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L'INFINITO

COMMENTO

L'infinito di Leopardi � un infinito "negativo", nel senso che � un infinito creato dall'immaginazione e dal desiderio, un puro prodotto della mente umana. � chiaro che il suo modo di porsi di fronte al "problema infinito" � di tipo metafisico, � la ricerca del rapporto tra infinito come spazio assoluto e tempo assoluto e la nostra cognizione del tempo e dello spazio empirici. Ma nella sua riflessione inserisce il suo particolare modo di interpretare l'infinito, o meglio l'indefinito, come fluttuare di sensazioni.

Nello "Zibaldone" Leopardi afferma che "L'infinito � un parto della nostra immaginazione, della nostra piccolezza ad un tempo e della nostra superbia [�] l'infinito � un'idea, un sogno, non una realt�: almeno niuna prova abbiamo noi dell'esistenza di esso, neppur per analogia". Per Leopardi l'infinito coincide con lo slancio vitale, con lo spasimo, la tensione che l'uomo ha connaturata in s� verso la felicit�. L'infinito diventa il principio stesso del piacere, e il fine stesso a cui tende questo slancio dell'uomo.

� il desiderio assoluto di felicit� che porta l'uomo a ricercare il piacere in un numero sempre crescente di sensazioni, nella speranza vana della sua completezza; � una tensione che non ha limiti, n� per durata nel tempo, n� per estensione, per questo si scontra irrevocabilmente con la vita umana, lo spazio, il tempo, la morte. Infatti "l'anima umana desidera sempre essenzialmente e mira unicamente, bench� sotto molti aspetti, al piacere, ossia alla felicit� [�] Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch� � ingenita e congenita con l'esistenza, e perci� non pu� avere fine in questo o in quel piacere che non puy� essere infinito, ma solamente, termina con la vita".

Per Leopardi, questa tensione pu� spegnersi solo nel momento della morte perch� � uno slancio connaturato alla vita stessa, "l'anima, amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l'estensione immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppure concepire, perch� non si pu� formare idea chiara di una cosa che ella desidera illimitatamente".

Per superare i limiti fisici della natura umana interviene l'immaginazione, che ha come "attivit�" principale la raffigurazione del piacere: "Il piacere infinito non si pu� trovare nella realt�, si trova cos� nell'immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni, ecc�" Ma l'immaginazione ha bisogno di stimoli e perci� "l'anima si immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe se la sua vita si estendesse dappertutto, perch� il reale escluderebbe l'immaginario.".

E dunque "la molteplicit� delle sensazioni confonde l'anima, gli impedisce di vedere i confini di ciascheduna, toglie l'esaurimento subitaneo del piacere, la fa errare da un piacere in un altro senza poterne approfondire nessuno, e quindi si rassomiglia in certo modo ad un piacere infinito.". Resta quindi nell'animo un senso di inappagamento, di insoddisfazione perch� non si riesce effettivamente a concepire l'infinitudine, ma solo l'indefinito, che � un'idea inadeguata, approssimata, vaga: e questa insoddisfazione conduce al tedio, alla noia spirituale. Ci sono per� immagini, sensazioni che suscitano nell'animo l'idea di infinito, ad esempio la visione di una torre antica, perch� "il concepire uno spazio di molti secoli produce una sensazione indefinita, l'idea di un tempo indeterminato, dove l'anima si perde e sebbene sa che non ci sono confini, non li distingue e non sa quali sieno", oppure le immagini "di una campagna ad andamento declive in guisa che la vista in certa lontananza non arrivi alla valle, e quella di un filare di alberi, la cui fine si perde di vista" o, infine "una fabbrica, una torre veduta in modo che paia innalzarsi sola sopra l'orizzonte e questo non si vede, produce un contrasto efficacissimo e sublimissimo tra finito e indefinito" Ovviamente, a questo proposito, l'immagine che meglio ha esemplificato questa concezione leopardiana dell'indefinito � senz'altro costituita dagli "interminati spazi" della famosa poesia intitolata, appunto, "L'infinito".

"L'infinito" di Leopardi � forse uno degli idilli pi� organici per quanto riguarda significato-struttura-significante, la disposizione delle parole, il loro potere semantico, l'uso stesso che ne fa il poeta contribuiscono a rendere questa poesia un "viaggio interiore", una scoperta dello spirito, una illuminazione. L'infinito di cui parla � temporale e spaziale e viene evocato tramite il limite fisico(la siepe, il fruscio del vento) che porta il poeta da una dimensione fisica e sensoriale ad una "metafisica". I sensi, in questo caso la vista e l'udito, conducono alla intuizione di qualcosa che � al di l�.

L'osservazione del paesaggio si svolge in meditazione: il paesaggio, la natura, la fisicit� vengono interiorizzati ed entrano a far parte dello "spirito" del poeta, o meglio: il poeta riesce a calarsi nell'infinito. Parte da una visione familiare, la vista del colle, il Monte Tabor, ermo, ma caro, ovvero solitario ma gi� appartenente alla esperienza personale del poeta, spettatore ma anche compartecipe della sua vita, cos� come familiare � la siepe. Una siepe che diventa un limite, che evoca il desiderio, l'immaginazione di ci� che il guardo esclude, di ci� che non si pu� raggiungere con il solo ausilio dei sensi Da un connotato fisico di realt�, si risveglia l'immaginazione di uno spazio ben pi� u1timo. Ed ecco che sia il colle che la siepe prima indicati con gli aggettivi questo/questa ad indicarne la vicinanza sia fisica che spirituale, diventano la porta per l'infinito. La siepe diventa quella, � gi� posta in un'altra dimensione, decisamente diversa da quella fisica. Il poeta siede e guarda, in uno spazio senza tempo, e la sua immaginazione coglie e crea (io nel pensier mi fingo) irterminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete.

Leopardi ha colto, ha intuito l'infinito spaziale, che viene visto nella negazione della realt� fisica a cui � sempre abituato. Infatti gli spazi sono interminati, i silenzi sono sovrumani, la quiete � profondissima. Danno l'idea di una dimensione impossibile da paragonare con quella "solita", "abituale". Anche la disposizione nel verso, con l'enjambemant tra interminati e spazi e tra sovrumani e silenzi e la dieresi su quiete danno la sensazione di una vastit� infinita; inoltre sono tutte parole polisillabe: tutto acquista una dilatazione inusitata in tutte le direzioni. Portando all'interno del suo animo questi pensieri, rivelano il confine tra la limitatezza della vita umana e l'immensit� della Natura, di cui l'uomo fa parte, ma che non pu� cogliere appieno .

Questa intuizione gli d� un senso di paura (ove per poco il cor non si spaura), un senso di smarrimento in una dimensione mai conosciuta prima, mai immaginata con tale chiarezza.I1 cuore quasi non riesce a sostenere la potenza di questa visione, � uno sgomento dato dalla consapevolezza di aver superato i suoi limiti, di aver trasceso la sua quotidianit� e di aver partecipato di un evento ai confini della religiosit�. Ma il vento, espressione della sua limitatezza fisica, lo riporta all'esistenza terrena e non pi� cosmica; tuttavia gli d� l'impulso per spaziare di nuovo nell'infinito temporale perch� la voce della realt� (odo stormir tra queste piante) viene paragonata al silenzio dell'infinito(da notare quello infinito, cio� appartenente all'altra dimensione).

Il senso della vita terrena si rianima nel vento, e con esso il limite temporale dell'uomo, la morte. Ma il pensiero riprende il suo corso e fluisce (l'affollarsi dei pensieri � sottolineato dall'anafora della "e") nell'eterno, nella distensione temporale della vita dal passato al presente, che � vivo, mentre il passato � morto. Tutto si riduce a un suono, � il respiro della vita universale, il suo battito eterno, smorzato, affievolito e quindi morto nel passato e invece vivo e prepotente nel presente. Il pensiero e l'uomo vengono sommersi da questa immensit�, da questa incommensurabilit� e il mare, simbolo della vastit� (come riprender� Montale), fa annegare il suo pensiero, la sua mente, la sua razionalit�, lo fa perdere, obliare in una dimensione universale in comunione con l' infinito , tanto pi� dolce perch� insperata, inaspettata. � la pace dell'uomo che ha abbandonato l'umanit� per il non-limite, anche se � consapevole di aver creato egli stesso questa dimensione: non riesce a darne una consistenza reale, � un infinito del pensiero, ma ugualmente dolce e potente.

Che cosa resta di questo mare nell'animo dell'uomo? La consapevolezza di poter annegare in esso solo per il breve istante di una illuminazione, perch� come basta una siepe ad evocarlo, � altres� bastante un soffio di vento per riportarlo alla sua essenza limitata.

PARAFRASI:
Sempre caro mi � stato questo colle solitario e questa siepe che impedisce
di vedere l�orizzonte. Stando fermo e guardando fisso io immagino nel
pensiero spazi infiniti al di l� di quella siepe e silenzi che un uomo non
pu� percepire e quiete profonde. Per poco il cuore non si smarrisce.
E quando sento stormire le foglie a causa del vento io paragono
quell�infinito silenzio a questa voce e mi viene in mente l�eternit�,
le stagioni passate e presenti e i scarsi rumori. Tra questa immensit�
si smarrisce il mio pensiero ma il lasciarsi andare in questo mare mi
� gradito.PER CONTINUARE CLICCA PER LEGGERE IL COMMENTO COMPLETO


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