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CECCO ANGIOLIERI
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I SONETTI DELL'AUTORE
I
SONETTI DI CECCO
Nel ' 200, accanto agli Stilnovisti, fior� in Toscana una corrente poetica di carattere popolareggiante che si compiacque di descrivere gli aspetti pi� consueti della realt� riflettendo la vita di ogni giorno e i sentimenti nella loro schietta immediatezza, talora brutalit�, in netto contrasto con la raffinatezza propria del Dolce Stil Novo.
La vita comunale, le consuetudini giocose delle " allegre brigate", le liti, le rappacificazioni tra innamorati, il vizio della gola e del gioco, insomma la vita cos� com'�, si manifesta nei poeti cosiddetti realistici. Essi sono un esempio di poesia popolaresca, dal linguaggio grossolano che devono divertire molto il popolo frequentatore di osterie e taverne. Di questa vena poetica befferda ricordiamo: RUSTICO FILIPPI, FOLGORE DA SAN GIMINIANO e il pi� famoso CECCO ANGIOLIERI.
Cecco Angiolieri nasce a Siena attorno al 1260, da una ricca famiglia di banchieri; si hanno poche notizie sulla sua vita, che comunque fu piuttosto movimentata e violenta.
Sua madre fu monna Lisa de' Salimbeni, appartenente dunque a una delle pi� nobili, cospicue e potenti famiglie del Comune; suo padre Angioliero, a sua volta figlio di quell'Angioliero detto Sol�fica (cio� Serafica) che fu per alcuni anni banchiere di Gregorio IX, era fra le personalit� pi� in vista della vita politica ed economica di Siena. Entrambi entrarono nell'ordine dei Cavalieri di Santa Maria (indicati poi col satirico nome di Frati Gaudenti), del quale potevano far parte anche i coniugati.
In un ambiente cos� fatto Cecco crebbe e si form� secondo i modi d'allora e volto a impossessarsi della cultura vigente (in particolar modo le arti del trivio e del quadrivio), come rivela e documenta la sua produzione poetica. Milita come alleato dei Fiorentini contro Arezzo nel 1288, e qui probabilmente conosce Dante, che sfida a una tenzone di sonetti. Nel 1281 era fra i senesi che militavano contro i ghibellini asserragliati nel castello di Turri di Maremma, e fu pi� di una volta multato per essersi allontanato dal campo senza la dovuta licenza. Lo troviamo ancora colpita da multe in citt� l'anno successivo (1282), ed esattamente l'11 luglio, per essere stato trovato ancora in giro di notte dopo il terzo suono della campana del Comune. Altra multa gli fu comminata nel 1291 in circostanze analoghe.
Sono questi gli anni ai quali risale pressoch� per intero la sua produzione poetica, almeno quella che ci � pervenuta. Dovrebbe esser questo anche il periodo in cui un oscuro rimatore, un certo Simone, si volge a lui come a maestro (son. 112) e in cui fiorisce l'amicizia (che poi doveva dimostrarsi assurda) con Dante Alighieri. Non � improbabile che i due si fossero conosciuti anche di persona in occasione della guerra contro Arezzo, anzi documento probante ne potrebbe essere il son. 109 (Lassar vo' lo trovare di Becchina), inviato da Cecco a Dante fra il 1289 e il 1294, nel quale si parla d'un vanesio e vile " mariscalco " certamente noto a entrambi e di entrambi oggetto di riso (Amerigo di Narbona, anch'egli fra i combattenti della guerra d'Arezzo). Anteriore al 1293-1294 sar� anche da tenere il secondo episodio di questa amicizia (son. 110), riguardante certe troppo sottili e compiaciute accuse di incoerenza rivolte da Cecco al sonetto dantesco Oltre la spera prima che questo fosse incluso nell'ordito della Vita Nuova (al cap. XLI); mentre il terzo episodio, che denuncia inequivocabilmente la violenta frattura fra i due e che � documentato dal son. 111 (Dante Alighier, s'i' so' bon begolardo) nella sua tessitura prorompente di sarcastiche contumelie, va fissato al 1303-1304, come risulta dal v. 8: "S'eo so' fatto romano, e tu lombardo ". Si allude certo qui al primo esilio di Dante a Verona presso Bartolomeo della Scala ("e tu lombardo"); ma se ne ricava analoga notizia per Cecco, che doveva essere esule a Roma (o s'eo so' fatto romano), dov'egli secondo una notizia di Celso Cittadini, per altro poco attendibile, sarebbe dimorato in casa del cardinale senese Riccardo Petroni. Purtroppo non ci sono giunti i tre sonetti che Dante verosimilmente avr� scritti in tenzone con quelli ora ricordati dell'Angiolieri. Anche un'altra volta Cecco fu lontano da Siena, e probabilmente per ragioni politiche, dacch� egli, per indicare il desiderio di ritornarvi, usa la parola " ribandito ", termine tecnico per significare il richiamo in citt� di chi ne era stato bandito: ",s'i' veggia '1 d� sia 'n Siena ribandito" (son. 32, 2); ma nulla di pi� se ne sa. Intanto nel 1302 l'Angiolieri vendeva a un tal Neri Perini del popolo di Sant'Andrea una sua vigna per settecento lire; ed � questo l'ultimo documento d'archivio nel quale Cecco � nominato ancor vivo, perch� nel successivo documento che lo riguarda e che � del 25 febbraio del 1313, egli compare come gi� morto. In esso i numerosi figli di lui, che dunque si era sposato e aveva messo su famiglia, Meo, Deo, Angioliero, Arbolina e Sinione (un'altra figlia, Tessa, era gi� emancipata), rifiutano l'eredit� paterna perch� eccessivamente gravata di debiti. Se ne deduce che l'Agiolieri doveva esser morto poco innanzi.
Uomo frivolo e spensierato, disordinato e dissipatore, ebbe come ideale di vita tre cose solamente, la donna, la taverna e il dado (sono parole dello stesso Angiolieri); tuttavia ci ha lasciato un ricco canzoniere, dal quale risalta moltissimo anche il suo romanticismo di vita nell'amore per una Becchina, figlia di un cuoiaio. Nelle sue rime frequente � il motivo dell'odio verso i suoi genitori, velato da un profondo senso di malinconia. Cecco � sicuramente il pi� noto, e forse anche il pi� efficace, felice e fortunato rappresentante fra il Due e Trecento di quel genere di poesia, alla quale, con accezione rigorosamente scientifica, dovrebbe essere attribuita la denominazione di giocosa, o pi� comprensivamente di comico-giocosa, conforme alla mentalit� retorica dell'ultimo Medioevo e all'insegnamento delle Poetrie. Una poesia cio� d'argomento e di linguaggio realisticamente quotidiano e dialettale (" comico ") in toni scherzosi e burleschi (" giocoso "; di sernio iocosus, di materia iocosa discettavano i trattati di retorica). Siffatta poesia, pur nei suoi modi e aspetti municipalistici. non � soltanto comunale e toscana, ma, configurata tecnicamente com'essa era e cristallizzata scolasticamente, ricopre tutto il territorio delle letterature romanze, dal francese Rustebeuf allo spagnolo Bernardo Ruiz, dai Carmina buralla a tanti aspetti dei Fabliaux, delle Fratasies, delle Cantigas d'escarnho et de maldizer, ecc. f�no a certe punte addirittura della poesia provenzale. Essa rappresenta il fastidio e la saziet� dei modi aulici assai poveri del senso e del gusto della realt�; si richiama alla vivace variet� della vita in contrapposizione.
Pi� che autentica poesia, la critica moderna scorge nell'Angiolieri arte, genialit�, brio, sbrigliata caricatura..