LEOPARDI : LA GINESTRA


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LEOPARDI : LA GINESTRA

 

Leopardi con La Ginestra  conferma il  suo pensiero filosofico  ed d� praticamente il suo testamento spirituale. Nella canzone si parla della coraggiosa e allo stesso tempo fragile resistenza, che la ginestra oppone alla lava del Vesuvio, il monte sterminatore, simbolo della natura crudele e distruttiva. Il delicato fiore coraggiosamente risorge sulla lava pietrificata, e con la fragranza dei suoi arbusti sembra rallegrare queste lande desolate. Ma il suo destino � tragicamente segnato da una nuova eruzione, capace di annullare non solo la sua consolante presenza ma � ben pi� drammaticamente � la presenza dell�uomo in questi luoghi. La ginestra diviene simbolo della condizione umana. Leopardi in questo canto mette in contrapposizione la smisurata potenza della Natura con la debolezza e fragilit�, quasi impotenza, del genere umano: da un lato la Natura che tutto pu� e dall�altro l�uomo che deve subire ci� che la divinit� superiore con i suoi �decreti� ha stabilito per lui; l�inesorabile inimicizia della Natura nei confronti degli uomini in contrasto con la ridicola superbia degli uomini che, pur non essendo nulla, si credono padroni e signori della terra e dell�universo.L'uomo deve essere capace di reagire alle diversit� dell'esistenza come la ginestra , che si piega ma sa reagire e ricrescere.
Agli intellettuali spetta il compito di favorire questa presa di coscienza, favorendo l�alleanza tra tutti gli uomini che devono impegnarsi a costruire una rete di solidariet� e di soccorso reciproco.

Il canto pu� essere suddiviso in base alle 7 strofe che lo compongono:
1.La ginestra  � ginestra simbolo della poesia (versi 17-51)
2.invettiva contro la cultura dominante (versi 52-86)
3.stoltezza e nobilt� dell�uomo �  (vv. 87-157)
4.piccolezza dell�uomo, precariet� della condizione umana � (versi 158-201)
5.cecit� della natura cieche e inesorabili sono le forze naturali che casualmente distruggono i viventi nella morte: in ogni caso la Natura segue impassibile il suo eterno corso (versi 202-236)
6.potenza e insensibilit� della natura: non solo sul nuovo, ma anche sulle rovine incombe minacciosa la Natura (versi 237-296)
7.umilt� e saggezza dell�uomo illuminato (versi 297-317)

Forma metrica: Canzone libera composta di sette stanze libere di diversa dimensione e, spesso, rime al mezzo.

I strofa � parafrasi

Qui sulla pendice (schiena) riarsa del tremendo
(formidabil, latinamente �spaventevole�)
distruttore (sterminator) monte Vesuvio (Vesevo, latinismo),
che nessun altro tipo di vegetazione allieta,
spargi i tuoi cespi solitari intorno, profumata ginestra,
appagata dai deserti (mostrando di non sdegnare i deserti,anzi
quasi di prediligerli). Ti vidi un�altra volta
abbellire con i tuoi steli anche le solitarie campagne che
circondano Roma (la cittade)
la quale citt� (Roma) fu un tempo dominatrice di popoli,
e sembra che (par che) (le contrade)
con il loro cupo e silenzioso aspetto testimonino e
ricordino al viandante (passeggero) il grande impero perduto.
Ti rivedo ora in questo suolo tu che sei amante
di luoghi tristi e abbandonati dal mondo,
e sempre compagna di grandezze decadute.
Questi campi cosparsi
di ceneri sterili e ricoperti
dalla lava solidificata (impietrata),
che risuona sotto i passi del viandante,
dove si annida e si contorce al sole
sotterranea il serpente, e dove all�abituale tana
torna il coniglio;
furono (la serie fur�fur�fur� sottolinea e oppone)
prosperi e campi incolti, e biondeggiarono di messi,
e risuonarono di muggiti di mandrie;
furono giardini e ville sontuose,
all�ozio dei potenti soggiorno gradito (poich� queste
citt� erano stazioni turistiche); e furono citt� famose
che il vulcano indomabile, vomitando (fulminando: spargendo
lava) torrenti di lava dalla sua bocca di fuoco (ignea)
distrusse insieme con i loro abitanti.
Ora invece una sola rovina avvolge tutto quanto (involve),
l� dove tu dimori, o fiore gentile e, quasi
compiangendo (commiserando) le altrui miserie,
emani un profumo dolcissimo che sale verso il cielo e
che consola questo luogo di desolazione. Venga in questi
luoghi colui che suole elogiare (esaltar con lode, esaltare
con enfasi, con convinzione cieca) la nostra umana condizione
(il nostro stato) e guardi quanto la natura benigna, amorevole
(amante, detto con sarcasmo) si curi del genere umano. E qui
potr� anche giudicare esattamente la potenza (possanza)
del genere umano, che la natura, crudele nutrice,
quando l�uomo meno se lo aspetta (ov�ei men teme),
con una scossa impercettibile in parte
distrugge in un momento e pu� con scosse un po�
meno lievi annientare del tutto all�improvviso (subitamente).
Su questi pendii sono rappresentate
le sorti splendide e in continuo progresso
dell�umanit� (la citazione proviene dalla dedica che il cugino
del poeta, Terenzio Mamiani, premetteva agli Inni Sacri).


Parafrasi vv.
111-135
Nobile creatura � (al contrario) quella che ha
il coraggio di guardare (a sollevar s�ardisce
gli occhi mortali) in faccia il destino
umano (comun fato) e apertamente (con franca lingua),
senza togliere nulla al vero,
ammette il male che ci � stato dato in sorte
e la nostra insignificante e fragile condizione;
� quella (con richiamo al verso 111, cio� quella natura)
che si rivela grande e forte nelle sofferenze,
e non aggiunge alle sue miserie gli odi e le ire fraterne,
pi� gravi ancora di ogni altro danno,
incolpando l�uomo del suo dolore,
ma d� la colpa a quella che � davvero responsabile
(� rea), che � madre dei mortali perch� li ha generati,
ma matrigna nella volont� (per il trattamento che riserva loro).
Chiama nemica costei (la natura),
e pensando che contro costei sia unita (congiunta),
come realmente � (siccome � il vero), e ordinata fin dalla sua
prima origine, la societ� umana (l�umana compagnia)
ritiene (estima) che tutti gli uomini siano alleati fra loro,
e tutti abbraccia con amore vero,
prestando valido e sollecito aiuto
e aspettandolo (a seconda delle circostanze) nei pericoli
che minacciano or gli uni or gli altri e nelle sofferenze della lotta
che li accomuna (di tutti gli esseri umani contro la natura).



V strofa � parafrasi

Come un piccolo frutto, in autunno inoltrato,
la sola maturazione, senza il concorso di
altre forze (maturit� senz�altra forza) fa
precipitare a terra, e cadendo schiaccia,
annienta e sommerge (copre)
in un attimo i nidi scavati nel molle terreno
dalle formiche con grande fatica e lavoro
e provviste che quella gente laboriosa (l�assidua gente,
le formiche) avevano accumulato con previdenza, a gara,
durante l�estate; allo stesso modo le tenebre
ed una valanga (ruina) di ceneri,
di rocce laviche (pomici) e di pietre,
miste a ruscelli di lava (bollenti)
piombando dall�alto,
(dopo esser stata) scagliata
verso il cielo dalle viscere fragorose
(utero tonante) del vulcano,
oppure un�immensa piena di
massi liquefatti, e di metalli e
di sabbia (arena) infuocata,
scendendo furiosa tra l�erba lungo
il pendio della montagna,
sconvolse (confuse),
distrusse (infranse) e ricopr� (ricoperse)
in pochi istanti le citt� che il mare lambiva l� sulla costa:
per cui su quelle (citt�) ora pascola la capra,
e nuove citt� sorgono dall�altra parte sopra quelle sepolte
(a cui sgabello son le sepolte) e l�alto monte quasi
calpesta con il suo piedele mura cadute (prostrate mura).
La natura non nutre pi� attenzione, n� maggiore considerazione
per la specie umana (seme dell�uom) che per la formica,
e se avviene che le stragi sono meno frequenti tra
gli uomini che tra le formiche, ci� dipende solo dal fatto
che la stirpe degli uomini � meno feconda (cio� gli uomini
sono meno numerosi delle formiche: � dunque una questione statistica.)




VII strofa � parafrasi
E tu, flessibile (lenta � � attribuito da Virgilio nelle Georgiche:
lentae genistae) ginestra, con i tuoi cespugli profumati adorni
queste campagne desolate (� un�immagine simbolica: il fatto che
la ginestra allieti del suo profumo rappresenta il conforto che
poeta e la poesia arrecano nella deserta desolazione della vita).
anche tu (come il poeta, similitudine poeta=ginestra) presto
soccomberai alla crudele prepotenza del vulcano, la cui lava
(sotterraneo foco)tornando al luogo gi� altra volta visitato
(per questo gi� noto) stender� il suo mantello avido di morte
(avaro) sulle tenere selve di ginestre. E tu, senza opporre
resistenza (perch� vana) piegherai (con dignit�) il tuo capo
innocente sotto il peso della lava (fascio mortal): ma senza
averlo piegato prima (riferito a v.306) inutilmente (indarno)
dinnanzi all�oppressore futuro (in futuro � l�idea di un nemico
sempre in agguato), ma neanche levato con folle orgoglio fino
alle stelle o nel deserto dove, tu sei nata e hai dimora non per
tua volont�, ma per caso fortuito; ma pi� saggia, e certamente
meno insensata (inferma, nel senso di insicura) dell�uomo, in
quanto non hai mai avuto la presunzione di ritenere le tue stirpi
immortali per merito tuo o del destino. Il verso finale, che si
riferisce sintatticamente alla ginestra, � invece rivolto all�uomo.
 
Fonti:laprofonline.wordpress.com

 

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