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Io fu' 'n su l'alto e 'n sul beato monte |
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CINO DA PISTOIA
Io fu' 'n su l'alto e 'n sul beato monte,
ch'i' adorai baciando 'l santo sasso;
e caddi 'n su quella petra, di lasso,
ove l'onesta pose la sua fronte,
e ch'ella chiuse d'ogni vert� il fonte
quel giorno che di morte acerbo passo
fece la donna de lo mio cor, lasso,
gi� piena tutta d'adornezze c�nte.
Quivi chiamai a questa guisa Amore:
�Dolce mio iddio, fa che qui mi traggia
la morte a s�, ch� qui giace 'l mio core�.
Ma poi che non m'intese 'l mio signore,
mi diparti' pur chiamando Selvaggia;
l'alpe passai con voce di dolore.
Sonetto CXXIII del "Canzoniere" di Cino da Pistoia. Si parla di Selvaggia Virgolesi, la donna amata e celebrata nella lirica di Cino, e dell'Appennino pistoiese che la tradizione vuole essere il castello di Sanbuca in alto Reno, luogo in cui mor� Selvaggia. L�occasione del sonetto(schema ABBA ABBA con rime incrociate CDC CDC con due sole rime rispettivamente replicate) � data dalla vista del sepolcro di Selvaggia; il ricordo della donna spinge il poeta ad invocare Amore affinch� gli conceda di morire e di porre fine alla sua disperazione. Ma Amore non lo ascolta ed al poeta non resta che prolungare all�infinito, con la voce della poesia,la propria sofferenza.
Io mi recai sulla montagna alta baciando la sacra tomba di lei e caddi di schianto su quella pietra dove la donna amata reclin� la sua fronte, e dove ella fece inaridire la sorgente di ogni virt� nel giorno in cui la signora del mio cuore comp� il crudele passaggio della morte, lei fornita di ogni perfetta bellezza.Lass� invocai Amore:O mio dolce dio, fai s� che mentre mi trovo qui la morte mi prenda con s�, poich� qui giace il mio cuore. Ma dal momento che il mio signore non mi esaud�, mi allontanai continuando ad invocare Selvaggia; passai le montagne sempre lamentandomi.