, poverina... Chi sa che gioja, se le avesse dato il nuovo! Gi�: ma l'altra allora? Eh, l'altra... Tutte vinte? Se aveva fatto male a promettere anche a lei un ombrello tutto per s�, se non aveva potuto comperarne due, doveva andarci di mezzo la povera piccina? Mim� non doveva far capricci, e Dinuccia, che sapeva reggere cos� bene l'ombrello, doveva reggere il nuovo e non il vecchio.
         Glielo diede. Ma la piccina non lo accolse con quella festa ch'ella s'era immaginata. Non perch� avesse indovinato il tristo pensiero della mamma (come avrebbe potuto indovinarlo?); ma, subito dopo che le aveva scorto quel volto torbido e aggrondato, aveva sentito un brivido alla schiena, Dinuccia, e gli occhietti le si erano inforcati, e s'era messa a pensare che non la sola Mim� era cattiva, ma anche la mamma cattiva, la mamma che riparava Mim� e non badava a lei, e la lasciava sola, con quell'ombrellaccio vecchio della serva, che sgocciolava e che pesava tanto, ormai, tanto che lei se ne sentiva tutt'e due i bracciali indolenziti: e non poteva e non sapeva reggerlo pi�.
         Ora, il nuovo pesava meno, e Dinuccia ringrazi� la mamma soltanto con un sorriso. Parve poco alla mamma e si rivolse subito a Mim�:
         - Tu stai qua sotto con me, buona buona, � vero? Dinuccia si ripara da s�. Che direbbe la gente vedendola con quest'ombrellaccio vecchio? �Uh, che poverella!� direbbe. �� forse la servetta?� E tu non vorresti, � vero? che si dicesse cos� della tua sorellina.
         Mim� non fiat�: aveva una sua idea. Appena arrivate al portone di casa, s'affrett� a pregare la mamma:
         - �Oa, mamma, io pelle ccale! Lo lleggio io pelle ccale!�
         E cos� entr� in casa, dove si sentiva pi� sicura, con l'ombrello in suo potere; e non volle cederlo, salite le scale, perch� la mamma lo riponesse, con la scusa che Did� lo aveva tenuto tanto tempo per istrada. La lite - inevitabile - scoppi�, mentre la mamma si svestiva di l�. Dinuccia strapp� l'ombrello a Mim� e la fece cadere per terra con un urtone. Strilli di Mim�; restituzione a lei dell'ombrello; e Dinuccia castigata senza cena.
         Sul tardi per�, quando la mamma and� a cercare Dinuccia che s'era rincantucciata in un angolo dietro l'armadio, e la trov� che dormiva, comprese perch� la piccina non aveva accolto con festa, per via, l'ombrello nuovo, e perch� poi, contro il solito, lei che come una vecchina compativa sempre i capricci di Mim�, l'aveva fatta piangere quella sera: Dinuccia scottava dalla febbre!
         La mamma rest� un pezzo, sgomenta, a contemplarla; poi se la tolse in braccio, gridando:
         - Oh Dio, no, Dinuccia mia! No, no, no!
         La svest�, la mise a letto e le si sedette accanto, con l'anima vuota e sospesa, come intronata dalla pioggia, che scrosciava furiosa di fuori.

         Piovve tutta quella notte e piovve per sei giorni di fila quasi senza interruzione.
         Il primo pensiero di Mim�, la mattina dopo, allo svegliarsi fu per l'ombrello, per le barchette e il cappotto nuovo.
         L'ombrello se l'era messo accanto al lettino, e se lo trov� subito in mano scapp� per le barchette e per il cappotto. Pioveva; e dunque festa! sarebbe andata a scuola munita di tutto punto, le barchette ai piedi, il cappotto addosso, e l'ombrello in mano, aperto, sotto l'acqua!
         No? Non si andava a scuola? Perch�? Dinuccia era malata? Che peccato! Pioveva cos� bene...
         Avrebbe voluto chiedere alla mamma, perch� non mandava a scuola lei sola, con la serva. Ma la mamma non le badava; piangeva. Lo chiese alla serva; ma questa, gi� l� l� per uscire in fretta in furia in cerca d'un medico, nemmeno si volt� per risponderle.
         Mim� rimase un pezzo dietro la vetrata della finestra a guardare la bell'acqua scrosciante, impetuosa; poi and� a pararsi davanti allo specchio dell'armadio col �loden� e con le barchette; si tir� sulla testina il Cappuccetto fin su le ciglia; apr� con molto stento l'ombrello, e si contempl� beata nello specchio, tutta ristretta nelle spallucce, coi piedini giunti, ridendo e tremando dei brividi che le comunicava quella pioggia immaginaria.
         Per cinque giorni, ogni mattina, Mim� fece quella prova davanti allo specchio. E dopo essersi contemplata per pi� d'un'ora, a pi� riprese, toltisi il cappotto e le barchette, andava a nascondere l'ombrello in un certo posto che sapeva lei sola. Ah, quell'ombrello era suo, ormai, tutto suo, suo unicamente, e mai lo avrebbe ceduto, neppure alla mamma! Che pena, intanto, che tutta quella pioggia andasse sprecata...
         La sera del sesto giorno, Mim� fu condotta dalla serva nel quartierino accanto, abitato da due vecchie signore, amiche della mamma, che in quei giorni parecchie volte aveva veduto per casa, affaccendate tra la camera da letto e la cucina. Era tanto presa di quei suoi tesori, che non ci bad�; non badava a nulla da sei giorni; ed era anzi contenta che la mamma fosse tutta intenta alla sorellina malata e non si curasse affatto di lei, perch� cos� poteva �fare l'inverno� (�l'invenno�, diceva lei) a suo agio e con la massima libert�. Era del resto di cos� facile natura, che s'accomodava subito e si sentiva a posto, ovunque la mettessero: traeva da s� la vita e la spandeva intorno festosamente, popolando di meraviglie ogni cantuccio, fosse anche il pi� nudo e il pi� oscuro. Cen� in casa delle vicine, gioc�, chiacchier� a lungo con la serva, saltando di palo in frasca, e finalmente le si addorment� in grembo.
         Si svegli� a notte alta, di soprassalto, sbalordita da un formidabile fragore, che aveva scosso tutta la casa e che ora s'allontanava con cupi rimbombi tra lo scroscio violento della pioggia. La bambina si guard� attorno, smarrita. Dove era? Quella non era la sua casa; quello non era il suo lettino... Chiam� la serva due o tre volte, si liber� della coperta in cui era avvolta e balz� a sedere sul letto. Era ancora vestita. Guard� il lettino accanto, intatto, e si raccapezz�: quella era la camera in cui dormivano le due vecchie signore: v'era entrata tante volte! Scivol� dal letto; attravers� una stanza al bujo; trov� la porta aperta, e usc� sul pianerottolo della scala, atterrita dal fragorio della pioggia che cadeva sul lucernario, e dal palpitante bagliore dei lampi. Aperta era anche la porta della sua casa; e Mim� si cacci� dentro e corse alla camera da letto, gridando:
         - Mamma! mamma!
         Una delle due vecchie signore, che se ne stava accanto al lettuccio della bambina agonizzante, le corse subito incontro, per fermarla sulla soglia.
         - Va', va', piccina mia, - le disse, - la mamma � di l�.
         - Did�? - domand� allora la bimba sbigottita, intravedendo al debole chiarore della lampada il viso cereo della sorellina sul letto.
         - S�, cara - le rispose quella, - il Signore la vuole per s�. Se ne va in cielo Did�...
         - In cielo?
         E Mim� usc�, senz'aspettare risposta; si ferm� nella saletta al bujo, un po' perplessa; ud� novamente, attraverso la porta aperta il tremendo fragorio della pioggia sul lucernario della scala: intravide dalla finestra a un nuovo palpito di luce il cielo sconvolto, e scapp� via, lungo il corridojo.
         Poco dopo, le due vecchie signore che vegliavano l'agonia di Dinuccia, se la videro venire innanzi con quell'ombrellone pi� grosso di lei tra le braccia, balbettando:
         - �L'ombello... a Did�... in cielo... piove.�

 




 

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