A.MANZONI : IL NATALE


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IL NATALE

Qual masso che dal vertice

Di lunga erta montana,

Abbandonato all'impeto

Di rumorosa frana,

Per lo scheggiato calle

Precipitando a valle,

Batte sul fondo e sta;

 

 

L� dove cadde, immobile

Giace in sua lenta mole;

N�, per mutar di secoli,

Fia che riveda il sole

Della sua cima antica,

Se una virtude amica

In alto nol trarr�:

 

 

Tal si giaceva il misero

Figliol del fallo primo,

Dal d� che un'ineffabile

Ira promessa all'imo

D'ogni malor gravollo,

Donde il superbo collo

Pi� non potea levar.

 

 

Qual mai tra i nati all'odio

Quale era mai persona

Che al Santo inaccessibile

Potesse dir: perdona?

Far novo patto eterno?

Al vincitore inferno

La preda sua strappar?

 

 

Ecco ci � nato un Pargolo,

Ci fu largito un Figlio:

Le avverse forze tremano

Al mover del suo ciglio:

All'uom la mano Ei porge,

Che si ravviva, e sorge

Oltre l'antico onor.

 

 

Dalle magioni eteree

Sporga una fonte, e scende

E nel borron de' triboli

Vivida si distende:

Stillano mele i tronchi;

Dove copriano i bronchi,

Ivi germoglia il fior.

 

 

O Figlio, o Tu cui genera

L'Eterno, eterno seco;

Qual ti pu� dir de' secoli:

Tu cominciasti meco?

Tu sei: del vasto empiro

Non ti comprende il giro:

La tua parola il fe'.

 

 

E Tu degnasti assumere

Questa creata argilla?

Qual merto suo, qual grazia

A tanto onor sortilla?

Se in suo consiglio ascoso

Vince il perdon, pietoso

Immensamente Egli �.

 

 

Oggi Egli � nato: ad Efrata,

Vaticinato ostello,

Ascese un'alma Vergine,

La gloria d'Israello,

Grave di tal portato:

Da cui promise � nato,

Donde era atteso usc�.

 

 

La mira Madre in poveri.

Panni il Figliol compose,

E nell'umil presepio

Soavemente il pose;

E l'ador�: beata!

Innanzi al Dio prostrata

Che il puro sen le apr�.

 

 

L'Angel del cielo, agli uomini

Nunzio di tanta sorte,

Non de' potenti volgesi

Alle vegliate porte;

Ma tra i pastor devoti,

Al duro mondo ignoti,

Subito in luce appar.

 

 

E intorno a lui per l'ampia

Notte calati a stuolo,

Mille celesti strinsero

Il fiammeggiante volo;

E accesi in dolce zelo,

Come si canta in cielo,

A Dio gloria cantar.

 

 

L'allegro inno seguirono,

Tornando al firmamento:

Tra le varcate nuvole

Allontanossi, e lento

Il suon sacrato ascese,

Fin che pi� nulla intese

La compagnia fedel.

 

 

Senza indugiar, cercarono

L'albergo poveretto

Que' fortunati, e videro,

Siccome a lor fu detto,

Videro in panni avvolto,

In un presepe accolto,

Vagire il Re del Ciel.

 

 

Dormi, o Fanciul; non piangere;

Dormi, o Fanciul celeste:

Sovra il tuo capo stridere

Non osin le tempeste,

Use sull'empia terra,

Come cavalli in guerra,

Correr davanti a Te.

 

 

Dormi, o Celeste: i popoli

Chi nato sia non sanno;

Ma il d� verr� che nobile

Retaggio tuo saranno;

Che in quell'umil riposo,

Che nella polve ascoso,

Conosceranno il Re.

 

L�inno inizia con una nota similitudine (presente gi� in Omero e Virgilio oltre che in un inno cristiano latino) in cui la caduta spirituale dell�uomo, per il peccato originale, � paragonata alla caduta di un masso lungo un pendio:

L�uomo giace in terra come un masso che, caduto dalla vetta (vertice) lungo il ripido pendio (lunga erta), franando rumorosamente lungo il irregolare solco (calle) precipita a valle e resta immobile (e sta � l�abbondanza di aggettivi e la forte accentuazione sull�ultima sillaba a chiusura del verso, rendono fonicamente e visivamente l�idea del precipitare del masso e della sua statica immobilit� del suo arrestarsi).

 

L� dove � caduto rimane immobile nella sua inerte (lenta) mole; non accadr� (fia) nel tempo (per mutar di secoli) che egli possa ritornare a vedere il sole della sua antica altezza (il sua denota l�umanizzazione del sasso) se non per un intervento benevolo (virtude amica) che lo riporti sulla vetta (in alto).

 

Cos� (tal � sottolinea il paragone tra l�inerte umanit� colpevole e l�inerte masso alla fine della caduta) giaceva l�uomo (misero � intende l�umanit� in generale caduta nell�abiezione del peccato), figlio del peccato originale (il fallo primo) dal giorno che un�inesprimibile (ineffabile � che non si pu� esprimere a parole; trascendente l�intelligenza umana) punizione promessa [da Dio ad Adamo e Eva] (ira promessa) oppresse (gravollo) l�uomo fino al fondo (imo � lat.) di ogni male. Percui non poteva pi� sollevare il superbo [il peccato originale fu un peccato d�orgoglio, in quanto cosciente violazione di un divieto divino e quindi un peccato di superbia] collo.

 

[La quarta strofa � caratterizzata da una serie di domande retoriche]

Quale (Qual/Quale - anafora) tra i nati dopo il peccato originale (nati all�odio � Dio non pu� che odiare il peccato)  poteva rivolgersi a Dio (Santo inaccessibile) per chiedere perdono, fare un nuovo patto (nuovo patto eterno � espressione biblica, intende patto d�amore con Dio) e strappare all�inferno vincitore la sua preda (cio� l�uomo che Satana era riuscito a far cadere in peccato).?

 

[Manzoni in questo verso annuncia la nascita del Salvatore attraverso la citazione di un passo biblico (Ecco�figlio �Isaia IX,6) e l�avvento della nuova speranza grazie all�incarnazione di Cristo.]

All�umanit� peccatrice � nato un bimbo, un figlio, al cui muovere delle ciglia tremano le forze avverse a Dio (avverse forze = dell�inferno). Questo bimbo (Ei) porge la mano all�uomo, lo risolleva dal peccato e lo riconcilia con Dio facendolo tornare all�antica considerazione (antico onor).

 

Dalle sedi celesti (magioni eteree) sgorga una fonte (della Grazia), e come l�acqua scorre nel burrone irto di rovi (nel borron de� triboli) e fa crescere (vivida si distende) frutti e fiori dove gli sterpi ricoprivano tutto (dove copriamo i bronchi), [cos� essa ristora e ricrea l�umanit� tribolata dal peccato].

[Il paesaggio descritto � di origine mediorientale, dove esistono letti di fiumi perlopi� secchi e quindi pieni di rovi e che si riempiono solo nella stagione delle piogge.]

 

 

O figlio [di Dio], tu (Tu/tu/tu - anafora) generato da Dio eterno (cui genera l�Eterno � il concetto teologico della relazione tra l�eternit� del figlio e quella del padre che � nata non coi secoli ma prima dei secoli e quindi trascende il tempo) ed eterno tu stesso [come Lui]; chi mai, [al di fuori di Dio] potr� vantarsi di essere nato assieme a te? [concetto della sovratemporalit� di Dio]

Tu esisti e nemmeno l�estensione del cielo pi� ampio (vasto empiro) pu� comprenderti [concetto della sovra spazialit� di Dio]. Il cielo stesso � creato dalla tua parola (la tua parola il fe�).

 

E tu ti sei umiliato a incarnarti nell�uomo (creata argilla � richiamo biblico alla creazione di Adamo). Quale merito o quale atto gradito a Dio (grazia) la elesse (sortilla) ad un cos� grande onore?

Se nei giudizi imperscrutabili di Dio (suo consiglio ascoso) il perdono vince [sulla vendetta] allora la sua piet� � veramente infinita.

 

Oggi Egli � nato a Betlemme (Efrata), luogo indicato nella profezia come luogo natale del Messia (vaticinato ostello) .

Sal� (ascese � Betlemme era su un colle) una donatrice di vita (alma) vergine [la Vergine Maria], gloria d�Israele, gravida di tale figlio (grave di tal portato). E� nato dalla stirpe da cui aveva promesso di nascere e dove era atteso secondo come la profezia. [del profeta Michea]

 

La  ammirabile (mira) madre ravvolse (compose) il figlio in poveri panni e nell�umile presepe lo adagi� (soavemente il pose); e l�ador�: beata! Prostrata davanti a Dio [che era figlio ma anche Dio padre] che le dischiuse il seno verginale (che il puro sen le apr�) [facendola madre del Redentore].

 

 

L�angelo che annuncia un cos� grande evento (nunzio di tanta sorte), non si rivolge alle sorvegliate (vegliate) porte dei potenti ma ai pastori devoti, ignorati dal mondo insensibile (al duro mondo ignoti), all�improvviso (subito) appare illuminato dalla luce divina.

 

E attorno a lui nella notte scesero dal cielo in gran numero (calati a stuolo) migliaia di angeli che si strinsero intorno a lui in quel volo di luce (fiammeggiante volo) e accesi di letizia angelica (dolce zelo) cantarono gloria a Dio come la si canta in cielo.

 

Continuarono (seguirono) il lieto inno tornando in cielo (firmamento): attraversando le nuvole si allontanarono e lentamente la musica sacra si affievol� salendo (ascese) finch� i pastori devoti (la compagnia fedel)  non udirono pi� nulla.

 

Senza indugiare cercarono la capanna (l�albergo poveretto) quei fortunati [perch� potevano andare ad adorare il Messia] e videro (videro�videro la ripetizione del verbo serve a dare efficacemente l�idea del rapimento estatico dei pastori) avvolto nei panni, adagiato in un presepe il pianto del Re del cielo (vagire il Re del Ciel � vi � un efficace accostamento tra umano e divino)

 

 [Le ultime due strofe sono modulate in forma di ninna nanna]

Dormi fanciullo, non piangere; dormi o fanciullo divino (celeste � del cielo): Non osino sopra il tuo capo sibilare (stridere) le tempeste [intese non tanto come avversit� della natura quanto come avversit� fisiche e morali] abituali sulla terra empia (empia perch� peccatrice), come cavalli in guerra che corrono davanti a te.

 

Dormi, o creatura celeste: i popoli non sanno chi � [appena] nato ma verr� il giorno in cui saranno tutti tuoi sudditi [nobile retaggio tuo saranno - quando la parola di Cristo si diffonder� nel mondo per opera degli apostoli]; e in quel misero rifugio ora riposa (umil riposo � nella mangiatoia dove il bambino riposa), e si nasconde nella polvere (nella polve ascoso) colui nel quale riconosceranno il [loro] Re .

 

Tra il luglio e il settembre del 1813 fu composto �Il Natale�, terzo Inno Sacro in ordine di composizione.

Il procedimento narrativo usato dal Poeta fa frequente ricorso a reminiscenze bibliche e liturgiche.

Tema dell�inno � l�evento della nascita di Cristo, e il suo carattere insieme di Grazia divina e di necessit� di redenzione dell�umanit� corrotta.

Pu� essere diviso in 4 parti: la parte iniziale come premessa esplicativa, l�apostrofe a Cristo, la parte narrativa e la conclusione.

Forma metrica: 16 strofe di sette settenari ciascuna.

Un diverso trattamento stilistico connota le due componenti tematiche (quella dogmatica dell�intervento della grazia divina come unica possibilit� di redenzione per l�umanit� traviata dal peccato originario e quella della descrizione dell�evento della nascita di Ges�):

il tema dogmatico (strofe 1-8) ha uno svolgimento pi� difficile con un frequente ricorso a figure retoriche (per esempio l�ampia similitudine iniziale che occupa 2 intere strofe) e riferimenti classici (danteschi e virgiliani soprattutto) evidenti sul piano lessicale per l�utilizzo di latinismi e arcaismi.

La narrazione storica (dal v.57) ha un andamento pi� facile e lineare, con una sintassi e un lessico di immediata lettura.

 

 

 

PARAFRASI

Come un masso di pietra, che cadendo dall�alto di un lungo ripido pendio (�lunga erta montana�, dove �erta� � un sostantivo) precipita a valle lungo la via scoscesa (�scheggiato calle�), e l� batte sul fondo e vi resta immobile (�sta�); e resta immobile nella sua inerte (�lenta�) pesantezza, n� per passare di secoli potr� mai pi�(�fia che�) rivedere il sole delle cime(il sole delle cime, nel paragone, rappresenta la grazia divina che l�uomo ha perduta) su cui stava un tempo (�cima antica�), se una potenza (�virtude�) benefica (�amica�) non lo trasporter� in alto: cos� giaceva l�uomo discendente da quell�Adamo che aveva commesso il peccato originale (�fallo primo�), dal giorno in cui una potente maledizione divina (�ineffabile ira promessa�: lo sdegno che Dio gli minacci� espellendolo dal Paradiso terrestre) lo aveva gettato nel fondo del male, da cui l�uomo non poteva pi� sollevarsi. Chi mai tra gli uomini, nati con la condanna e l�odio di Dio (�nati all�odio�), poteva intercedere presso Dio (�Santo inaccessibile�) e chiedergli il perdono per l�uomo? E stringere fra uomo e Dio un nuovo patto, fondato sulla Grazia? E strappare l�uomo all�inferno, che, per la colpa originale, aveva ormai fatto di lui una propria preda? Ma � nato Ges� (�un Pargolo�), ed egli unisce in s� le due nature, e con lui comincia per l�umanit� una nuova era felice: le forze dell�inferno, nemiche all�uomo, tremano, sconfitte, al solo muovere di un suo ciglio, a un solo suo cenno: Egli porte soccorrevole la mano all�uomo, e quello riprende coraggio (�si ravviva�), e si rialza, e sale ancora pi� in alto di quanto non fosse prima del peccato originale (�oltre l�antico onor�). Dai cieli (�magioni eteree�) scende una fonte di grazia per l�umanit� e si distende vivificatrice nel burrone irto di spini (�borron de� triboli�: cio� il mondo, inaridito dal peccato): gli alberi stillano miele, e dove prima vi erano spine (�bronchi�), spuntano fiori. O tu, figlio di Dio, generato da Dio eterno ed eterno tu stesso come Lui, chi mai, al di fuori di Dio, potr� vantarsi di essere nato assieme a te? Tu esisti: e tutto il cielo, nella vastit� infinita della sua circonferenza (�giro�), non ti abbraccia in s� (�comprende�): sei stato Tu a crearlo (�la tua parola il fe��). E Tu, che sei quale ho detto, ti sei degnato di rivestire la nostra carne mortale (�creata argilla�)? Quale merito degli uomini o quale grazie hanno concesso loro una sorte cos� felice e onorifica? Se ci� � accaduto solo perch� nell�intimo della mente per noi imperscrutabile di Dio (�in suo consiglio ascoso�), lo sdegno � stato vinto dalla volont� di perdono, bisogna concludere che Dio � immensamente misericordioso. Oggi Egli � nato: a Betlemme (�Efrata�), paese (�ostello�) che gi� il profeta Michea aveva predetto come patria del Messia (�vaticinato�), � salita una nobile Vergine (Maria), onore e gloria d�Israele, incinta di un tal figlio (�grave di tal portato�): [il Messia] � nato dalla stirpe da cui aveva promesso di nascere (quella ebraica, come scritto nell�Antico Testamento), � venuto alla luce da dove era atteso (a Betlemme). La mirabile madre copr� (�compose�) il suo figlio di poveri panni, e lo stese con grazia garbata (�soavemente�) nell�umile mangiatoia (�presepio�), e poi gli si pieg� dinanzi adorandolo, prostrata dinanzi a Lui che le era s� figlio, ma era anche quel Dio Padre che aveva reso materno il suo grembo verginale. L�Angelo, che deve annunziare agli uomini un evento di tali conseguenze per essi (�tanta sorte�), non si rivolge alle porte dei potenti (�vegliate�: sorvegliate da soldati o da servi, indice che erano abitate da potenti), ma appare, folgorante di luce, ai pastori devoti, che il mondo crudele ed egoista (�duro�) dei potenti ignora. E, sopraggiunti (�calati�) in gran numero (�a stuolo�) per la solennit� dell�evento che aveva luogo in quella notte (�per l�ampia notte�), migliaia di angeli (�mille celesti�) si strinsero intorno a Lui in quel volo di luce; e, accesi di ardore affettuoso (�dolce zelo�), cantarono gloria a Dio come la si canta in cielo. E proseguirono quel canto gioioso anche mentre tornavano in cielo, finch� l�armonia, salendo, si perdette, e quel gruppo di pastori devoti (�compagnia fedel�) non ud� pi� nulla. Senza indugio, i pastori (definiti �que� fortunati�, perch� ebbero la ventura di poter adorare per primi il Cristo) cercarono il misero alloggio [dove Ges� era nato], e videro, come gli angeli avevano detto loro, il Re del Cielo che, adagiato (�accolto�) in una mangiatoia, emetteva vagiti. Dormi, o Fanciullo (ha qui inizio un�accorata e commovente �ninna nanna�, in cui il Manzoni si rivolge direttamente a Ges� neonato nella mangiatoia); non piangere; dormi, o Fanciullo divino: le tempeste, abituate a correre davanti a Te sulla terra peccaminosa (�use sull�empia terra [�] correr davanti a Te�), come cavalli in guerra, non osino rumoreggiare sopra la tua testa. Dormi, o Divino: i popoli [ancora] non sanno chi � [appena] nato; ma verr� un giorno che conosceranno il Re.



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