NOZIONI DI METRICA

���� ������������������������������HOME PAGE�������������������������������������������������������������������������� DIDATTICA SCUOLA

NOZIONI DI METRICA

Nozioni fondamentali: le sillabe, il ritmo, la rima

Il verso italiano � caratterizzato dal numero delle sillabe e dal ritmo.

La sillaba, come nelle altre letterature romanze, costituisce l'unit� metrica: sono cio� da considerarsi uguali i versi che presentano un numero uguale di sillabe. La quantit�, cio� la lunghezza o brevit�, non ha alcuna importanza. Questa � una differenza fondamentale rispetto alla versificazione greca e latina, e si spiega con la storia stessa della lingua italiana.

La struttura del verso latino � determinata dalla rigida distinzione che il latino classico opera fra sillabe lunghe e sillabe brevi. Ma con il latino volgare, da cui derivano le lingue romanze (italiano, spagnolo, francese, portoghese, romeno, ecc.), questa differenza non si avvert� pi�, e l'accento tonico della parola and� acquistando maggiore importanza.

[Sintetizza...]

Nel verso italiano anche il ritmo ha una certa importanza. Le parole della nostra lingua hanno un accento proprio che viene mantenuto nel contesto della frase, e questo fa s� che il ritmo del verso italiano (se confrontato per esempio con quello francese) sia molto marcato. La sua importanza � comunque inferiore a quella del numero delle sillabe: i versi con un numero uguale di sillabe sono da considerare uguali anche se hanno ritmo diverso.

 

Questo � uno sviluppo tipico delle lingue neolatine, in cui non � determinante il numero delle sillabe accentate, ma il numero di tutte le sillabe, mentre il verso tedesco si fonda sul numero delle sillabe forti, ovvero accentate (che vengono chaimate arsi), mentre il numero delle sillabe deboli, ovvero non accentate (tesi), pu� essere vario.

[Sintetizza...]

Nei primi secoli la rima era considerata una componente essenziale, perch� contrassegnava la fine del verso. Solo nel Rinascimento si tent� per la prima volta la composizione di versi sciolti, a cui per� i trattatisti del tempo negarono il carattere di verso.

L'uso poetico ha mostrato che in italiano i versi sciolti potevano essere sentiti come versi veri e propri, perch� sono fortemente ritmati, e quindi � facile riconoscerli come non-prosa. Sebbene la rima non sia una componente indispensabile del verso italiano, essa continua a mantenere la sua funzione strumentale per il raggruppamento dei versi.

Finale del verso e conteggio delle sillabe

Ogni verso italiano pu� presentare tre uscite diverse:

1.       con una parola accentata sulla penultima sillaba (parola parossitona, o piana)

2.       con una parola accentata sulla terzultima sillaba (parola proparossitona, o sdrucciola)

3.       con una parola accentata sull'ultima sillaba (parola ossitona, o tronca)

Si distingue perci� tra versi piani, sdruccioli e tronchi, a seconda della parola che si trova alla fine del verso.

Poich� le parole italiane sono per la maggior parte accentate sulla penultima sillaba (ovvero sono parole piane), il verso tipico italiano � il verso piano. Questo � importante per il conteggio delle sillabe. Nella metrica italiana si contano tutte le sillabe sino alla fine del tipo normale, ovvero fino alla sillaba non accentata (atona) che segue l'ultima sillaba accentata (tonica) del verso piano.

[Approfondisci...]

Al fine del conteggio delle sillabe, i versi sdruccioli e i versi tronchi si misurano sul verso piano, contando rispettivamente una sillaba in meno o una sillaba in pi�. Cos� nel verso sdrucciolo conta solo la prima delle due sillabe atone che seguono l'ultima sillaba tonica (l'ultima atona non viene contata), mentre nel verso tronco bisogna aggiungere una sillaba, che in effetti non c'�.

Sineresi e dieresi

Il conteggio delle sillabe di un verso pone un problema che � stato discusso a lungo nel corso dei secoli, al quale i poeti hanno dato risposte spesso in contraddizione con la teoria. La domanda �: quand'� che le vocali contigue (ovvero in iato) contano per una, per due (o per pi�) sillabe ai fini delle misura del verso?

 

Conforme alla natura della pronuncia italiana, che non conosce il glottal stop (come nel tedesco), e quindi non stacca le vocali contigue ma passa senza interruzione da una all'altra, nel verso italiano due vocali contigue possono formare un'unica sillaba, rappresentando un'unit� metrica. Questa regola tuttavia non manca di importanti eccezioni.

[Sintetizza...]

Quando due vocali si incontrano dentro una stessa parola (sono in iato) di norma contano per una sillaba. Questa figura metrica viene chiamata sineresi.

Un esempio di sineresi dalla Divina Commedia (poich� l'ultima parola � tronca, si aggiunge una sillaba dopo l'ultima tonica, e il verso risulta un endecasillabo).

Lo

ciel

perdei,

che

per

non

aver

f�

(Purgatorio, VII, 8)

1

2

3     4

5

6

7

8  9

10 + 1

 

Nell'interno del verso la norma � la sin�resi, all'uscita del verso invece vale la regola che ciascuna delle due vocali forma una sillaba metrica. Una stessa parola pu� quindi avere un valore metrico diverso secondo che si trovi nell'interno o alla fine del verso.

Nel primo esempio le due vocali (nel pronome "lui") formano una sillaba metrica, mentre nel secondo esempio le stesse vocali (nel verbo "fui") formano due sillabe distinte:

Ch'eran

con

lui,

quando

l'amor

divino

(Inferno, I, 39)

1     2

3

4

5     6

7    8

9  10 11

 

In gi�

son

messo

tanto

perch'io

fui

(Inferno, XXIV, 137)

1   2

3

4   5

6     7

8    9

10 11

 

Non sempre due vocali contigue nell'interno della parola contano per una sola sillaba. � possibile per� anche che due vocali consecutive nel corpo di una parola interna al verso siano considerate metricamente come sillabe distinte e separate. Questa divisione metrica si dice di�resi.

[Approfondisci...]

Nelle maggior parte delle stampe moderne la dieresi viene indicata mediante due punti collocati sulla prima vocale: �ere, deliz�oso, mentre nelle stampe antiche (e in parte delle moderne) il segno della dieresi non compare, e l'interpretazione metrica viene lasciata a chi legge.

 

Quando un verso presenta varie possibilit� di dieresi e persino qualche caso di dialefe non � facile decidere quali vocali vanno separate e quali fuse insieme. L'impresa si rivela meno ardua se si conoscono le regole generali (o meglio le consuetudini diffuse), gli eventuali usi stilistici del poeta, il genere letterario e il gusto del tempo; nei casi dubbi viene spesso in aiuto il ritmo.

 

Sinalefe e dialefe

Quando due vocali appartenenti a due parole diverse, l'una in qualit� di vocale finale, l'altra in qualit� di vocale iniziale, si incontrano all'interno del verso, si ha normalmente una fusione. Ciascuna vocale conserva immutato il suo timbro e viene pronunciata distintamente, ambedue per�, pur appartenendo a parole diverse, formano insieme un'unica sillaba metrica. Questo fenomeno, simile a quello della sineresi, si chiama sinalefe.

[Approfondisci...]

Il processo non � diverso da quello della sineresi all'interno della parola perch� si fonda sullo stesso fatto fonico, ovvero all'assenza, nella lingua italiana, del fenomeno del glottal stop, che separerebbe le due vocali.

 

La sinalefe non contrasta con la normale pronuncia italiana, e quindi non solo non turba il ritmo del verso, ma gli conferisce un carattere piacevole e melodioso, a differenza di quanto avviene in presenza dell'elisione e dell�apocope.

Si prenda ad esempio il primo verso del Canzoniere di Tetrarca:

Voi

ch'ascoltate_in

rime

sparse_il

suono

(Canzoniere I, 1)

1

2     3     4     5

6 7

  8       9

10 11

 

Contrariamente all'uso normale si possono tenere distinte le vocali, e allora le vocali contigue nel contesto ma appartenenti a parole diverse formano due sillabe metriche diverse. Questo procedimento, analogo alla divisione che si effettua all'interno di una parola (dieresi), viene chiamato dialefe in quanto � il contrario della sinalefe.

 

Non � facile dare una regola sull'uso della dialefe, fenomeno molto frequente sia nella lirica della scuola poetica siciliana e dello Stil nuovo, sia nel Dante della Divina Commedia. � una caratteristica del verso dantesco, ma lo � anche di tutta la poesia anteriore al Petrarca. Quest'ultimo ruppe in modo deciso con l'uso della dialefe, anche se non � del tutto assente nella sua poesia (pi� rara nella lirica che nei Trionfi). Fuori dalla lirica la dialefe si incontra di frequente nella poesia epica sino alla fine del Quattrocento e nella poesia popolareggiante del primo Rinascimento. � un segno di tecnica arcaica, e quando, con il Bembo, il Petrarca verr� assunto a norma obbligatoria, la dialefe scomparir� da tutti i versi e da tutti i generi, fuorch� nei casi in cui si mira a un determinato effetto.

[Sintetizza...]

Un esempio di dialefe dalla Divina Commedia(si noti anche la sineresi delle vocali in io e Paolo):

Io

non

En�a,

io

non

Paolo

sono

(Inferno, II, 32)

1     

2

3  4 5

6

7   

8  9

10 11

 

 

Elisione, apocope, aferesi

Quando due vocali si incontrano nell'interno del verso, invece di fonderle insieme (sinalefe) o di conservarle distinte l'una dall'altra come due sillabe metriche (dialefe), si pu� eliminarne una lasciando cadere o la vocale finale di parola (elisione) o la vocale iniziale di parola (aferesi).

 

Occorre distinguere nettamente l'elisione dalla sinalefe, che fonologicamente � tutta un'altra cosa. In caso di sinalefe, infatti, le vocali vengono pronunciate tutte e due, ben distinte nel loro suono, e persino vocali omofone non si fondono insieme.

[Sintetizza...]

Nel verso italiano l'elisione non serve a eliminare sillabe metricamente eccedenti (questo avviene con la sinalefe). L'elisione pu� servire a sopprimere un incontro di vocali, ma questo deve avvenire solo nei casi in uso nella lingua parlata (es. io t'ho visto). L'elisione non � ammessa quando, eliminando una desinenza o mutilando una parola monosillaba, si viene a rendere difficile la comprensione del testo.

L'avverbio ove (= dove), nell'esempio che segue, diventa Ov':

Ov' Amor me,

te sol

Natura

mena

 

1    2   3    4

5  6

7  8  9

10 11

 

Nella lingua moderna non ricorrono pi� alcuni casi diffusi nella lingua antica, e oggi si tende a limitare ancora di pi� l'uso dell'elisione.

Nell'interno del verso si presentano altri casi di caduta della vocale finale (apocope) che da un punto di vista metrico non trovano giustificazione, non servono cio� n� a eliminare un iato n� a operare elisione, sinalefe o dialefe. Si tratta di forme abbreviate che vengono usate anche fuori dalla poesia, e diffuse in parte fino ai giorni nostri, in parte solo nella lingua dei primi secoli.

Alcuni esempi di apocope dalla Gerusalemme Liberata del Tasso

Degl'inimici il f�r Soldan cammina

(G.L., IX, 16) f�r = fero (fiero)

Pass�r ne l'Asia l'armi peregrine

(G. L., IX, 4) pass�r = passaro (passarono)

[Approfondisci...]

Le forme apocopate compaiono davanti a una parola che inizia per consonante. Quando compaiono anche davanti a vocale iniziale il troncamento non � dovuto alla vocale della parola che segue, ma si tratta di forme apocopate per s� stesse. L'accumulazione di forme apocopate � un distintivo della lingua dei poeti, ed � un uso che si afferm� solo col tempo. I rimatori della scuola siciliana ne fanno un uso molto ridotto e limitato a pochi termini, mentre i poeti toscani rendono queste forme via via pi� frequenti, finch� col Tetrarca e dopo di lui esse diventano un contrassegno della lingua poetica.

 

Dal toscano antico sono passati nella lingua poetica alcuni casi di aferesi, ovvero di caduta della vocale iniziale in seguito a enclisi (quando la parola si appoggia alla parola precedente).

I casi pi� frequenti sono:

1.       l'articolo il;

2.       il pronome il (quando � complemento oggetto, corrispondente al moderno lo);

3.       la preposizione in (anche quando compare come prefisso);

 

Queste forme (consuete anche nella prosa dell'italiano antico), resistettero fino al secolo XVI per poi scomparire sia dalla lingua parlata che dalla prosa letteraria, rimanendo nella poesia come ornamento della lingua poetica, sull'esempio del Petrarca che, adottandole, ne sanciva l'uso.

[Sintetizza...]

Alcuni esempi di aferesi dal Canzoniere di Petrarca che illustrano i casi elencati:

caso 1-3

Dille, e 'l basciar sie 'n vece di parole

(Petrarca, Canzoniere, CCVIII, 13)

caso 2

S'i' 'l dissi mai, ch'i vegna in odio a quella

(Petrarca, Canzoniere, CCVI, 1)

caso 3

Ch'addorna e 'nfiora la tua riva manca

(Petrarca, Canzoniere, CCVIII, 10)

 

 

Enjambement

La fine del verso coincide generalmente con la fine della frase o con un parte di essa che ha senso compiuto. � possibile per� che una parte della frase, strettamente connessa con ci� che precede, continui nel verso seguente senza pausa. Si parla allora di enjambement.

Nella poesia italiana non � raro che la frase abbracci il verso seguente, estendendosi in genere a un emistichio (met� verso, negli endecasillabi e nei versi lunghi) o a pi� di un verso. L'enjambement, nella poesia italiana, � un fenomeno notevole solo quando la fine del verso cade all'interno di un gruppo di parole strettamente collegate, ovvero quando il sostantivo viene separato dall'aggettivo o il complemento dal predicato, oppure quando il discorso termina in pieno endecasillabo.

 

Quando solo una parola (o una piccola parte) di una frase finisce nel verso seguente, questa viene detta "rigetto" (dal francese rejet). Questa forma di enjambement � del tutto eccezionale nella poesia italiana: la poesia antica e quella popolare non la conoscono,e la si incontra dove la poesia latina fa da modello (quindi - con misura - nel Petrarca e soprattutto con gli imitatori di Orazio della seconda met� del XVII secolo (Parini) e del classicismo di fine Settecento (Alfieri, Foscolo) e con alcuni poeti sensibili ai metri classici (Carducci, Pascoli).

[Sintetizza...]

Il sonetto introduttivo del Canzoniere di Petrarca mostra la coincidenza fra verso ed elementi della frase.

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
Di quei sospiri ond'io nudriva 'l core
In su'l mio primo giovenile errore,
Quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,

Del vario stile in ch'io piango e ragiono
Fra le vane speranze e 'l van dolore,
Ove sia chi per prova intenda amore,
Spero trovar piet�, non che perdono.

Quello che segue � invece un esempio di uno stile poetico caratterizzato dall'uso frequente di enjambement:

Sovente ancor ne la trascorsa sera
La perduta tra 'l gioco aurea moneta
Non men che al Cavalier, suole a la Dama
Lunga vigilia cagionar; talora
Nobile invidia de la bella amica
Vagheggiata da molti, e talor breve
gelosia n'� cagione. A questo aggiugni
Gl'importuni mariti, i quali in mente
Ravvolgendosi ancor le viete usanze...

 

Accento e ritmo

Il verso italiano non � determinato soltanto dal numero della sillabe, bens� anche dalla sua struttura ritmica. Elemento essenziale del verso italiano � l'accento grammaticale, cio� la posizione dell'accento nella parola. La sillaba che porta l'accento principale della parola nel verso rappresenta l'arsi.

Uno stesso tipo di verso, con uguale numero di sillabe, pu� presentare strutture ritmiche molto differenti l'una dall'altra. Nel caso poi dell'endecasillabo, il verso italiano pi� frequente, la ricca veriet� di strutturazione metrica fa parte della sua natura (e dei suoi pregi).

Ogni verso italiano ha un accento costante, e precisamente alla fine del verso, che, come le parole, pu� essere piano, sdrucciolo (pi� raramente bisdrucciolo) o tronco. A questo accento segue:

1.       una sillaba atona nel verso piano;

2.       due sillabe atone nel verso sdrucciolo (tre nel verso bisdrucciolo);

3.       nessuna sillaba nel verso tronco

Il ritmo del verso � determinato dalla posizione degli altri accenti ritmici all'interno del verso, che possono essere fissi o mobili.

 

Versi di analoga struttura sillabica possono avere accenti ritmici fissi o mobili, e la sillaba in arsi (quella che porta l'accento principale della parola) pu� avere intensit� diversa, per cui anche un accento grammaticale secondario pu� assumere (per ragioni ritmiche) funzione di arsi.

Sulla sesta sillaba di questi versi della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso cade un accento grammaticale secondario, tuttavia la sillaba si trova in arsi:

Ostel di Cristo,

i vncitr

conduce

 

1  2   3    4   5

 6   7   8

9  10  11

 

E in van l'Inferno

v s'oppse,

e in vano

 

1      2   3   4  5

 6    7   8

9  10  11

 

Queste sillabe portano un accento grammaticale pi� debole, se confrontato con quello che si trova sull'ottava sillaba dello stesso verso, ovvero le arsi sono meno marcate. Leggere le due sillabe con la stessa energia non solo sarebbe contrario alle norme di lettura dei versi italiani, ma distruggerebbe la bellezza del verso, che sta nel valore disuguale e variabile delle arsi.

Si pu� anche presentare il caso inverso, in cui cio� una sillaba con accento grammaticale non corrisponda ritmicamente all'arsi. Nell'esempio che segue la normale accentazione di gent�l � mutata, perch� l'accento principale -t�l, non essendo in arsi, viene attenuato (in un verso non possono esserci due arsi consecutive)

Onde questa

gentil donna

si parte

 

1  2   3    4  

 5   6   7   8

9 10 11

 

[Sintetizza...]

Dalla mobilit� delle arsi e dal variare del loro valore (cio� dalla loro intensit�) deriva che uno stesso verso pu� dar luogo a una diversa interpretazione ritmica. I versi italiani si devono leggere rispettando la consueta accentazione delle parole. In caso contrario, cio� se si legge scandendo meccanicamente le arsi per mettere in risalto il ritmo senza tenere conto del valore sintattico delle parole nel contesto, si distrugge la natura del verso.

� quindi sbagliato leggere il verso seguente pronunciando le arsi allo stesso modo:

nde qusta

gntil dnna

si prte

 

1  2   3    4  

 5   6   7   8

9 10 11

 

Solo nel corso dei secoli il ritmo venne ad essere elemento intrinseco del verso italiano: la lirica italiana antica lo ignora del tutto, la poesia popolare � confusa e imprecisa (o eccessivamente schematica), nella scuola siciliana si incontrano versi aritmici di ogni tipo. Uno sfruttamento consapevole dell'elemento ritmico del verso comincia con la lirica barocca, per poi trovare il suo momento d'oro a partire dalla seconda met� dell'Ottocento fino al Pascoli.

 

Tipologie di verso

I versi italiani si distinguono in imparisillabi e parisillabi, a seconda che siano composti da un numero dispari o pari di sillabe.

Versi imparisillabi
I versi imparisillabi pi� diffusi nella poesia italiana sono l'endecasillabo, il settenario e il novenario (rispettivamente di 11, 7 e 9 sillabe).

L'endecasillabo, oltre all'accento costante sulla decima sillaba, ha un accento principale mobile, ha un accento principale mobile, che cade per lo pi� sulla quarta o sulla sesta sillaba. Alla parola che porta questo secondo accento principale segue (nella lettura) una pausa: il verso ha cio� una cesura.

Nel mezzo

del cammin  ||

di nostra

vita

(Inferno, I, 1)

1    2   3  

  4    5    6

7   8   9

10 11

 

La cesura divide il verso in due emistichi, uno pi� breve e uno pi� lungo.

 

Quando il secondo accento principale cade sulla quarta sillaba il primo emistichio � pi� corto e allora il verso � un "endecasillabo a minore"; quando invece cade sulla sesta sillaba il primo emistichio � pi� lungo, e si tratta allora di un "endecasillabo a maiore".

Alcuni esempi dalla Divina Commedia:

Endecasillabo a minore:

S� che

il pi� fermo ||

sempre era

'l pi� basso

(Inferno, I, 30)

1    2

  3    4    5

7   8   9

10 11

 

Endecasillabo a maiore:

L'amor

che move

'l sole ||    e l'altre

stelle

(Paradiso, XXXIII, 145)

1    2

 3    4   5

   6 7            8 9

10 11

 

[Sintetizza...]

La cesura si trova alla fine della parola che porta l'accento principale, conformemente all'uso comune del discorso normale in cui la parola viene pronunciata tutta intera senza spezzarla. La cesura quindi non pu� cadere all'interno della parola, bens�, come una pausa del discorso, dopo la sillaba atona che segue alla sillaba accentata (o dopo la sillaba accentata in caso di parola tronca).

 

Il ritmo dell'endecasillabo si pu� mantenere uguale per tutto il verso. Per il fatto stesso per� che le arsi sono mobili e che l'accento grammaticale pu� essere valutato in modi diversi da un punto di vista ritmico, � possibile che i due emistichi dell'endecasillabo presentino un ritmo diverso.

La forma ritmica che si incontra pi� frequentemente (e quindi pu� essere definita il tipo fondamentale) � l'endecasillabo con ritmo ascendente:

Il grn

seplcro

adra ||   e sciglie

il vto

 

Ma l'endecasillabo pu� anche avere un ritmo discendente:

Qunto

pi des�se

||   l'li spndo

 

Oppure ritmo ascendente nel primo emistichio e discendente nel secondo:

Le dnne

i cvalir ||

l'rmi

gli amri

 

[Sintetizza...]

Per le sue arsi mobili e di valore diverso, il settenario � un verso ritmicamente affine all'endecasillabo. La variet� di ritmi, perfettamente rispondente all'endecasillabo, fa s� che il settenario si associ in modo armonioso agli endecasillabi nella stanza di canzone.

Il novenario non si pu� collocare accanto agli altri versi imparisillabi perch�, in tutte le sue variet�, presenta una struttura diversa da quella degli altri imparisillabi, ovvero ha gli accenti sempre fissi.

Un esempio di novenario da La mia sera di Giovanni Pascoli, con gli accenti che cadono sempre sulla seconda, quinta e ottava sillaba.

Il girno fu pino di lmpi;

1   2  3   4    5  6 7   8  9

ma ra verrnno le stlle,

1    2 3  4   5  6  7    8 9

le tcite stlle. Nei cmpi

1  2 3 4  5  6    7     8   9

c�� un brve gre gr di ranlle

     1      2 3    4     6  7  8 9

 

Versi parisillabi
La caratteristica generale dei versi parisillabi � quella di avere molta meno mobilit�, rispetto all'endecasillabo e al settenario. Esistono cio� diverse variet� ritmiche per ogni verso parisillabo, ma ognuna di esse presenta un solo schema di accentazione (ovvero ha le arsi fisse).

Le caratteristiche principali dei versi parisillabi possono essere messe in evidenza dall'esame dei due pi� diffusi versi parisillabi: l'ottonario e il decasillabo.

L'ottonario compare nella poesia italiana in due forme: quella trocaica e quella dattilica. L'ottonario trocaico � la forma normale; lo si incontra sporadicamente nella lirica antica, e nel Quattrocento � il metro pi� usato nella canzone a ballo.

Il decasillabo si presenta sotto diverse strutture, tra cui le pi� famose sono il decasillabo senza cesura e quello con cesura fissa:

1) decasillabo senza cesura, con ritmo costante (arsi fisse la 3�, la 6� e la 9� sillaba), detto anche decasillabo manzoniano perch� messo in voga da Alessandro Manzoni

Si prenda per esempio il coro della Scena VI dell'Atto II del Conte di Carmagnola di Manzoni:

S'ode

a dstra

uno squllo

di trmba

 

a

sinstra

rispnde

uno squllo

 

d'ambo

i lti

calpsto

rimbmba

 

2) decasillabo con cesura fissa. Questo tipo � detto anche quinario accoppiato, in quanto formato da due emistichi autonomi sia per ritmo che per computo delle sillabe (non � infatti ammesso lo iato (dialefe) o la sinalefe tra l'uno e l'altro: questo � il motivo per cui il secondo emistichio inizia sempre per consonante).

Questo verso divenne molto popolare nel XIX secolo dal Romanticismo in poi, e Pascoli lo us� spesso.

Si prenda ad esempio la prima strofa de L'ora di Barga:

Al mio cantuccio

||

donde non sento

arsi fisse: 2� e 4� sillaba || 1� e 4� sillaba

se non le reste

||

brusir del grano

arsi fisse: 2� e 4� sillaba || 2� e 4� sillaba

[...]

 

 

 

suono che uguale,

||

che blando cade

arsi fisse: 1� e 4� sillaba || 2� e 4� sillaba

come una voce

||

che persuade

arsi fisse: 1� e 4� sillaba || 2� e 4� sillaba

 

Rima, assonanza, allitterazione, verso sciolto, disposizione delle rime

La rima consiste nella perfetta identit� di suono dell'uscita del verso a partire dall'ultima vocale tonica (es. pianto - tanto). Se il suono non � perfettamente uguale, si ha assonanza. Nella lirica d'arte italiana l'assonanza non compare (a parte alcune eccezioni), e anche nella poesia italiana antica si trova raramente.

 

L'assonanza si distingue in assonanza tonica se sono uguali soltanto le vocali toniche, e non � necessario che siano uguali anche le vocali atone della sillaba finale: es. acqua - fatta, ma anche fronte - immoto - affonda - opra, (D'Annunzio).

Se coincidono solo la vocale finale e la consonante che la precede si dice assonanza atona.

Si ha invece assonanza consonantica quando le vocali sono diverse ma le consonanti uguali: es. -ente, -anto.

[Sintetizza...]

L'allitterazione si incontra nella lirica italiana come ornamento retorico del verso. Il primo a farne largo (e raffinato) uso � Petrarca:

Di me

medesmo

meco mi vergogno

Canzoniere I, 11-12

e del

mio vaneggiar

vergogna � 'l frutto

 

L'allitterazione talvolta pu� essere utilizzata per generare immagini onomatopeiche.

Esempio: E fra le fronde fremer dolce l'aura, dove la ripetizione del nesso fr- richiama lo stormire delle foglie al vento.

Si dicono versi sciolti(nel senso di liberi) quei versi che non sono legati reciprocamente dalla rima. Nella poesia anteriore al Rinascimento questo tipo di verso si incontra solo sporadicamente, e mai nella lirica, perch� la rima faceva parte del concetto stesso di verso. Nel Cinquecento cominci� a fiorire il verso sciolto (e in particolare l'endecasillabo) come imitazione della poesia classica (e in particolare dell'esametro), che non conosceva la rima come elemento conclusivo del verso. Il verso sciolto verr� soprattutto usato nei generi letterari che assumon a modello i componimenti dell'antichit� classica.

La rima serve a coordinare un certo numero di versi. Ci� pu� farsi sia sotto forma di strofa, sia sotto forma di raggruppamenti diversi.

Per indicare le rime si adoperano le lettere dell'alfabeto. Quando i versi rimati sono di tipo diverso occore simboleggiare non solo la rima, ma anche il tipo del verso mediante un carattere diverso. Generalmente l'endecasillabo si indica con le lettere maiuscole e il settenario con le minuscole.

Esempio: AbAc AbAc (ovvero quattro coppie formate da un endecasillabo e da un settenario).

Nella versificazione italiana si distinguono i seguenti tipi principali di rime:

1.       rima baciata (o accoppiata): aa bb cc

2.       rima incrociata (o abbracciata): ab ba o anche cdc cdc

3.       rima alterna (o alternata): ab ab ab ab



 

Informativa Privacy Cookie Policy
- � POESIA E NARRATIVA -