A. ZANZOTTO :   COLLE DI GIANO

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ANDREA ZANZOTTO

 

 

COLLE DI GIANO
DI ZANZOTTO


Pigro l'asse già s'inclina al vuoto.
Il fiato mite dei bambini,
il sole a pochi passi ma agli ultimi confini,
i fiori e gli astri raggelati ai muri.
E umido quasi messo a nudo
d'entro un sonno d'argilla
- d'entro larghe mattine di fogliame –
già con brusio di muffe e muschi e minimi
uccelli
laggiù s'intenebra il lavoro.
Spuntano tombe e campane, dilaga
da lapidi e fronti troppo lisce
pace e sgomento. Forse
solo l'affanno e il gridio dei bambini
e la trombetta che scavalca i monti,
forse solo l'amore.


Oh come, come vi parlerò?
Ma forzo il cuore, forzo gli occhi a accendersi,
ad accendere vita.

Molto significativa questa poesia che si intitola “Colle di Giano” scritta da Zanzotto e pubblicata nel 1957.
L’opera, con strofe di diversa misura di versi svincolati da norme, tratta il tema della degradazione ambientale e sociale per l’evoluzione della città industrializzata. L’idea a Zanzotto nasce in un giorno autunnale dall’osservazione delle colline di Soligo, luogo ove ha mosso sempre i suoi passi. In ogni parte dei versi si nota una certa tristezza. La soluzione per venirne fuori risolvendo il problema del disastro forse, secondo il poeta, può essere data dai bambini, dalle nuove generazioni e dall’amore, ma intanto lui non deve abbandonare la presa ma deve utilizzare tutte le sue energie per comunicare sempre attraverso i versi il suo importante pensiero ai giovani.



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