E’ una delle fobie più diffuse.
II claustrofobico è un soggetto affetto dalla paura
eccessiva e irrazionale degli spazi stretti e chiusi come
tunnel o ascensori. In situazioni simili, il soggetto farà
di tutto per uscire all’aperto e godere pienamente di quel
senso di libertà che solo il sentirsi “libero di respirare”
gli può consentire. Le paure correlate alla claustrofobia
più frequenti sono il timore che il soffitto e il pavimento
si chiudano, schiacciando le persone che si trovano nella
stanza, il timore che il rifornimento d’aria si esaurisca e
si muoia soffocati, il timore di svenire a causa della
mancanza di aria e luce.
Anche il cinema è un
posto poco piacevole per chi soffre dei sintomi della
claustrofobia: non vi sono finestre, le uscite non sempre
sono controllabili, c’è molta gente in sala, e spesso non ci
si può muovere con libertà per non disturbare le altre
persone. Tutte queste sensazioni sgradevoli fanno spesso
rinunciare alla frequentazione di queste sale. Uno degli
eventi più temuti da chi soffre di claustrofobia è quello di
doversi sottoporre ad una risonanza magnetica, esame che
prevede l’inserimento dell’intera persona in un tubo molto
stretto e totalmente chiuso. Non sono rari, ovviamente,
coloro che soffrono di questo disturbo in ascensore, e che
di conseguenza lo evitano ove possibile.
Un altro posto che
può provocare la crisi e problemi di claustrofobia è la
metropolitana. Qui c’è proprio di tutto: oscurità,
sotterranei, cunicoli, affollamento, odori sgradevoli,
ventate improvvise d’aria e rumori stridenti dei treni.
Oltre alle classiche
manovre di evitamento o di fuga di fronte alla situazione
fobica, il claustrofobico tiene a bada l’ansia cercando
delle giustificazioni apparentemente logiche che spieghino
il motivo di una scelta che altri considerano un po’ strana
o quanto meno poco usuale. E così chi ha i sintomi della
claustrofobia preferisce salire le scale, adducendo i più
svariati motivi: l’opportunità di fare del moto per tenersi
in forma, la necessità di raccogliere le idee prima di
andare a parlare con qualcuno (l’ascensore è sempre troppo
veloce!), e via dicendo.
La claustrofobia deve
essere tenuta distinta dall’agorafobia, tipica di chi soffre
o ha sofferto di attacchi di panico, che non si limita alla
paura degli spazi chiusi, ma riguarda tutte le situazioni,
anche all’aperto, da cui non vi sia una rapida via di fuga
(es. un ponte, una lunga coda o l’autostrada). Il disagio
del claustrofobico è limitato alla sensazione di
costrizione, mentre quello dell’agorafobico è legato alla
lontananza da una via di fuga e di un punto di sicurezza.
Per liberarsi della
claustrofobia bisogna fare un percorso di terapia cognitivo
comportamentale, che mira a intervenire sui sintomi e a
produrre un cambiamento e una soluzione dei problemi
piuttosto che ad analizzarne le presunte cause remote. |