TANCREDI E GHISMUNDA DI BOCCACCIO


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TANCREDI E GHISMUNDA DI BOCCACCIO

 

di BOCCACCIO

 

Tancredi e Ghismunda

 

Tancredi, prenze di Salerno, uccide l�amante della figliuola e mandale il cuore in una coppa d�oro; la quale, messa sopr�esso acqua avvelenata, quella si bee, e cos� muore. Fiera materia di ragionare n�ha oggi il nostro re data, pensando che, dove per rallegrarci venuti siamo, ci convenga raccontar l�altrui lagrime, le quali dir non si possono, che chi le dice e chi l�ode non abbia compassione. Forse per temperare alquanto la letizia avuta li giorni passati l�ha fatto: ma che che se l�abbia mosso, poi che a me non si conviene di mutare il suo piacere, un pietoso accidente, anzi sventurato e degno delle nostre lagrime, racconter�. Tancredi, prencipe di Salerno, fu signore assai umano e di benigno ingegno, se egli nell�amoroso sangue nella sua vecchiezza non s�avesse le mani bruttate; il quale in tutto lo spazio della sua vita non ebbe che una figliuola, e pi� felice sarebbe stato se quella avuta non avesse. Costei fu dal padre tanto teneramente amata, quanto alcuna altra figliuola dal padre fosse giammai: e per questo tenero amore, avendo ella di molti anni avanzata l�et� del dovere avere avuto marito, non sappiendola da s� partire, non la maritava: poi alla fine a un figliuolo del duca di Capova datala, poco tempo dimorata con lui, rimase vedova e al padre tornossi. Era costei bellissima del corpo e del viso quanto alcuna altra femina fosse mai, e giovane e gagliarda e savia pi� che a donna per avventura non si richiedea. E dimorando col tenero padre, s� come gran donna, in molte dilicatezze, e veggendo che il padre, per l�amor che egli le portava, poca cura si dava di pi� maritarla, n� a lei onesta cosa pareva il richiedernelo, si pens� di volere avere, se esser potesse, occultamente un valoroso amante. E veggendo molti uomini nella corte del padre usare, gentili e altri, s� come noi veggiamo nelle corti, e considerate le maniere e� costumi di molti, tra gli altri un giovane valletto del padre, il cui nome era Guiscardo, uom di nazione assai umile ma per vert� e per costumi nobile, pi� che altro le piacque, e di lui tacitamente, spesso vedendolo, fieramente s�accese, ognora pi� lodando i modi suoi. E il giovane, il quale ancora non era poco avveduto, essendosi di lei accorto, l�aveva per s� fatta maniera nel cuore ricevuta, che da ogni altra cosa quasi che da amar lei aveva la mente rimossa. In cotal guisa adunque amando l�un l�altro segretamente, niuna altra cosa tanto disiderando la giovane quanto di ritrovarsi con lui, n� voglendosi di questo amore in alcuna persona fidare, a dovergli significare il modo seco pens� una nuova malizia. Essa scrisse una lettera, e in quella ci� che a fare il d� seguente avesse per esser con lei gli mostr�; e poi quella messa in un bucciuolo di canna, sollazzando la diede a Guiscardo e dicendo: �Fara�ne questa sera un soffione alla tua servente, col quale ella raccenda il fuoco�. Guiscardo il prese, e avvisando costei non senza cagione dovergliele aver donato e cos� detto, partitosi, con esso se ne torn� alla sua casa: e guardando la canna e quella vedendo fessa, l�aperse, e dentro trovat a la lettera di lei e lettala e ben compreso ci� che a fare avea, il pi� contento uom fu che fosse gi� mai e diedesi a dare opera di dovere a lei andare secondo il modo da lei dimostratogli. Era allato al palagio del prenze una grotta cavata nel monte, di lunghissimi tempi davanti fatta, nella qual grotta dava alquanto lume uno spiraglio fatto per forza nel monte, il quale, per ci� che abbandonata era la grotta, quasi da pruni e da erbe di sopra natevi era riturato; e in questa grotta per una segreta scala, la quale era in una delle camere terrene del palagio la quale la 2 donna teneva, si poteva andare, come che da uno fortissimo uscio serrata fosse. E era s� fuori delle menti di tutti questa scala, per ci� che di grandissimi tempi davanti usata non s�era, che quasi niuno che ella vi fosse si ricordava: ma Amore, agli occhi del quale niuna cosa � s� segreta che non pervenga, l�aveva nella memoria tornata alla innamorata donna. La quale, acci� che niuno di ci� accorger si potesse, molti d� con suoi ingegni penato avea anzi che venir fatto le potesse d�aprir quello uscio: il quale aperto e sola nella grotta discesa e lo spiraglio veduto, per quello aveva a Guiscardo mandato a dire che di venire s�ingegnasse, avendogli disegnata l�altezza che da quello infino in terra esser poteva. Alla qual cosa fornire Guiscardo, prestamente ordinata una fune con certi nodi e cappi da potere scendere e salire per essa, e s� vestito d�un cuoio che da� pruni il difendesse, senza farne alcuna cosa sentire a alcuno, la seguente notte allo spiraglio n�and�, e accomandato bene l�uno de� capi della fune a un forte bronco che nella bocca dello spiraglio era nato, per quella si coll� nella grotta e attese la donna. La quale il seguente d�, faccendo sembianti di voler dormire, mandate via le sue damigelle e sola serratasi nella camera, aperto l�uscio nella grotta discese, dove, trovato Guiscardo, insieme maravigliosa festa si fecero; e nella sua camera insieme venutine, con grandissimo piacere gran parte di quel giorno si dimorarono; e dato discreto ordine alli loro amori acci� che segreti fossero, tornatosi nella grotta Guiscardo e ella, serrato l�uscio, alle sue damigelle se ne venne fuori. Guiscardo poi la notte vegnente, s� per la sua fune salendo, per lo spiraglio donde era entrato se n�usc� fuori e tornossi a casa; e avendo questo cammino appreso pi� volte poi in processo di tempo vi ritorn�. Ma la fortuna, invidiosa di cos� lungo e di cos� gran diletto, con doloroso avvenimento la letizia dei due amanti rivolse in tristo pianto. Era usato Tancredi di venirsene alcuna volta tutto solo nella camera della figliuola, e quivi con lei dimorarsi e ragionare alquanto, e poi partirsi. Il quale un giorno dietro mangiare l� gi� venutone, essendo la donna, la quale Ghismonda aveva nome, in un suo giardino con tutte le sue damigelle, in quella senza essere stato da alcuno veduto o sentito entratosene non volendo lei torre dal suo diletto, trovando le finestre della camera chiuse e le cortine del letto abbattute, a pi� di quello in un canto sopra un carello si pose a sedere; e appoggiato il capo al letto e tirata sopra s� la cortina quasi come se studiosamente si fosse nascoso, quivi s�addorment�. E cos� dormendo egli, Ghismonda, che per isventura quel d� fatto aveva venir Guiscardo, lasciate le sue damigelle nel giardino, pianamente se ne entr� nella camera, e quella serrata, senza accorgersi che alcuna persona vi fosse, aperto l�uscio a Guiscardo che l�attendeva e andatisene in su il letto, s� come usati erano, e insieme scherzando e sollazzandosi, avvenne che Tancredi si svegli� e sent� e vide ci� che Guiscardo e la figliuola facevano. E dolente di ci� oltre modo, prima gli volle sgridare, poi prese partito di tacersi e di starsi nascoso, s�egli potesse, per potere pi� cautamente fare e con minor sua vergogna quello che gi� gli era caduto nell�animo di dover fare. I due amanti stettero per lungo spazio insieme, s� come usati erano, senza accorgersi di Tancredi; e quando tempo lor parve discesi del letto, Guiscardo se ne torn� nella grotta e ella s�usc� della camera. Della quale Tancredi, ancora che vecchio fosse, da una finestra di quella si cal� nel giardino, e senza essere da alcun veduto, dolente a morte, alla sua camera si torn�. E per ordine da lui dato, all�uscir dello spiraglio la seguente notte in sul primo sonno Guiscardo, cos� come era nel vestimento del cuoio impacciato, fu preso da due, e segretamente a Tancredi menato; il quale, come il vide, quasi piagnendo disse: �Guiscardo, la mia benignit� verso te non avea meritato l�oltraggio e la vergogna la quale nelle mie cose fatta m�hai, s� come io oggi vidi con gli occhi miei�. Al quale Guiscardo niuna altra cosa disse se non questo: �Amor pu� troppo pi� che n� voi n� io possiamo�. Comand� adunque Tancredi che egli chetamente in alcuna camera di l� entro guardato fosse; e cos� fu fatto. 3 Venuto il d� seguente, non sappiendo Ghismunda nulla di queste cose, avendo seco Tancredi varie e diverse novit� pensate, appresso mangiare secondo la sua usanza, nella camera n�and� della figliuola, dove fattalasi chiamare e serratosi dentro con lei, piagnendo le cominci� a dire: �Ghismunda, parendomi conoscere la tua vert� e la tua onest�, mai non mi sarebbe potuto cader nell�animo, quantunque mi fosse stato detto, se io co�miei occhi non l�avessi veduto, che tu di sottoporti a alcuno uomo, se tuo marito stato non fosse, avessi, non che fatto, ma pur pensato; di che io in questo poco di rimanente di vita che la mia vecchiezza mi serba, sempre sar� dolente, di ci� ricordandomi. E or volesse Idio che, poi che a tanta disonest� conducer ti dovevi, avessi preso uomo che alla tua nobilt� decevole fosse stato; ma tra tanti che nella mia corte n�usano eleggesti Guiscardo, giovane di vilissima condizione, nella nostra corte quasi come per Dio da piccol fanciullo infino a questo d� allevato; di che tu in grandissimo affanno d�animo messo m�hai, non sappiendo io che partito di te mi pigliare. Di Guiscardo, il quale io feci stanotte prendere quando dello spiraglio usciva, e hollo in prigione, ho io gi� meco preso partito che farne; ma di te sallo Idio che io non so che farmi. Dall�una parte mi trae l�amore, il quale io t�ho sempre pi� portato che alcun padre portasse a figliuola, e d�altra mi trae giustissimo sdegno preso per la tua gran follia: quegli vuole che io ti perdoni e questi vuole che contro a mia natura in te incrudelisca: ma prima che io partito prenda, disidero d�udire quello che tu a questo dei dire�. E questo detto bass� il viso, piagnendo s� forte come farebbe un fanciul ben battuto. Ghismunda, udendo il padre e conoscendo non solamente il suo segreto amore esser discoperto ma ancora esser preso Guiscardo, dolore inestimabile sent� e a mostrarlo con romore e con lagrime, come il pi� le femine fanno, fu assai volte vicina: ma pur, questa vilt� vincendo il suo animo altiero, il viso suo con maravigliosa forza ferm�, e seco, avanti che a dovere alcun priego per s� porgere, di pi� non stare in vita dispose, avvisando gi� esser morto il suo Guiscardo. Per che, non come dolente femina o ripresa del suo fallo, ma come non curante e valorosa, con asciutto viso e aperto e da niuna parte turbato cos� al padre disse:�Tancredi, n� a negare n� a pregare son disposta, per ci� che n� l�un mi varrebbe n� l�altro voglio che mi vaglia; e oltre a ci� in niuno atto intendo di rendermi benivola la tua mansuetudine e �l tuo amore: ma, il ver confessando, prima con vere ragioni difender la fama mia e poi con fatti fortissimamente seguire la grandezza dell�animo mio. Egli � il vero che io ho amato e amo Guiscardo, e quanto io viver�, che sar� poco, l�amer�; e se appresso la morte s�ama, non mi rimarr� d�amarlo: ma a questo non m�indusse tanto la mia feminile fragilit�, quanto la tua poca sollecitudine del maritarmi e la virt� di lui. Esser ti dov�, Tancredi, manifesto, essendo tu di carne, aver generata figliuola di carne e non di pietra o di ferro; e ricordarti dovevi e dei, quantunque tu ora sia vecchio, chenti e quali e con che forza vengano le leggi della giovanezza: e come che tu, uomo, in parte ne� tuoi migliori anni nell�armi essercitato ti sii, non dovevi di meno conoscere quello che gli ozii e le dilicatezze possano ne� vecchi non che ne� giovani. Sono adunque, s� come da te generata, di carne, e s� poco vivuta, che ancor son giovane, e per l�una cosa e per l�altra piena di concupiscibile disidero, al quale maravigliosissime forze hanno date l�aver gi�,per essere stata maritata, conosciuto qual piacer sia a cos� fatto disidero dar compimento. Alle quali forze non potendo io resistere, a seguir quello a che elle mi tiravano, s� come giovane e femina, mi disposi e innamora�mi. E certo in questo opposi ogni mia vert� di non volere n� a te n� a me di quello a che natural peccato mi tirava, in quanto per me si potesse operare, vergogna fare. Alla qual cosa e pietoso Amore e benigna Fortuna assai occulta via m�avean trovata e mostrata, per la quale, senza sentirlo alcuno, io a� miei disideri perveniva: e questo, chi che ti se l�abbia mostrato o come che tu il sappi, io nol nego. Guiscardo non per accidente tolsi, come molte fanno, ma con diliberato consiglio elessi innanzi a ogni altro e con avveduto pensiero a me lo �ntrodussi e con savia perseveranza di me e di lui lungamente goduta sono del mio disio. Di che egli pare, oltre all�amorosamente aver peccato, che tu, pi� la volgare oppinione che la verit� seguitando, con pi� amaritudine mi riprenda, dicendo, quasi turbato esser non ti dovessi se io nobile uomo avessi a questo 4 eletto, che io con uomo di bassa condizione mi son posta. In che non t�accorgi che non il mio peccato ma quello della Fortuna riprendi, la quale assai sovente li non degni a alto leva, abbasso lasciando i degnissimi. Ma lasciamo or questo, e riguarda alquanto a� principii delle cose: tu vedrai noi d�una massa di carne tutti la carne avere e da uno medesimo Creatore tutte l�anime con iguali forze, con iguali potenzie, con iguali vert� create. La vert� primieramente noi, che tutti nascemmo e nasciamo iguali, ne distinse; e quegli che di lei maggior parte avevano e adoperavano nobili furon detti, e il rimanente rimase non nobile. E bench� contraria usanza poi abbia questa legge nascosa, ella non � ancor tolta via n� guasta dalla natura n� da� buon costumi; e per ci� colui che virtuosamente adopera, apertamente si mostra gentile, e chi altramenti il chiama, non colui che � chiamato ma colui che chiama commette difetto. Raguarda tra tutti i tuoi nobili uomini ed essamina la lor virt�, i lor costumi e le loro maniere, e d�altra parte quelle di Guiscardo raguarda: se tu vorrai senza animosit� giudicare, tu dirai lui nobilissimo e questi tuoi nobili tutti esser villani. Delle virt� e del valore di Guiscardo io non credetti al giudicio d�alcuna altra persona che a quello delle tue parole e de� miei occhi. hi il commend� mai tanto quanto tu �l commendavi in tutte quelle cose laudevoli che valoroso uomo dee essere commendato? E certo non a torto: ch�, se� miei occhi non m�ingannarono, niuna laude da te data gli fu che io lui operarla, e pi� mirabilmente che le tue parole non poteano esprimere, non vedessi: e se pure in ci� alcuno inganno ricevuto avessi, da te sarei stata ingannata. Dirai dunque che io con uomo di bassa condizion mi sia posta? Tu non dirai il vero: ma per avventura se tu dicessi con povero, con tua vergogna si potrebbe concedere, ch� cos� hai saputo un valente uomo tuo servidore mettere in buono stato; ma la povert� non toglie gentilezza a alcuno ma s� avere. Molti re, molti gran principi furon gi� poveri; e molti di quegli che la terra zappano e guardan le pecore gi� ricchissimi furono e sonne. L�ultimo dubbioche tu movevi, cio� che di me far ti dovessi, caccial del tutto via: se tu nella tua estrema vecchiezza a far quello che giovane non usasti, cio� a incrudelir, se� disposto, usa in me la tua crudelt�, la quale a alcun priego porgerti disposta non sono, s� come in prima cagion di questo peccato, se peccato �; per ci� che io t�acerto che quello che di Guiscardo fatto avrai o farai, se di me non fai il simigliante, le mie mani medesime il faranno. Or via, va con le femine a spander le lagrime, e incrudelendo con un medesimo colpo altrui e me, se cos� ti par che meritato abbiamo, uccidi.� Conobbe il prenze la grandezza dell�animo della sua figliuola ma non credette per ci� in tutto lei s� fortemente disposta a quello che le parole sue sonavano, come diceva; per che, da lei partitosi e da s� rimosso di volere in alcuna cosa nella persona di lei incrudelire, pens� con gli altrui danni raffreddare il suo fervente amore, e comand� a� due che Guiscardo guardavano che senza alcun romore lui la seguente notte strangolassono, e, trattogli il cuore a lui il recassero. Li quali, cos� come loro era stato comandato, cos� operarono. Laonde, venuto il d� seguente, fattasi il prenze venire una grande e bella coppa d�oro e messo in quella il cuor di Guiscardo, per un suo segretissimo famigliare il mand� alla figliuola e imposegli che quando gliele desse dicesse: �Il tuo padre ti manda questo per consolarti di quella cosa che tu pi� ami, come tu hai lui consolato di ci� che egli pi� amava.� Ghismunda, non smossa dal suo fiero proponimento, fattesi venire erbe e radici velenose, poi che partito fu il padre, quelle still� e in acqua ridusse, per presta averla se quello di che elle temeva avvenisse. Alla quale venuto il famigliare e col presente e con le parole del prenze, con forte viso la coppa prese, e quella scoperchiata, come il cuor vide e le parole intese, cos� ebbe per certissimo quello essere il cuor di Guiscardo; per che, levato il viso verso il famigliar, disse: �Non si conveniva sepoltura men degna che d�oro a cos� fatto cuore chente questo �; discretamente in ci� ha il mio padre adoperato.� E cos� detto, appressatoselo alla bocca, il basci�, e poi disse: �In ogni cosa sempre e infino a questo stremo della vita mia ho verso me trovato tenerissimo del mio padre l�amore, ma ora 5 pi� che gi� mai; e per ci� l�ultime grazie, le quali render gli debbo gi� mai, di cos� gran presento, da mia parte gli renderai.� Questo detto, rivolta sopra la coppa la quale stretta teneva, il cuor riguardando disse: �Ahi! dolcissimo albergo di tutti i miei piaceri, maladetta sia la crudelt� di colui che con gli occhi della fronte or mi ti fa vedere! Assai m�era con quegli della mente riguardarti a ciascuna ora. Tu hai il tuo corso fornito, e di tale chente la fortuna tel concedette ti se� spacciato: venuto se� alla fine alla qual ciascun corre: lasciate hai le miserie del mondo e le fatiche e dal tuo nemico medesimo quella sepoltura hai che il tuo valore ha meritata. Niuna cosa ti mancava a aver compiute essequie, se non le lagrime di colei la qual tu vivendo cotanto amasti; le quali acci� che tu l�avessi, pose Idio nell�animo al mio dispietato padre che a me ti mandasse, e io le ti dar�, come che di morire con gli occhi asciutti e con viso da niuna cosa spaventato proposto avessi; e dateleti, senza alcuno indugio far� che la mia anima si congiugner� con quella, adoperandol tu, che tu gi� cotanto cara guardasti. E con qual compagnia ne potre� io andar pi� contenta o meglio sicura a� luoghi non conosciuti che con lei? Io son certa che ella � ancora quincentro e riguarda i luoghi de� suoi diletti e de� miei e, come colei che ancora son certa che m�ama, aspetta la mia dalla quale sommamente � amata.� E cos� detto, non altramenti che se una fonte d�acqua nella testa avuta avesse, senza fare alcun feminil romore, sopra la coppa chinatasi piagnendo cominci� a versar tante lagrime, che mirabile cosa furono a riguardare, baciando infinite volte il morto cuore. Le sue damigelle, che dattorno le stavano, che cuore questo si fosse o che volesson dire le parole di lei non intendevano, ma da compassion vinte tutte piagnevano e lei pietosamente della cagion del suo pianto domandavano invano e molto pi�, come meglio sapevano e potevano, s�ingegnavano di confortarla. La qual poi che quanto le parve ebbe pianto, alzato il capo e rasciuttosi gli occhi, disse: �O molto amato cuore, ogni mio uficio verso te � fornito; n� pi� altro mi resta a fare se non di venire con la mia anima a fare alla tua compagnia�. E questo detto, si f� dare l�orcioletto nel quale era l�acqua che il d� davanti aveva fatta, la quale mise nella coppa ove il cuore era da molte delle sue lagrime lavato; e senza alcuna paura postavi la bocca, tutta la bevve e bevutala con la coppa in mano se ne sal� sopra il suo letto, e quanto pi� onestamente seppe compose il corpo suo sopra quello e al suo cuore accost� quello del morto amante: e senza dire alcuna cosa aspettava la morte. Le damigelle sue, avendo queste cose e vedute e udite, come che esse non sapessero che acqua quella fosse la quale ella bevuta aveva, a Tancredi ogni cosa avean mandato a dire; il qual, temendo di quello che sopravenne, presto nella camera scese della figliuola, nella qual giunse in quella ora che essa sopra il suo letto si pose; e tardi con dolci parole levatosi a suo conforto, veggendo ne� termini ne� quali era, cominci� dolorosamente a piagnere. Al quale la donna disse: �Tancredi, serbati coteste lagrime a meno disiderata fortuna che questa, n� a me le dare, che non le disidero. Chi vide mai alcuno altro che te, piagnere di quello che egli ha voluto? Ma pure, se niente di quello amore che gi� mi portasti ancora in te vive, per ultimo don mi concedi che, poi a grado non ti fu che io tacitamente e di nascoso con Guiscardo vivessi, che �l mio corpo col suo, dove che tu te l�abbi fatto gittare, morto palese stea.� L�angoscia del pianto non lasci� rispondere al prenze; laonde la giovane, al suo fine esser venuta sentendosi, strignendosi al petto il morto cuore, disse: �Rimanete con Dio, ch� io mi parto.� E velati gli occhi e ogni senso perduto, di questa dolente vita si dipart�. Cos� doloroso fine ebbe l�amor di Guiscardo e di Ghismonda, come udito avete: li quali Tancredi dopo molto pianto e tardi pentuto della sua crudelt�, con general dolore di tutti i salernetani, onorevolmente amenduni in un medesimo sepolcro gli f� sepellire.

 

 

 

Riassunto

 

Fiammetta esordisce esprimendo preoccupazione e disagio per il tema cupo scelto da Filostrato, cui per� intende attenersi secondo le regole stabilite. Ella dunque narrer� una storia degna delle loro lacrime.

Tancredi, principe di Salerno, � un uomo di grande umanit� e indole generosa, padre di una giovane, Ghismunda, che ama immensamente, tanto che dapprima ne ritarda il matrimonio e poi, quando ella � rimasta vedova, ne prolunga lo stato di solitudine, pur di averla vicina a s�. La ragazza, affezionata al padre ma infelice per l�isolamento, comincia a nutrire il desiderio di innamorarsi, disposta anche ad avere un amante. In tale disposizione d�animo, subisce il fascino di un valletto del padre, Guiscardo, di bell�aspetto e animo nobile, bench� povero e di umili origini. A sua volta il giovane ha notato la bellezza e nobilt� di lei e la ama segretamente. Ghismunda a questo punto trova il modo di incontrare in modo discreto e privato il suo amato e lo avverte facendogli avere con l�astuzia un messaggio nascosto in una canna di bamb�. La camera della giovane � collegata, mediante una scala segreta che tutti hanno dimenticato da tempo, ad una grotta scavata nel monte a ridosso del palazzo, in cui Guiscardo pu� calarsi con una corda per poi raggiungere le stanze dell�amata. I due giovani coronano cos� il loro amore e continuano a vedersi clandestinamente in diverse occasioni.

Un giorno per� Tancredi, secondo un�abitudine consolidata, va a trovare Ghismunda nelle sue stanze e, non trovandola, si siede ad aspettarla dietro un baldacchino, dove si addormenta. Nel frattempo Ghismunda, che non sospetta della presenza del padre, riceve in segreto Guiscardo. Tancredi si sveglia quando ormai il loro legame � evidente. Il principe, pur consapevole di quello che sta succedendo e profondamente addolorato, decide di restare nascosto per evitare lo scandalo e avere il tempo di decidere a mente fredda quali provvedimenti prendere.

Il principe decide quindi di arrestare Guiscardo e rinchiuderlo in una stanza con delle guardie che lo sorvegliano giorno e notte; poi comunica a Ghismunda di aver scoperto la sua tresca con un uomo che, oltre a non essere suo marito, � soprattutto di condizione inferiore, il che costituisce un�onta inaccettabile per un uomo tanto nobile quanto Tancredi. Ghismunda, pur temendo che Guiscardo sia gi� morto, mantiene un atteggiamento decoroso e controllato. In un lungo e accorato discorso, in cui dimostra la sua nobilt� d�animo e la sua eloquenza, confessa al padre il suo amore per il valletto, esaltandone la virt� e la grandezza interiore, che nulla hanno a che fare con la classe sociale inferiore cui appartiene. Ghismunda per altro insiste sul fatto che tutti gli uomini nascono uguali e che spesso la sorte ne cambia all�improvviso la condizione. Infine, ella lascia intendere al padre che ha intenzione di porre fine alla propria vita, qualora l�amante muoia.

Tancredi, accecato dalla sua folle gelosia e incapace di credere alla minaccia della figlia, comprende comunque di non potersi vendicare sulla figlia e decide di concentrare la propria crudelt� sul giovane. Ordina perci� alle sue guardie di strangolare Guiscardo e portargliene il cuore. Egli poi lo fa consegnare in una coppa d�oro alla figlia, accompagnato da una frase che chiarisce l�intento vendicativo del gesto. Ma Ghismunda, che temendo il peggio aveva gi� distillato delle radici velenose, dopo aver a lungo elogiato il suo amato e pianto la sua morte, versa la fiala di veleno sul cuore dell�amato e da l� la beve. Sul letto accostando il cuore dell�amante al suo, aspetta la morte. Le ancelle di Ghismunda corrono quindi a informare dell�accaduto Tancredi, il quale corre al capezzale della figlia: ma � ormai troppo tardi. Ghismunda, come suo ultimo desiderio, chiede al padre di seppellirla al fianco di Guiscardo; poi spira. Tancredi, pentitosi troppo tardi della propria crudelt�, fa seppellire i due amanti nella stessa tomba.

 

Analisi e commento

 

L�elemento strutturale preminente nella novella � quello cortese, tipico della letteratura romanzesca e della poesia lirica, soprattutto occitanica. I valori di quella tradizione rappresentano per il mondo borghese cui appartiene Boccaccio la sfera ideale, sebbene per lo pi� non realistica, cui tendere come modello esistenziale e sociale. Gli aspetti pi� caratteristici riproposti nel racconto sono:

il rapporto determinante tra esperienza amorosa ed elevazione morale, che contraddistingue entrambi gli amanti;

la contrapposizione tra nobilt� di sangue e nobilt� d�animo, importantissima anche nell�orizzonte stilnovistico, ben noto all�autore;

diversi spunti tematico-narrativi, come la presenza della caverna e le difficolt� anche fisiche che il giovane deve affrontare per incontrare l�amata - che ricordano la tradizione delle prove d�amore -, oppure il tema topico del cuore strappato all�amato e consegnato all�amante, o infine l�immagine di un amore che rende ciechi, tanto che i due protagonisti non si accorgono di essere osservati tanta � la gioia di essere insieme.

 

Appaiono invece tipicamente boccacciani sia l�importanza della Fortuna nelle sorti degli amanti, scoperti per caso, sia la caratterizzazione realistica del personaggio femminile: Ghismunda � infatti una donna forte, coraggiosa, dignitosa, intelligente, capace di prendere l�iniziativa e di trovare un modo per realizzare ci� che desidera, e soprattutto eloquente (cio�, una delle doti che maggiormente Boccaccio dimostra di apprezzare). Guiscardo, per quanto rimanga in secondo piano, � un personaggio affine, per nobilt� e virt�. In netto contrasto si trova invece Tancredi, figura complessa ed incoerente, che al confronto con la lineare coerenza degli affetit di Ghismunda,  rivela un irrisolvibile contrasto interiore: egli � infatti un principe virtuoso ma un padre vendicativo, capace di ammirare la grandezza della figlia ma anche incline ad un amore morboso - e quasi incestuoso - nei suoi confronti. Questa contrapposizione riproduce la discrepanza tra due mondi, due concezioni diverse: l�apertura al nuovo e il senso del moderno della giovent� da una parte, l�aristocrazia chiusa e superba, incapace di cambiare se stessa, dall�altra.

Anche l�amore � presentato in termini molteplici e complessi: da una parte l�istinto naturale che non pu� essere arginato dall�esterno, cio� l�amore sensuale, alla cui forza non � possibile resistere. Dall�altra l�amore che non presta attenzione ai criteri economici e sociali, ma solo alla dimensione interiore e spirituale, dunque nobile e puro. Infine, l�amore tragico e contrastato di Ghismunda e l�alto valore retorico del suo discorso ricordano quelli di Francesca nel canto quinto dell�Inferno di Dante 1: in entrambi i casi si parla infatti di donne nobili e colte che hanno ceduto alla passione amorosa, bench�, si noti bene, Boccaccio non condanni assolutamente la sua Ghismunda, come invece Dante fa con Paolo e Francesca.

 

 

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