L.MERCANTINI:LA SPIGOLATRICE DI SAPRI

L.MERCANTINI:LA SPIGOLATRICE DI SAPRI

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LUIGI MERCANTINI

LA SPIGOLATRICE DI SAPRI

 

LA SPIGOLATRICE DI SAPRI

 

LUIGI MERCANTINI

 

     Eran trecento: eran giovani e forti:

          E son morti!

 

     Me ne andava al mattino a spigolare

Quando ho visto una barca in mezzo al mare:

5Era una barca che andava a vapore,

E issava una bandiera tricolore.

All�isola di Ponza si � fermata,

� stata un poco, e poi s�� ritornata;

S�� ritornata, e qui � venuta a terra;

10Sceser con l�armi, e a noi non fecer guerra.

 

     Eran trecento: eran giovani e forti:

          E son morti!

 

     Sceser con l�armi, e a noi non fecer guerra,

Ma s�inchinaron per baciar la terra:

15Ad uno ad uno li guardai nel viso;

Tutti aveano una lagrima ed un sorriso:

Li disser ladri usciti dalle tane,

Ma non portaron via nemmeno un pane;

E li sentii mandare un solo grido:

20� Siam venuti a morir pel nostro lido! �

 

     Eran trecento: eran giovani e forti:

          E son morti!

 

 

     Con gli occhi azzurri e coi capelli d�oro

Un giovin camminava innanzi a loro;

25Mi feci ardita, e presol per la mano,

Gli chiesi: � Dove vai, bel capitano?

Guardommi, e mi rispose: � O mia sorella,

Vado a morir per la mia Patria bella! �

Io mi sentii tremare tutto il core,

30N� potei dirgli: � V�aiuti il Signore! �

 

     Eran trecento: eran giovani e forti:

          E son morti!

 

     Quel giorno mi scordai di spigolare,

E dietro a loro mi misi ad andare:

35Due volte si scontrar con li gendarmi,

E l�una e l�altra li spogliar dell�armi:

Ma quando f�r della Certosa ai muri,

S�udirono a suonar trombe e tamburi;

E tra il fumo e gli spari e le scintille

40Piombaron loro addosso pi� di mille.

 

     Eran trecento: eran giovani e forti:

          E son morti!

 

     Eran trecento, e non voller fuggire;

Parean tremila e vollero, morire:

45Ma vollero morir col ferro in mano,

E innanzi ad essi correa sangue il piano.

Finch� pugnar vid�io, per lor pregai;

Ma a un tratto venni men, n� pi� guardai...

Io non vedeva pi� fra mezzo a loro

50Quegli occhi azzurri e quei capelli d�oro!...

 

     Eran trecento: eran giovani e forti:

          E son morti!

 

Delicata e insieme popolaresca, opera di uno tra i pi� noti rappresentanti della lirica patriottica risorgimentale, questa ballata, di atmosfera tardoromantica, rivela l�ispirazione pi� sincera e spontanea di Luigi Mercantini. La vicenda � quella, tragica, della spedizione di Carlo Pisacane e dei suoi compagni che, illudendosi di suscitare una rivolta popolare � come tre anni dopo riuscir� invece a Garibaldi � vanno incontro a una catastrofe dovuta, pi� che alle soldatesche borboniche, all�ignoranza feroce delle masse contadine; ferito e sconfitto, Pisacane si toglier� la vita. Le cinque strofe di quattro distici di endecasillabi in rima baciata sono introdotte e concluse da un ritornello universalmente noto, composto da un endecasillabo e un quinario anch�essi a rima baciata, che ne sottolineano la cadenza epica e funebre.

 

Fin dall�inizio ci si pu� render conto dell�enfasi con cui il poeta ricorda questo evento: i compagni di Pisacane, infatti, furono assai meno dei trecento rievocati nel primo verso. Solo ventisette, furono le vittime. Probabilmente il numero assume una connotazione leggendaria e simbolica: sembra quasi rievocare i trecento spartani morti alle Termopili .

Quello che colpisce al primo impatto con questa lirica � l�uso delle reiterazioni (eran � eran; una barca � era una barca; ritornata � ritornata) che producono gli effetti tipici della narrazione epico-cavalleresca. Nel terzo verso il riferimento al tricolore contribuisce a dare il doveroso tono patriottico alla poesia, con l�accenno storico seguente ad uno sbarco di Pisacane all�isola di Ponza in cui, effettivamente, il capo-spedizione si ferm� per liberare i detenuti e �arruolarli� nel suo piccolo ma valoroso esercito.

Nell�ultimo verso della prima strofa quel a noi non fecer guerra chiarisce l�intento di Pisacane che stava tentando di liberare il popolo dall�oppressione borbonica.

 

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Sceser con l�armi, e a noi non fecer guerra,

ma s�inchinaron per baciar la terra.

Ad uno ad uno li guardai nel viso:

tutti avevano una lacrima e un sorriso.

Li disser ladri usciti dalle tane:

ma non portaron via nemmeno un pane;

e li sentii mandare un solo grido:

Siam venuti a morir pel nostro lido.

 

Dopo la reiterazione del verso iniziale, che si ripete, a mo� di ritornello, nell�incipit di ogni strofa, si pu� notare la ripresa dell�ultimo verso della precedente che contribuisce ad offrire alla poesia quella musicalit� di cui si � gi� detto. Segue poi il gesto degli uomini che scendono dalla barca e baciano la terra con quella lacrima e quel sorriso che esprimono e visualizzano in modo elementare il sentimento di commozione che anima i trecento. La spigolatrice vede con i suoi occhi l�onest� di questa gente che non porta via nemmeno un pane e che, anzi, si dichiara pronta a morire per liberare quelle terre.

 

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Con gli occhi azzurri e coi capelli d�oro

un giovin camminava innanzi a loro.

Mi feci ardita, e, presol per la mano,

gli chiesi: � dove vai, bel capitano? -

Guardommi e mi rispose: � O mia sorella,

vado a morir per la mia patria bella. -

Io mi sentii tremare tutto il core,

n� potei dirgli: � V�aiuti �l Signore! -

 

Ed ecco che agli occhi della giovane spigolatrice scompaiono gli altri duecentonovantanove. Solo uno di quegli eroi giovani e forti cattura la sua attenzione: biondo, con gli occhi azzurri, cammina davanti agli altri, assumendo l�aspetto e il portamento del loro capitano. La giovane viene a sapere che la missione che comanda � volta alla libert� della patria per la quale lui e i suoi compagni sono pronti a morire. Le parole del capitano provocano un tremito nella giovane che non riesce nemmeno, per l�emozione, a rivolgere loro una preghiera, l�invocazione dell�aiuto divino.

 

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Quel giorno mi scordai di spigolare,

e dietro a loro mi misi ad andare:

due volte si scontraron con li gendarmi,

e l�una e l�altra li spogliar dell�armi.

Ma quando fur della Certosa ai muri,

s�udiron a suonar trombe e tamburi,

e tra �l fumo e gli spari e le scintille

piombaron loro addosso pi� di mille.

 

Il fervore con cui i trecento si avviano a combattere per la patria � talmente forte e autentico da indurre la spigolatrice a seguirli, abbandonando, per quel giorno, la consueta attivit�. Ma la fortuna sembra non assistere il drappello di soldati improvvisati: i gendarmi li respingono per due volte e, giunti alla Certosa, con squilli di trombe, rulli di tamburi, in un�atmosfera che si accende dei lampi prodotti dalle armi e dal fumo causato dagli spari, i giovani valorosi vengono travolti da un numero ben pi� consistente di soldati borbonici.

 

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Eran trecento non voller fuggire,

parean tremila e vollero morire;

ma vollero morir col ferro in mano,

e avanti a lor correa sangue il piano;

fin che pugnar vid�io per lor pregai,

ma un tratto venni men, n� pi� guardai;

io non vedeva pi� fra mezzo a loro

quegli occhi azzurri e quei capelli d�oro.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

 

L�eroismo di questi patrioti si concretizza in quel non voller fuggire, in quel vollero morire, ripetuto nel verso successivo con l�elisione del verbo, in quel sangue che correa, tingendo tutto il piano, in quel pugnar col ferro in mano che denota il coraggio ma nello stesso tempo l�inutilit� del sacrificio umano. La spigolatrice prega per il giovane biondo dagli occhi color del cielo e per i suoi compagni di sventura: anche le sue orazioni, per�, sono inutili. Quando si rende conto che quegli occhi azzuri e quei capelli d�oro sono scomparsi alla sua vista, si sente mancare e non ha pi� il coraggio di guardare. Di fronte ai suoi occhi non c�� pi� l�immagine di un amore inutilmente vagheggiato, c�� il quadro, desolato ed inquietante, di una carneficina: Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

 

Figure retoriche: La Spigolatrice di Sapri

Li disser ladri usciti dalle tane, METAFORA (ladro=animale)

Pi� di mille - iperbole

E son morti! RIPETIZIONE

 

Parafrasi:

Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. Un giorno io andavo a spigolare e vidi una barca a vapore in mezzo al mare, aveva uan bandiera tricolore. Si ferm� all'isola di Ponza e poi ripart�; attracc� di nuovo a terra e gli uomini scesero armati, ma non ci fecero alcun male.

Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. gli uomini scesero armati, ma non ci fecero alcun male, anzi si inchinarono per baciare la terra. Li guardai in viso ad uno ad uno: tutti piangevano e sorridevano. Dissero che erano ladri usciti dai loro nascondigli, ma non ci portarono via nemmeno una pagnotta. Io li sentii urlare tutti insieme "Siamo venuti a morire per la nostra terra".

Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. Un giovane biondo e con gli occhi azzurii camminava davanti a loro. Osai e gli chiesi, prendendogli al mano: " Dove vai, bel capitano?". Mi guard� e mi rispose: "sorella, vado a morire epr la mai bella patria" e io potei dirgli solo "Il Signore vi aiuti".

Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. Quel giorno mi scordai di spigolare e li seguii: due volte ebbero uno scontro con l'esercito ed entrambe le volte li disarmarono. Ma quando arrivarono davanti alle mura della Certosa, si sentirono suonare trombe e tamburi, e tra fumo, spari e scintille li assalirono pi� di 1000 uomini.

Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. erano 300 e non vollero fuggire, sembravano 3000 e non vollero fuggire; ma vollero morire con la spada in mano e la pianura davanti a loro era coperta di sangue. Finch� li vidi combattere pregai per loro, ma ad un tratti svenni e non vidi pi� nulla. Non vidi pi� in mezzo a loro uei capelli biondi e queglo occhi azzurri. Erano 300 erano giovani e forti e sono morti.



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