GUIDO CAVALCANTI


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I’ vegno il giorno a te infinite volte
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GUIDO CAVALCANTI


I’ vegno il giorno a te infinite volte


I’ vegno il giorno a te infinite volte
e trovoti pensar troppo vilmente:
molto mi dol de la gentil tua mente
4e d’assai tue vertù che ti son tolte.

Solevanti spiacer persone molte,
tuttor fuggivi l’annoiosa gente;
di me parlavi sì coralmente,
8che tutte le tue rime avie ricolte.

Or non ardisco per la vil tua vita
far mostramento che tuo dir mi piaccia,
11né in guisa vegno a te che tu mi veggi.

Se ’l presente sonetto spesso leggi,
lo spirito noioso che t’incaccia
14si partirà da l’anima invilita.




IO vengo a te col pensiero molte volte durante il giorno e tu hai pensieri molto bassi: mi dispiace molto che il tuo animo nobile sia sprecato talmente. Eri solito non avere in simpatia molti uomini, continuamente ti allontanavi da chi è noioso; parlavi di me con così tanto affetto che avrei raccolto tutte le tue poesie. Ora non oso mostrarti che la tua poesia mi piaccia, visto che ora vivi una vita ignobile, e vengo senza farmi vedere da te. Se leggi questa mia poesia, forse ti farò tornare allegro.

Sonetto (abba abba; cde edc) di
Guido Cavalcanti a Dante. I temi proposti si riducono a tre: l'attuale ‛ viltà ' di Dante, come un suo venir meno a un ideale di " gentilezza " aristocratica ; la conseguente ‛ noia ', che perseguita Dante spingendolo ad accontentarsi della compagnia dei mediocri ; l'estinguersi del
legame di amicizia fra i due poeti .

 


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