LA CITTA' DEL SOLE

DI TOMMASO CAMPANELLA

 

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la Città del Sole parte SECONDA

 

di Tommaso Campanella

 

Gen. Se mai non avessero guerra, pure s'esercitano all'arte di guerra ed alla caccia per non impoltronire e per quel che potria succedere. Di più, vi son quattro regni nell'isola, li quali han grande invidia della felicità loro, perché li popoli desiderariano vivere come questi Solari, e vorriano star più soggetti ad essi, che non a' propri regi. Onde spesso loro è mossa guerra, sotto color d'usurpar confini e di viver empiamente, perché non sequeno le superstizioni di Gentili, né dell'altri Bragmani; e spesso li fan guerra, come ribelli che prima erano soggetti. E con tutto questo perdono sempre. Or essi Solari, subito che patiscono preda, insulto o altro disonore, o son travagliati l'amici loro, o pure son chiamati d'alcune città tiranneggiate come liberatori, essi si mettono a consiglio, e prima s'inginocchiano a Dio e pregano che li faccia ben consigliarsi, poi s'esamina il merito del negozio, e così si bandisce la guerra. Mandano un sacerdote detto il Forense: costui dimanda a' nemici che rendano il tolto o lascino la tirannia; e se quelli negano, li bandiscono la guerra., chiamando Dio delle vendette a testimonio contra di chi ha il torto; e si quelli prolungano il negozio, non li danno tempo, si è re, più d'un ora, si è republica, tre ore a deliberar la risposta, per non esser burlati; e così si piglia la guerra, se quelli son contumaci alla ragione. Ma dopo ch'è pigliata, ogni cosa esequisce il locotenente del Potestà; ed esso comanda senza consiglio d'altri; ma si è cosa di momento, domanda il Amor e 'l Sapienza e 'l Sole. Si propone in Consiglio grande, dove entra tutto il popolo di venti anni in su, e le donne ancora, e si dichiara la giustizia dell'impresa dal Predicatore, e mettono in ordine ogni cosa.

Devesi sapere ch'essi hanno tutte le sorti d'arme apparecchiate nell'armari, e spesso si provano quelle in guerre finte. Han per tutti li gironi, nell'esteriore muro, l'artellerie e l'artiglieri preparati e molti altri cannoni di campagna che portano in guerra, e n'han pur di legno, nonché di metallo; e così sopra le carra li conducono, l'altre munizioni nelle mule, e bagaglie. E se sono in campo aperto, serrano le bagaglie in mezzo e l'artellerie, e combattono gran pezzo, e poi fan ritirata. E 'l nemico, credendo che cedano, s'inganna; perché essi fanno ala, pigliano fiato e lasciano l'artiglierie sparare, e poi tornano alla zuffa contra nemici scompigliati. Usano far i padiglioni alla romana con steccati e fosse intorno con gran prestezza. Ci son li mastri di bagaglie, d'artellerie e dell'opere. Tutti soldati san maneggiar la zappa e la secure. Vi son cinque, otto o diece capitani di consiglio di guerra e di stratagemme, che comandano alle squadre loro secondo prima insieme si consigliarono. Soleno portar seco una squadra di fanciulli a cavallo per imparar la guerra, ed incarnarsi, come lupicini al sangue; e nei pericoli si ritirano, e molte donne e fanciulli fanno carezze alli guerrieri, li medicano, servano, abbracciano e confortano; e quelli, per mostrarsi valenti alle donne e figli loro, fanno gran prove. Nell'assalti, chi prima saglie il muro ha dopo in onore una corona di gramigna con applauso militare delle donne e fanciulli. Chi aiuta il compagno ha la corona civica di quercia; chi uccide il tiranno, le spoglie opime, che porta al tempio, e si dona al Sole il cognome dell'impresa.

Usano i cavalieri una lancia, due pistole avanti cavallo, di mirabil tempra, strette in bocca, che per questo passano ogni armatura, ed hanno anco lo scocco. Altri portano la mazza, e questi son gli uomini d'arme, perché, non potendo un'armatura ferrea penetrare con spada o con pistola, sempre assaltano il nemico con la mazza, come Achille contra Cigno, e lo sconquassano e gittano. Ha due catene la mazza in punta, a cui pendeno due palle, che, menando, circondano il collo del nemico, lo cingeno, tirano e gettano; e, per poterla maneggiare, non tengono briglia con mano, ma con li piedi, incrocchiata nella sella, ed avvinchiata nell'estremo alle staffe, non alli piedi, per non impedirsi; e le staffe han di fuori la sfera e dentro il triangolo, onde il piè torcendo ne' lati, le fan girare, ché stan affibbiate alli staffili, e così tirano a sé o allungano il freno con mirabil prestezza, e con la destra torceno a sinistra ed a contrario. Questo secreto manco i Tartari hanno inteso, ché stirare e torcere non usano con le staffe. Li cavalli leggeri cominciano con li schioppi, e poi entrano l'aste e le frombole, delle quali tengono gran conto. E usano combattere per fila intessute, andando altri, ed altri ritirandosi a vicenda; e le spade sono l'ultima prova.

Ci son poi li trionfi militari ad uso di Romani, e più belli, e le supplicazioni ringraziatorie. E si presenta al tempio il capitano, e si narrano li gesti dal poeta o istorico ch'andò con lui. E 'l Principe lo corona, ed a tutti soldati fa qualche regalo ed onore, e per molti dì sono esenti dalle fatiche publiche. Ma essi l'hanno a male, perché non sanno stare oziosi ed aiutano gli altri. E all'incontro quei che per loro colpa han perduto, si ricevono con vituperio, e chi fu il primo a fuggire non può scampar la morte, se non quando tutto l'esercito domanda in grazia la sua vita, ed ognuno piglia parte della pena. Ma poco s'ammette tal indulgenza, si non quando ci è gran ragione. Chi non aiutò l'amico o fe' atto vile, è frustato; chi fu disobediente, si mette a morire dentro a un palco di bestie con un bastone in mano, e se vince i leoni e l'orsi, che è quasi impossibile, torna in grazia.

Le città superate o date a loro subito mettono ogni avere in commune, e riceveno gli offiziali solari e la guardia, e si van sempre acconciando all'uso della Città del Sole, maestra loro; e mandano li figli ad imparare in quella, senza contribuire a spese.

Saria lungo a dirti del mastro delle spie e sentinelle, degli ordini loro dentro e fuore la città, che te li puoi pensare, ché son eletti da bambini secondo l'inclinazione e costellazione vista nella genitura loro. Onde ognuno, oprando secondo la proprietà sua naturale, fa bene quell'esercizio e con piacere per esserli naturale; così dico delle stratagemme ed altri. La città di notte e di giorno ha le guardie nelle quattro porte e nelle mura estreme, su li torrioni e valguardi: e lo girone il dì le femine, la notte li maschi guardano; e questo lo fanno per non impoltronire e per li casi fortuiti. Han le veglie, come i nostri soldati, divise di tre in tre ore; la sera entrano in guardia.

Usano le cacce per imagini di guerra, e li giochi in piazza a cavallo e a piede ogni festa, e poi segue la musica.

Perdonano volentieri a' nemici e dopo la vittoria li fanno bene. Se gettano mura o vogliono occider i capi o altro danno a' vinti, tutto fanno in un giorno, e poi li fanno bene, e dicono che non si deve far guerra se non per far gli uomini buoni, non per estinguerli. Se tra loro ci è qualche gara d'ingiuria o d'altro, perché essi non contendono se non di onore, il Principe ed i suoi offiziali puniscono il reo secretamente, s'incorse ad ingiuria di fatto dopo le prime ire; se di parole, aspettano in guerra a diffinirle, dicendo che l'ira si deve sfogare contra l'inimici. E chi fa poi in guerra più atti eroici, quello è tenuto c'abbia raggione nell'onoranza, e l'altro cede. Ma nelle cose del giusto ci son le pene; però in duello di mano non ponno venire, e chi vuol mostrarsi megliore, faccilo in guerra publica.

 

Osp. Bella cosa per non fomentar fazioni a roina della patria e schifar le guerre civili, onde nasce il tiranno, come fu in Roma e Atene. Narra or, ti prego, dell'artifici loro.

 

Gen. Devi avere inteso come commune a tutti è l'arte militare, l'agricoltura, la pastorale; ch'ognuno è obbligato a saperle, e queste son le più nobili tra loro; ma chi più arti sa, più nobile è, e nell'esercitarla quello è posto, che è più atto. L'arti fatigose, ed utili son di più laude, come il ferraro, il fabricatore; e non si schifa nullo a pigliarle, tanto più che nella natività loro si vede l'inclinazione, e tra loro, per lo compartimento delle fatiche, nullo viene a participar fatica destruttiva dell'individuo, ma solo conservativa. L'arti che sono di manco fatica son delle femine. Le speculative son di tutti, e chi più è eccellente si fa lettore; e questo è più onorato che nelle meccaniche, e si fa sacerdote. Saper natare è a tutti necessario, e ci sono a posta le piscine fuor delle fosse della città, e dentro vi son le fontane.

La mercatura a loro poco serve, ma però conoscono il valor delle monete, e battono moneta per l'ambasciatori loro, acciocché possano commutare con le pecunia il vitto che non ponno portare, e fanno venire d'ogni parte del mondo mercanti a loro per smaltir le cose soverchie, e non vogliono danari, se non merci di quelle cose che essi non hanno. E si ridono quando vedeno i fanciulli, che quelli donano tanta robba per poco argento, ma non li vecchi. Non vogliono che schiavi o forastieri infettino la città di mali costumi; però vendono quelli che pigliano in guerra, o li mettono a cavar fosse o far esercizi faticosi fuor della città, dove sempre vanno quattro squadre di soldati a guardare il territorio e quelli che lavorano, uscendo dalle quattro porte, le quali hanno le strade di mattoni fin al mare per condotta delle robbe e facilità delli forastieri. Alli quali fanno gran carezze, li donano da mangiare per tre giorni, li lavano li piedi, li fan veder la città e l'ordine loro, entrare a Consiglio ed a mensa. E ci son uomini deputati a guardarli, e se voglion farsi cittadini, li provano un mese nelle ville ed uno nella città, e così poi risolveno, e li ricevono con certe cerimonie e giuramenti.

L'agricoltura è in gran stima: non ci è palmo di terra che non frutti. Osservano li venti e le stelle propizie, ed escono tutti in campo armati ad arare, seminare, zappare, metere, raccogliere, vindemmiare, con musiche, trombe e stendardi; ed ogni cosa fanno tra pochissime ore. Hanno le carra a vela, che caminano con il vento, e quando non ci è vento, una bestia tira un gran carro, bella cosa, ed han li guardiani del territorio armati, che per li campi sempre van girando. Poco usano letame all'orti ed a' campi, dicendo che li semi diventano putridi e fan vita breve, come le donne imbellettate e non belle per esercizio fanno prole fiacca. Onde né pur la terra imbellettano, ma ben l'esercitano, ed hanno gran secreti di far nascer presto e multiplicare, e non perder seme. E tengon un libro a posta di tal esercizio, che si chiama la Georgica. Una parte del territorio, quanto basta, si ara; l'altra serve per pascolo delle bestie. Or questa nobil arte di far cavalli, bovi, pecore, cani ed ogni sorte d'animali domestici è in sommo pregio appresso loro, come fu in tempo antico d'Abramo; e con modi magici li fanno venire al coito, che possan ben generare, inanzi a cavalli pinti o bovi o pecore; e non lasciano andar in campagna li stalloni con le giumente, ma li donano a tempo opportuno inanzi alle stalle di campagna. Osservano Sagittario in ascendente, con buono aspetto di Marte e Giove: per li bovi, Tauro, per le pecore, Ariete, secondo l'arte. Hanno poi mandre di galline sotto le Pleiadi e papare e anatre, guidate a pascere dalle donne con gusto loro presso alla città e li luochi, dove la sera son serrate a far il cascio e latticini, butiri e simili. Molto attendono a' caponi ed a' castrati ed al frutto, e ci è un libro di quest'arte detto la Bucolica. Ed abbondano d'ogni cosa, perché ognuno desidera esser primo alla fatica per la docilità delli costumi e per esser poca e fruttuosa; ed ognun di loro, che è capo di questo esercizio, s'appella Re, dicendo che questo è nome loro proprio, e di chi non sa. Gran cosa, che le donne ed uomini sempre vanno in squadroni, né mai soli, e sempre all'obedienza del capo si trovano senza nullo disgusto; e ciò perché l'hanno come padre o frate maggiore.

Han poi le montagne e le cacce d'animali, e spesso s'esercitano.

La marineria è di molta reputazione, e tengono alcuni vascelli, che senza vento e senza remi caminano, ed altri con vento e remi. Intendono assai le stelle, e flussi e reflussi del mare, e navigano per conoscer genti e paesi. A nullo fan torto; senza esser stimolati non combattono. Dicono che il mondo averà da riducersi a vivere come essi fanno, però cercano sempre sapere se altri vivono meglio di loro. Hanno confederazione con gli Chinesi, e con più popoli isolani e del continente, di Siam di Cancacina e di Calicut, solo per spiare.

Hanno anche gran secreti di fuochi artifiziali per le guerre marine e terrestri, e stratagemme, che mai non restan di vincere.

 

Osp. Che e come mangiano? e quanto è lunga la vita loro?

 

Gen. Essi dicono che prima bisogna mirar la vita del tutto e poi delle parti; onde quando edificaro la città, posero i segni fissi nelli quattro angoli del mondo. Il Sole in ascendente in Leone, e Giove in Leone orientale dal Sole, e Mercurio e Venere in Cancro, ma vicini, che facean satellizio; Marte nella nona in Ariete, che mirava di sua casa con felice aspetto l'ascendente e l'afeta. e la Luna in Tauro, che mirava di buono aspetto Mercurio e Venere, e non facea aspetto quadrato al Sole. Stava Saturno entrando nella quarta, senza far malo aspetto a Marte ed al Sole. La Fortuna con il capo di Medusa in decima quasi era, onde essi s'augurano signoria, fermezza e grandezza. E Mercurio, sendo in buono aspetto di Vergine e nella triplicità dell'asside suo, illuminato dalla Luna, non può esser tristo; ma, sendo gioviale, la scienza loro non mendica; poco curando d'aspettarlo in Vergine e la congiunzione.

Or essi mangiano carne, butiri, mele, cascio, dattili, erbe diverse, e prima non volean uccidere gli animali, parendo crudeltà; ma poi vedendo che era crudeltà ammazzar l'erbe, che han senso, onde bisognava morire, consideraro che le cose ignobili son fatte per le nobili, e magnano ogni cosa. Non però uccidono volentieri l'animali fruttuosi, come bovi e cavalli. Hanno però distinto li cibi utili dalli disutili, e secondo la medicina si serveno; una fiata mangiano carne, una pesce ed una erbe, e poi tornano alla carne per circolo, per non gravare né estenuare la natura. Li vecchi han cibi più digestibili, e mangiano tre volte il giorno e poco, li fanciulli quattro, la communità due. Vivono almeno cento anni, al più centosettanta, o duecento al rarissimo. E son molto temperati nel bevere: vino non si dona a' fanciulli sino alli diciannove anni senza necessità grandissima, e bevono con acqua poi, e così le donne; li vecchi di cinquanta anni in su beveno senz'acqua. Mangiano, secondo la stagione dell'anno, quel che è più utile e proprio, secondo provisto viene dal capo medico, che ha cura. Usano assai l'odori: la mattina, quando si levano, si pettinano e lavano con acqua fresca tutti; poi masticano maiorana e petroselino o menta, e se la frecano nelle mani, e li vecchi usano incenso; e fanno l'orazione brevissima a levante come il Pater Noster; ed escono e vanno chi a servire i vecchi, chi in coro, chi ad apparecchiare le cose del commune; e poi escono all'esercizio, poi riposano poco, sedendo, e vanno a magnare.

Tra loro non ci è podagre, né chiragre, né catarri, né sciatiche, né doglie coliche, né flati, perché questi nascono dalla distillazione ed inflazione, ed essi per l'esercizio purgano ogni flato ed umore. Onde è tenuto a vergogna che uno si vegga sputare, dicendo che questo nasce da poco esercizio, da poltroneria o da mangiar ingordo. Patiscono più tosto d'infiammazioni e spasmi secchi alli quali con la copia del buon cibo e bagni sovvengono; ed all'etica con bagni dolci e latticini, e star in campagne amene in bello esercizio. Morbo venereo non può allignare, perché si lavano spesso li corpi con vino ed ogli aromatici; e il sudore anche leva quell'infetto vapore, che putrefà il sangue e le midolle. Né tisici si fanno, per non essere distillazione che cali al petto, e molto meno asma, poiché umor grosso ci vuole a farla. Curano le febri ardenti con acqua fresca, e l'efimere solo con odori e brodi grassi o con dormire o con suoni ed allegrie; le terzane con levar sangue e con reubarbaro o simili attrattivi, e con bevere acque di radici d'erbe purganti ed acetose. Di rado vengono a medicina purgante. Le quartane son facili a sanare per paure sùbite, per erbe simili all'umore od opposite; e mi mostraro certi secreti mirabili di quelle. Delle continue tengono conto assai, e fanno osservanza di stelle e d'erbe, e preghiere a Dio per sanarle. Quintane, ottane, settane poche si trovano, dove non ci sono umori grossi. Usano li bagni e l'olei all'usanza antica, e ci trovaro molti più secreti per star netto, sano, gagliardo. Si sforzano con questi ed altri modi aiutarsi contra il morbo sacro che ne pateno spesso.

 

Osp. Segno d'ingegno grande, onde Ercole, Socrate, Macometto, Scoto e Callimaco ne patiro.

 

Gen. E s'aiutano con preghiere al cielo e con odori e confortanti della testa e cose acide ed allegrezze e brodi grassi, sparsi di fiori di farina. Nel condir le vivande non han pari: pongono macis, mele, butiro e con aromati assai, che ti confortano gradevolmente. Non beveno annevato, come i Napolitani, neanche caldo, come li Chinesi, perché non han bisogno d'aiutarsi contra l'umori grossi in favor del natio calore, ma lo confortano con aglio pesto ed aceto, serpillo, menta, basilico, l'estate e nella stanchezza; né contra il soverchio calor dell'aromati aumentato, perché non escono di regola. Hanno pur un secreto di rinovar la vita ogni sette anni, senza afflizione, con bell'arte.

 

Osp. Non hai ancora detto delle scienze e degli offiziali.

 

Gen. Sì, ma poiché sei tanto curioso, ti dirò più. Ogni nove luna ed ogni opposizione sua fanno Consiglio dopo il sacrifizio; e qui entrano tutti di venti anni in suso, e si dimanda ad ognuno che cosa manca alla città, e chi offiziale è buono e chi è tristo. Dopo ogn'otto dì, si congregano tutti gli offiziali, che con il Sole, Pon, Sir, Mor; ed ognun di questi ha tre offiziali sotto di sé, che son tredici, ed ognun di questi tre altri, che son tutti quaranta; e quelli han l'offizi dell'arti convenienti a loro, il Potestà della milizia, il Sapienza delle scienze, il Amore del vitto, generazione e vestito ed educazione; e li mastri d'ogni squadra, cioè caporioni, decurioni, centurioni sì delle donne come degli uomini. E si ragiona di quel che bisogna al publico, e si eleggon gli offiziali, pria nominati in Consiglio grande. Dopo ogni dì fa consiglio Sole e li tre Principi delle cose occorrenti, e confirmano e conciano quel che si è trattato nell'elezione e gli altri bisogni. Non usano sorti, se non quando son dubbi in modo che non sanno a qual parte pendere. Questi offiziali si mutano secondo la volontà del popolo inchina, ma li quattro primi no, se non quando essi stessi, per consiglio fatto tra loro, cedono a chi veggono saper più di loro, ed aver più purgato ingegno; e son tanto docili e buoni, che volentieri cedeno a chi più sa ed imparano da quelli; ma questo è di rado assai.

Li capi principali delle scienze son soggetti al Sapienza, altri che il Metafisico che è esso Sole, che a tutte le scienze comanda, come architetto, ed ha vergogna ignorare cosa alcuna al mondo umano. Sotto a lui sta il Grammatico, il Logico, il Fisico, il Medico, il Politico, l'Economico, il Morale, l'Astronomo, l'Astrologo, il Geometra, il Cosmografo, il Musico, il Prospettivo, l'Aritmetico, il Poeta, l'Oratore, il Pittore, il Scultore. Sotto Amore, sta il Genitario, l'Educatore, il Vestiario, l'Agricola, l'Armentario, il Pastore, il Cicurario, il Gran Coquinario. Sotto Podestà il Stratagemmario, il Ferrario, l'Armario, l'Argentario, il Monetario, l'Ingegnero, Mastro spia, Mastro cavallerizzo, il Gladiatore, l'Artegliero, il Frombolario, il Giustiziero. E tutti questi han li particolari artefici soggetti.

Or qui hai da sapere che ognun è giudicato da quello dell'arte sua; talché ogni capo dell'arte è giudice, e punisce d'esilio, di frusta, di vituperio, di non mangiar in mensa commune, di non andar in chiesa, non parlar alle donne. Ma quando occorre caso ingiurioso, l'omicidio si punisce con morte, ed occhio per occhio, naso per naso si paga la pena della pariglia, quando è caso pensato. Quando è rissa subitanea, si mitiga la sentenza, ma non dal giudice, perché condanna subito secondo la legge, ma dalli tre Principi. E s'appella pure al Metafisico per grazia, non per giustizia, e quello può far la grazia. Non tengono carceri, se non per qualche ribello nemico un torrione. Non si scrive processo, ma in presenza del giudice e del Potestà si dice il pro e il contra; e subito si condanna dal giudice; e poi dal Potestà, se s'appella, il sequente dì si condanna; e poi dal Sole il terzo dì si condanna, o s'aggrazia dopo molti dì con consenso del popolo. E nessuno può morire, se tutto il popolo a man comune non l'uccide; ché boia non hanno, ma tutti lo lapidano o brugiano, facendo che esso s'elegga la polvere per morir subito. E tutti piangono e pregano Dio, che plachi l'ira sua, dolendosi che sian venuti a resecare un membro infetto dal corpo della republica; e fanno di modo che esso stesso accetti la sentenza, e disputano con lui fin tanto che esso, convinto, dica che la merita; ma quando è cosa contra la libertà o contra Dio, o contra gli offiziali maggiori, senza misericordia si esequisce. Questi soli si puniscono con morte; e quel che more ha da dire tutte le cause perché non deve morire, e li peccati degli altri e dell'offiziali, dicendo quelli meritano peggio; e se vince, lo mandano in esilio e purgano la città con preghiere e sacrifizi ed ammende; ma non però travagliano li nominati.

Li falli di fragilità e d'ignoranza si puniscono solo con vituperi, e con farlo imparare a contenersi, e quell'arte in cui peccò, o altra, e si trattano in modo, che paiono l'un membro dell'altro.

Qui è da sapere, che se un peccatore, senza aspettare accusa, va da sé all'offiziali accusandosi e dimandando ammenda, lo liberano dalla pena dell'occulto peccato e la commutano mentre non fu accusato.

Si guardano assai dalla calunnia per non patir la medesima pena. E perché sempre stanno accompagnati quasi, ci vuole cinque testimoni a convincere, se non si libera col giuramento il reo. Ma se due altre volte è accusato da dui o tre testimoni, al doppio paga le pena.

Le leggi son pochissime, tutte scritte in una tavola di rame alla porta del tempio, cioè nelle colonne, nelle quali ci son scritte tutte le quiddità delle cose in breve: che cosa è Dio, che cosa è angelo, che cosa è mondo, stella, uomo, ecc., con gran sale, e d'ogni virtù la diffinizione. E li giudici d'ogni virtù hanno la sedia in quel loco, quando giudicano, e dicono: "Ecco, tu peccasti contra questa diffinizione: leggi"; e così poi lo condanna o d'ingratitudine o di pigrizia o d'ignoranza; e le condanne son certe vere medicine, più che pene, e di soavità grande.

 

Osp. Or dire ti bisogna delli sacerdoti e sacrifizi e credenza loro.

 

Gen. Sommo sacerdote è il Sole; e tutti gli offiziali son sacerdoti, parlando delli capi, ed offizio loro è purgar le conscienze. Talché tutti si confessano a quelli, ed essi imparano che sorti di peccati regnano. E si confessano alli tre maggiori tanto li peccati propri, quanto gli strani in genere, senza nominare gli peccatori, e li tre poi si confessano al Sole. Il quale conosce che sorti di errori corrono e sovviene alli bisogni della città e fa a Dio sacrifizio ed orazioni, a cui esso confessa li peccati suoi e di tutto il popolo publicamente in su l'altare, ogni volta che sia necessario per amendarli, senza nominar alcuno. E così assolve il popolo, ammonendo che si guardi in quelli errori, e confessa i suoi in publico e poi fa sacrifizio a Dio, che voglia assolvere tutta la città ed ammaestrarla e difenderla. Il sacrifizio è questo, che dimanda al popolo chi si vol sacrificare per gli suoi membri, e così un di quelli più buoni si sacrifica. E 'l sacerdote lo pone sopra una tavola, che è tenuta da quattro funi, che stanno a quattro girelle della cupola, e, fatta l'orazione a Dio che riceva quel sacrifizio nobile e voluntario umano (non di bestie involuntarie, come fanno i Gentili), fa tirar le funi; e questo saglie in alto alla cupoletta e qui si mette in orazione; e li si dà da magnare parcamente, sino a tanto che la città è espiata. Ed esso con orazioni e digiuni prega Dio, che riceva il pronto sacrifizio suo; e così, dopo venti o trenta giorni, placata l'ira di Dio, torna a basso per le parti di fuore o si fa sacerdote; e questo è sempre onorato e ben voluto, perché esso si dà per morto, ma Dio non vuol che mora.

Di più vi stanno vintiquattro sacerdoti sopra il tempio, li quali a mezzanotte, a mezzodì, la mattina e la sera cantano alcuni salmi a Dio; e l'offizio loro è di guardar le stelle e notare con astrolabi tutti li movimenti loro e gli effetti che producono, onde sanno in che paese che mutazione è stata e ha da essere. E questi dicono l'ora della generazione e li giorni del seminare e raccogliere, e serveno come mezzani tra Dio e gli uomini; e di essi per lo più si fanno li Soli e scriveno gran cose ed investigano scienze. Non vengono a basso, se non per mangiare; con donne non si impacciano, se non qualche volta per medicina del corpo. Va ogni dì Sole in alto e parla con loro di quel che hanno investigato sopra il benefizio della città e di tutte le nazioni del mondo. In tempio a basso sempre ha da esser uno che faccia orazione a Dio, ed ogni ora si muta, come noi facciamo le quarant'ore, e questo si dice continuo sacrifizio.

Dopo mangiare si rendon grazie a Dio con musica, e poi si cantano gesti di eroi cristiani, ebrei, gentili, di tutte nazioni, per spasso e per godere. Si cantano inni d'amore e di sapienza e virtù. Si piglia ognuno quella che più ama, e fanno alcuni balli sotto li chiostri, bellissimi. Le donne portano li capelli lunghi, inghirlandati ed uniti in un groppo in mezzo la testa con una treccia. Gli uomini solo un cerro, un velo e berrettino. Usano cappelli in campagna, in casa berrette bianche o rosse o varie, secondo l'offizio ed arte che fanno, e gli officiali più grandi e pompose.

Tutte le cose loro son quattro principali, cioè quando entra il sole in Ariete, in Cancro, in Libra, il Capricorno; e fanno gran rappresentazioni belle e dotte; ed in ogni congiunzione ed opposizione di luna fanno certe feste. E nelli giorni che fondaro la città e quando ebbero vittoria, fanno il medesimo con musica di voci feminine e con trombe e tamburi ed artiglierie; e li poeti cantano le laudi delli più virtuosi. Ma chi dice bugia in laude è punito; non si può dir poeta chi finge menzogna tra loro; e questa licenza dicono che è ruina del mondo, che toglie il premio alle virtù e lo dona altrui per paura o adulazione.

Non si fa statua a nullo, se non dopo che more; ma, vivendo, si scrive nel libro delli eroi chi ha trovato arti nove o secreti d'importanza, o fatto gran benefizio in guerra o pace al publico.

Non si atterrano li corpi morti, ma si bruggiano per levar la peste e per convertirsi in fuoco, cosa tanto nobile e viva, che vien dal sole ed a lui torna, e per non restar sospetto d'idolatria. Restano pitture solo o statue di grand'uomini, e quelle che mirano le donne formose, che s'applicano all'uso della razza.

L'orazioni si fan alli quattro angoli del mondo orizzontali, e la mattina prima a levante, poi a ponente, poi ad austro, poi a settentrione; la sera al riverso, prima a ponente, poi a levante, poi a settentrione, poi ad austro. E replicano solo un verso, che dimanda corpo sano e mente sana al loro ed a tutte le gente, e beatitudine, e conclude: "come par meglio a Dio." Ma l'orazione attentamente e lunga si fa in cielo; però l'altare è tondo e in croce spartito, per dove entra Sole dopo le quattro repetizioni, e prega mirando in suso. Questo lo fan per gran misterio. Le vesti pontificali son stupende di bellezza e di significato a guisa di quelle d'Aron.

Distinguono li tempi secondo l'anno tropico, non sidereo, ma sempre notano quanto anticipa questo di tempo. Credono che il sole cali a basso, e però facendo più stretti circoli arriva alli tropici ed equinozi che l'anno passato; o vero pare arrivare, ché l'occhio, vedendolo più basso in obliquo, lo vede prima giungere ed obliquare. Misurano li mesi con la luna e l'anno con il sole; e però non accordano questa con quello fino alli diciannove anni, quando pur il capo del Drago finisce il suo corso; del che han fatto nova astronomia. Laudano Tolomeo ed ammirano Copernico, benché Aristarco e Filolao prima di lui; ma dicono che l'uno fa il conto con le pietre, l'altro con le fave, ma nullo con le stesse cose contate, e pagano il mondo con li scudi di conto, non d'oro. Però essi cercano assai sottilmente questo negozio, perché importa a saper la fabbrica del mondo, e se perirà e quando, e la sostanza delle stelle e chi ci sta dentro a loro. E credono esser vero quel che disse Cristo delli segni delle stelle, sole e luna, li quali alli stolti non pareno veri, ma li venirà, come ladro di notte, il fin delle cose. Onde aspettano la renovazione del secolo, e forsi il fine. Dicono che è gran dubbio sapere se 'l mondo fu fatto di nulla o delle rovine d'altri mondi o del caos; ma par verosimile che sia fatto, anzi certo. Son nemici d'Aristotile, l'appellano pedante.

Onorano il sole e le stelle come cose viventi e statue di Dio e tempi celesti; ma non l'adorano, e più onorano il sole. Nulla creatura adorano di latria, altro che Dio, e però a lui serveno solo sotto l'insegna del sole, ch'è insegna e volto di Dio, da cui viene la luce e 'l calore ed ogni altra cosa. Però l'altare è come un sole fatto, e li sacerdoti pregano Dio nel sole e nelle stelle, com'in altari, e nel cielo, come tempio; e chiamano gli angeli buoni per intercessori, che stanno nelle stelle, vive case loro, e che le bellezze sue Dio più le mostrò in cielo e nel sole, come suo trofeo e statua.

Negano gli eccentrici ed epicicli di Tolomeo e di Copernico; affermano che sia un solo cielo, e che li pianeti da sé si movano ed alzino, quando al sole si congiungeno per la luce maggiore che riceveno; e abbassino nelle quadrature e nell'opposizioni per avvicinarsi a lui. E la luna in congiunzione ed opposizione s'alza per stare sotto il sole e ricever la luce in questi siti assai che la sublima. E per questo le stelle, benché vadano sempre di levante in ponente, nell'alzare paion gir a dietro; e così si veggono, perché il stellato cielo corre velocemente in ventiquattr'ore, ed esse ogni dì, camminando meno, restano più a dietro; talché, sendo passate dal cielo, paion tornare. E quando son nell'opposito del sole, piglian breve circolo per la bassezza, ché si inchinano a pigliar luce da lui, e però caminano inante assai; e quando vanno a par delle stelle fisse, si dicon stazionari; quando più veloci, retrogradi, secondo li volgari astrologi; e quando meno, diretti. Ma la luna, tardissima e in congiunzione ed opposizione, non par tornare, ma solo avanzare inanti poco, perché il primo cielo non è tanto più di lei veloce allora c'ha lume assai o di sopra o di sotto, onde non par retrograda, ma solo tarda indietro e veloce inanti. E così si vede che né epicicli, né eccentrici ci voleno a farli alzare e retrocedere. Vero è ch'in alcune parti del mondo han consenso con le cose sopracelesti, e si fermano, e però diconsi alzar in eccentrico.

Del sole poi rendono la causa fisica, che nel settentrione s'alza per contrastar la terra, dove essa prese forza, mentre esso scorse nel merigge, quando fu il principio del mondo. Talché in settembre bisogna dire che sia stato fatto il mondo, come gli Ebrei e Caldei antiqui, non li moderni, escogitaro: e così, alzando per rifar il suo, sta più giorni in settentrione che in austro, e par salire in eccentrico.

Tengono dui princìpi fisici: il sole padre e la terra madre; e l'aere essere cielo impuro, e 'l fuoco venir dal sole, e 'l mar essere sudore della terra liquefatta dal sole e unir l'aere con la terra, come il sangue lo spirito col corpo umano; e 'l mondo essere animal grande, e noi star intra lui, come i vermi nel nostro corpo; e però noi appartenemo alla providenza di Dio, e non del mondo e delle stelle, perché rispetto a loro siamo casuali; ma rispetto a Dio, di cui essi son stromenti, siamo antevisti e provisti; però a Dio solo avemo l'obligo di signore, di padre e di tutto.

Tengono per cosa certa l'immortalità dell'anima, e che s'accompagni, morendo, con spiriti buoni o rei, secondo il merito. Ma li luoghi delle pene e premi non l'han tanto per certi; ma assai ragionevole pare che sia il cielo e i luochi sotterranei. Stanno anche molto curiosi di sapere se queste sono eterne o no. Di più son certi che vi siano angeli buoni e tristi, come avviene tra gli uomini, ma quel che sarà di loro aspettano avviso dal cielo. Stanno in dubbio se ci siano altri mondi fuori di questo, ma stimano pazzia dir che non ci sia niente, perché il niente né dentro né fuori del mondo è, e Dio, infinito ente, non comporta il niente seco.

Fanno metafisici princìpi delle cose l'ente, ch'è Dio, e 'l niente, ch'è il mancamento dell'essere, come condizione senza cui nulla si fa: perché non se faria si fosse, dunque non era quel che si fa. Dal correre al niente nasce il male e 'l peccato; però il peccatore si dice annichilarsi e il peccato ha causa deficiente, non efficiente. La deficienza è il medesimo che mancanza, cioè o di potere o di sapere o di volere, e in questo ultimo metteno il peccato. Perché chi può e sa ben fare, deve volere, perché la volontà nasce da loro, ma non e contra. Qui ti stupisci ch'adorano Dio in Trinitate, dicendo ch'è somma Possanza, da cui procede somma Sapienza, e d'essi entrambi, sommo Amore. Ma non conosceno le persone distinte e nominate al modo nostro, perché non ebbero revelazione, ma sanno ch'in Dio ci è processione e relazione di sé a sé; e così tutte cose compongono di possanza, sapienza ed amore, in quanto han l'essere; d'impotenza, insipienza e disamore, in quanto pendeno dal non essere. E per quelle meritano, per queste peccano, o di peccato di natura nelli primi, o d'arte in tutti tre. E così la natura particolare pecca nel far mostri per impotenza o ignoranza. Ma tutte queste cose son intese da Dio potentissimo, sapientissimo ed ottimo, onde in lui nullo ente pecca e fuor di lui sì; ma non si va fuor di lui, se non per noi, non per lui, perché in noi la deficienza è, in lui l'efficienza. Onde il peccare è atto di Dio, in quanto ha essere ed efficienza; ma in quanto ha non essere e deficienza, nel che consiste la quidità d'esso peccare è in noi, ch'al non essere e disordine decliniamo.

 

Osp. Oh, come sono arguti!

 

Gen. S'io avesse tenuto a mente, e non avesse pressa e paura, io ti sfondacaria gran cose; ma perdo la nave, se non mi parto.

 

Osp. Per tua fé, dimmi questo solo: che dicono del peccato d'Adamo?

 

Gen. Essi confessano che nel mondo ci sia gran corruttela, e che gli uomini si reggono follemente e non con ragione; e che i buoni pateno e i tristi reggono; benché chiamano infelicità quella loro, perché è annichilirsi il mostrarsi quel che non sei, cioè d'esser re, d'essere buono, d'esser savio, e non esser in verità. Dal che argomentano che ci sia stato gran scompiglio nelle cose umane, e stavano per dire con Platone, che li cieli prima giravano dall'occaso, là dove mo è il levante, e poi variano. Dissero anco che può essere che governi qualche inferior Virtù, e la prima lo permetta, ma questo pur stimano pazzia. Più pazzia è dire che prima resse Saturno bene, e poi Giove, e poi gli altri pianeti; ma confessano che l'età del mondo succedono secondo l'ordine di pianeti, e credeno che la mutanza degli assidi ogni mille anni o mille seicento variano il mondo. E questa nostra età par che sia di Mercurio, si bene le congiunzioni magne l'intravariano, e l'anomalie han gran forza fatale.

Finalmente dicono ch'è felice il cristiano, che si contenta di credere che sia avvenuto per il peccato d'Adamo tanto scompiglio, e credono che dai padri a' figli corre il male più della pena che della colpa. Ma dai figli al padre torna la colpa, perché trascuraro la generazione, la fecero fuor di tempo e luoco, in peccato e senza scelta di genitori, e trascuraro l'educazione, ché mal l'indottrinaro. Però essi attendeno assai a questi due punti, generazione ed educazione; e dicono che la pena e la colpa redonda alla città, tanto de' figli, quanto de' padri; però non si vedeno bene e par che il mondo si regga a caso. Ma chi mira la costruzione del mondo, l'anatomia dell'uomo (come essi fan de' condannati a morte; anatomizzandoli) e delle bestie e delle piante, e gli usi delle parti e particelle loro, è forzato a confessare la providenza di Dio ad alta voce. Però si deve l'uomo molto dedicare alla vera religione, ed onorar l'autor suo; e questo non può ben fare chi non investiga l'opere sue e non attende a ben filosofare, e chi non osserva le sue leggi sante: "Quel che non vuoi per te non far ad altri, e quel che vuoi per te fa' tu il medesimo." Dal che ne segue, che si dai figli e dalle genti noi onor cercamo, alli quali poco damo, assai più dovemo noi a Dio, da cui tutto ricevemo, in tutto siamo e per tutto. Sia sempre lodato.

 

Osp. Se questi, che seguon solo la legge della natura, sono tanto vicini al cristianesimo, che nulla cosa aggiunge alla legge naturale si non i sacramenti, io cavo argumento di questa relazione che la vera legge è la cristiana, e che, tolti gli abusi, sarà signora del mondo. E che però gli Spagnuoli trovaro il resto del mondo, benché il primo trovatore fu il Colombo vostro genovese, per unirlo tutto ad una legge; e questi filosofi saran testimoni della verità, eletti da Dio. E vedo che noi non sappiamo quel che facemo, ma siamo instromenti di Dio. Quelli vanno per avarizia di danari cercando nuovi paesi, ma Dio intende più alto fine. Il sole cerca strugger la terra, non far piante ed uomini; ma Dio si serve di loro in questo. Sia laudato.

 

Gen. Oh, se sapessi che cosa dicono per astrologia e per l'istessi profeti nostri ed ebrei e d'altre genti di questo secolo nostro, c'ha più storia in cento anni che non ebbe il mondo in quattro mila; e più libri si fecero in questi cento che in cinque mila: e dell'invenzioni stupende della calamita e stampe ed archibugi, gran segni dell'union del mondo; e come, stando nella triplicità quarta l'asside di Mercurio a tempo che le congiunzioni magne si faceano in Cancro, fece queste cose inventare per la Luna e Marte, che in quel segno valeno al navigar novo, novi regni e nove armi. Ma entrando l'asside di Saturno in Capricorno, e di Mercurio in Sagittario, e di Marte in Vergine, e le congiunzioni magne tornando alla triplicità prima dopo l'apparizion della stella nova in Cassiopea, sarà grande monarchia nova, e di leggi riforma e d'arti, e profeti e rinovazione. E dicono che a' cristiani questo apporterà grand'utile; ma prima si svelle e monda, poi s'edifica e pianta.

Abbi pazienza, che ho da fare.

Questo sappi, c'han trovato l'arte del volare, che sola manca al mondo, ed aspettano un occhiale di veder le stelle occulte ed un oricchiale d'udir l'armonia delli moti di pianeti.

 

Osp. Oh! oh! oh! mi piace. Ma Cancro è segno feminile di Venere e di Luna, e che può far di bene?

 

Gen. Essi dicono che la femina apporta fecondità di cose in cielo, e virtù manco gagliarda rispetto a noi aver dominio. Onde si vede che in questo secolo regnaro le donne, come l'Amazoni tra la Nubbia e 'l Monopotapa, e tra gli Europei la Rossa in Turchia, la Bona in Polonia, Maria in Ongheria, Elisabetta in Inghilterra, Catarina in Francia, Margherita in Fiandra, la Bianca in Toscana, Maria in Scozia, Camilla in Roma ed Isabella in Spagna, inventrice del mondo novo. E 'l poeta di questo secolo incominciò dalle donne dicendo: "Le donne, i cavalier, l'armi e l'amori." E tutti son maledici li poeti d'ogge per Marte; e per Venere e per la Luna parlano di bardascismo e puttanesmo. E gli uomini si effemminano e si chiamano "Vossignoria"; ed in Africa, dove regna Cancro, oltre l'Amazoni, ci sono in Fez e Marocco li bordelli degli effeminati publici, e mille sporchezze.

Non però restò, per esser tropico segno Cancro ed esaltazion di Giove ed apogìo del Sole e di Marte trigono, sì come per la Luna e Marte e Venere ha fatto la nova invenzion del mondo e la stupenda maniera di girar tutta la terra e l'imperio donnesco, e per Mercurio e Marte e Giove le stampe ed archibugi, di non far anche de leggi gran mutamento. Ché del mondo nono e in tutte le marine d'Africa e Asia australi è entrato il cristianesimo per Giove e Sole, ed in Africa la legge del Seriffo per la Luna, e per Marte in Persia quella d'Alle, renovata dal Sofì, con mutarsi imperio in tutte quelle parti ed in Tartaria. Ma in Germania, Francia ed Inghilterra entrò l'eresia per esser esse a Marte ed alla Luna inchinate; e Spagna per Giove ed Italia per il Sole, a cui sottostanno, per Sagittario e Leone, segni loro, restaro nella bellezza della legge cristiana pura. E quante cose saran più di mo inanzi, e quanto imparai da questi savi circa la mutazion dell'assidi de' pianeti e dell'eccentricità e solstizi ed equinozi ed obliquitati, e poli variati e confuse figure nello spazio immenso; e del simbolo c'hanno le cose nostrali con quelle di fuori del mondo; e quanto seque di mutamento dopo la congiunzion magna e l'eclissi, che sequeno dopo la congiunzion magna in Ariete e Libra, segni equinoziali, con la renovazione dell'anomalie, faran cose stupende in confirmar il decreto della congiunzion magna e mutar tutto il mondo e rinovarlo!

Ma per tua fé, non mi trattener più, c'ho da fare. Sai come sto di pressa. Un'altra volta.

Questo si sappi, che essi tengon la libertà dell'arbitrio. E dicono che, se in quaranta ore di tormento un uomo non si lascia dire quel che si risolve tacere, manco le stelle, che inchinano con modi lontani, ponno sforzare. Ma perché nel senso soavemente fan mutanza, chi segue più il senso che la ragione è soggetto a loro. Onde la costellazione che da Lutero cadavero cavò vapori infetti, da' Gesuini nostri che furo al suo tempo cavò odorose esalazioni di virtù, e da Fernando Cortese che promulgò il cristianesimo in Messico nel medesimo tempo.

Ma di quanto è per sequire presto nel mondo io te 'l dirò un'altra fiata.

L'eresia è opera sensuale, come dice S. Paolo, e le stelle nelli sensuali inchinano a quella, nelli razionali alla vera legge santa della prima Raggione, sempre laudanda. Amen.

 

Osp. Aspetta, aspetta.

 

Gen. Non posso, non posso.

 

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