SIMBAD IL MARINAIO

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SIMBAD IL MARINAIO    

 

SIMBAD IL MARINAIO

Viveva nella citt� di Baghdad un uomo chiamato Sindbad il Facchino, il quale era molto povero e per guadagnarsi da vivere portava dei carichi sopra la testa.

Ora avvenne che in un giorno afoso, mentre trasportava una cesta assai pesante che lo faceva sudare e faticare moltissimo, il povero Sindbad si trov� a passare davanti alla porta di una ricca dimora. La strada davanti alla casa era stata spazzata e innaffiata e dal giardino veniva un delizioso venticello.

Vedendo che accanto alla porta c'era una panca, Sindbad deposit� a terra la cesta e si sedette per riprendere fiato in quel luogo delizioso. E mentre stava seduto, asciugandosi il sudore e riflettendo sulla miseria della sua condizione, il vento gli port� dall'interno della casa il profumo di cibi squisiti, il suono di musiche e canti, un rumore di voci allegre e scoppi di risa e il cinguettare meraviglioso di uccelli d'ogni specie.

Allora Sindbad il Facchino alz� gli occhi al cielo e disse:

" Sia lode a te, o Allah, Creatore di tutte le cose, Signore Onnipotente che distribuisci la ricchezza e la miseria. Tu non devi rendere conto a nessuno di ci� che fai ed ogni uomo ha quel che gli tocca. Vi sono quelli, come il padrone di questa casa, che sono agiati e felici, e vi sono quelli che, come me, sono poveri e afflitti! Eppure siamo tutti di uno stesso seme. Ma a me � toccato in sorte portare carichi pesanti e ricevere in cambio solo miseria e afflizione. Scommetto che il padrone di questa casa non ha mai toccato nemmeno con un dito una cesta pesante come questa; eppure, egli si ristora al fresco di questo giardino. La sua sorte assomiglia alla mia quanto il vino assomiglia all'aceto. Tuttavia non credere, Signore, che io mi lamenti. Tu sei Grande, Magnanimo e Giusto. E se Tu governi cos� il mondo, vuol dire che � giusto che il mondo sia governato cos�! "

Quando ebbe terminato questa invocazione, Sindbad fece per rimettersi in capo la cesta e riprendere il cammino, allorch� dalla porta della casa usc� un giovane servo, bello e ben vestito, il quale, presolo per mano, gli disse:

" Entra, perch� il mio padrone desidera vederti. "

Sindbad lasci� la sua cesta in consegna al portinaio e segu� il servo, che lo introdusse in un meraviglioso salone dal pavimento di marmo, coperto di tappeti preziosi, e dove era imbandita una mensa ricchissima. Tutto intorno, su meravigliosi, cuscini, sedevano persone di riguardo; al centro, nel posto d'onore, sedeva un uomo dalla lunga barba bianca e dall'aspetto grave, dignitoso e nobile.

" Per Allah! " pens� Sindbad il Facchino, " questo luogo deve essere la dimora d� qualche re o di qualche sultano! "

Poi si ricord� di compiere quelli atti che esige la buona educazione e, dopo avere salutato rispettosamente gli astanti, si inginocchi� davanti al padrone di casa e baci� la terra. Con molta amabilit� il padrone di casa gli diede il benvenuto, poi lo fece sedere accanto a s� le lo invit� a gustare cibi e bevande che il povero Sindbad non aveva mai assaggiato in tutta la sua vita. Quando questi ebbe finito di mangiare e si fu lavato le mani,

" Sia lode a Dio! " disse e ringrazi� tutti i presenti per le loro gentilezze.

Come vogliono le buone regole, solo quando vide che il suo ospite si era rifocillato il padrone di casa prese ad interrogarlo:

" Benvenuto in casa mia, e che la tua giornata sia benedetta! Ma dimmi, o mio ospite, come ti chiami e che mestiere fai? "

" Mi chiamo Sindbad il Facchino, o signore, e il mio mestiere consiste nel portare carichi sulla testa. "

Il padrone di casa sorrise e gli disse: " Sappi, o facchino, che il tuo nome � uguale al mio; infatti, io mi chiamo Sindbad il Marinaio. Ora vorrei pregarti di ripetere qui ci� che dicevi poco fa mentre stavi seduto fuori della porta di casa mia. "

Allora Sindbad il Facchino si senti pieno di vergogna e disse:

" Nel nome di Allah, non rimproverarmi per la mia insolenza! La fatica e la miseria rendono l'uomo sciocco e maleducato! "

Ma Sindbad il Marinaio gli disse: " Non devi vergognarti. Ripeti senza alcuna preoccupazione ci� che dicevi perch� tu ora sei come mio fratello. "

Allora il Facchino, rassicurato, ripete le parole che aveva pronunciato sulla porta di casa. Quando ebbe terminato, Sindbad il Marinaio si rivolse a lui e gli disse:

" Sappi, o Facchino, che la mia storia � senza precedenti. Ora ti racconter� tutte le avventure che mi sono capitate e tutte le prove che ho dovuto subire prima di giungere a questa felicit� e di poter abitare nel palazzo in cui tu mi vedi. Sentirai quanti disagi e quali terribili calamit� io abbia dovuto affrontare per poter ottenere gli agi che circondano ora la mia vecchiaia. Sappi dunque che io ho fatto numerosi viaggi, e ogni viaggio fu un'avventura meravigliosa, tale da destare in chi l'ascolta uno stupore senza limiti. Ma tutto ci� che ora ti racconter� � avvenuto perch� era scritto, e da ci� che � scritto non v'� scampo n� rimedio! ".

 

Primo viaggio di Sinbad il Marinaio

 

Sappiate, o illustri signori, e te, onesto Facchino, che mio padre era mercante di professione e uno dei pi� ricchi che ci fossero nel suo tempo. Quando mio padre mor�, mi lasci� grandi ricchezze in denaro, merci, case e terreni. Io, purtroppo, nella insipienza della giovent�, presi a frequentare compagnie dissipate, passavo il mio tempo a bere e giocare e in festini e in conviti e non mi avvedevo che le mie ricchezze, per quanto grandi fossero, andavano sempre pi� scemando. Un giorno, finalmente, mi riscossi da quel mio stordimento e mi accorsi che tutte le mie sostanze erano dilapidate. Mi ricordai allora delle parole del nostro signore Salomone, figlio di Davide;

" Tre cose sono migliori di tre altre: il giorno della morte � meglio del giorno della nascita, un cane vivo � meglio di un leone morto, la tomba � preferibile alla povert�. "

Misi insieme allora quel poco che mi era rimasto e lo vendetti all'incanto ricavandone tremila dirham. Poi ricordai il verso del poeta:

"Chi vuole la gloria senza fatica, passer� la vita inseguendo un sogno impossibile."

Senza por tempo in mezzo, mi recai al suk, dove acquistai per duemila dirham di merci. Quindi con la mia roba salii su una nave, dove erano gi� imbarcati diversi mercanti, e scesi lungo il Tigri fino a Bassora. Di qui la nave spieg� le vele verso il mare aperto.

Viaggiammo per giorni e notti, toccando un'isola dopo l'altra e una terra dopo l'altra; e in ogni luogo dove ci fermavamo scendevamo a terra a vendere ed a scambiare le merci.

Un giorno, dopo che navigavamo da parecchio tempo senza avere avvistato un solo lembo di terra, improvvisamente vedemmo sorgere davanti a noi un'isola che sembrava il paradiso. Il capitano fece vela verso l'isola e, ormeggiata la nave, scendemmo tutti a terra, dove alcuni prepararono i fornelli per cucinare, altri si misero a passeggiare contemplando le bellezze del luogo. Io fui fra questi ultimi.

Mentre ce ne stavamo cos�, godendoci la bellezza di quel sito, a un tratto sentimmo la terra che tremava sotto i nostri piedi e udimmo il capitano che, sporgendosi dalla murata della nave, gridava:

" Passeggeri, salvatevi! Fate presto! Risalite subito a bordo! Lasciate ogni cosa, se tenete alla vita! Fuggite l'abisso che si spalanca sotto di voi! Perch� l'isola su cui vi trovate non � un'isola, ma una balena gigantesca, che da tempo immemorabile si � adagiata in mezzo al mare. La balena � rimasta cos� da tanto tempo che il mare l'ha ricoperta di sabbia, e le sono cresciuti sul dorso gli alberi che vedete! Voi, accendendo i fuochi per cucinare, l'avete risvegliata, ed ecco che ora si muove e vi trasciner� con s� negli abissi! Salvatevi, abbandonate tutto! " .

Udendo queste parole del capitano, i passeggeri, presi dal terrore, si misero a correre verso la nave abbandonando le loro robe, i fornelli, le pentole. Ma la balena era gi� in movimento e la nave stava gi� levando le ancore, cos� che solo alcuni riuscirono a salire a bordo. Gli altri, quelli che si trovavano pi� lontano o che si erano attardati a raccogliere le loro cose, furono travolti dalle onde e sommersi nel mare profondo.

Io fui fra questi ultimi. Ma Allah Altissimo e Misericordioso mi salv� dalla morte facendomi capitare sotto mano un grosso mastello di legno, di quelli che si usano per fare il bucato. Io mi ci misi sopra a cavalcioni e muovendo disperatamente i piedi come fossero remi cercai di raggiungere la nave che si allontanava a vele spiegate. La seguii per un pezzo, finch� non la vidi sparire all'orizzonte, e mi ritrovai in mezzo al mare, solo e derelitto, sicuro ormai di morire.

Per una notte e un giorno, fui sballottato dalle onde e dai venti. Alla fine le correnti marine mi gettarono contro un'isola rocciosa. Aiutandomi con le mani e con i piedi riuscii ad attaccarmi a dei cespugli e a salire in cima alle scogliere. Quando toccai terra, mi esaminai il corpo e vidi che era tutto gonfio e martoriato e che i piedi recavano i segni dei morsi dei pesci. Ma non sentivo alcun dolore, tanto ero sfinito. Mi gettai a terra e per la stanchezza svenni. Rimasi a lungo cos�, in questo stato d'incoscienza, e mi risvegliai solo al secondo giorno, quando il sole cominci� a battermi addosso.

Feci per alzarmi in piedi ma le gambe, gonfie e piagate, non mi reggevano. Considerai la miseria del mio stato, ma con la forza della disperazione cominciai a trascinarmi per terra, fino a che, dopo molto patire, giunsi in mezzo ad una pianura, dove scorrevano ruscelli e crescevano alberi da frutta. Rimasi in quel luogo molti giorni, bevendo l'acqua dei ruscelli e mangiando la frutta, finch� non mi sentii guarito e rifocillato. Quando fui in grado di alzarmi, mi fabbricai un bastone con il ramo di un albero e cominciai a passeggiare ammirando tutto ci� che Allah aveva creato su quella terra.

Un giorno, che camminavo lungo la spiaggia del mare, vidi di lontano qualcosa che mi parve essere una bestia selvaggia o un mostro marino. Curiosit� e paura si combattevano in me, s� che facevo dieci passi avanti e cinque indietro. Alla fine mi feci coraggio e, avvicinandomi, potei vedere che si trattava di una bellissima giumenta, legata a un paletto sulla riva del mare. Mentre stavo l� a contemplare la bestia, essa emise un alto nitrito ed ecco che da sotto terra sbuc� un uomo, il quale mi venne dietro gridando:

" Chi sei tu? E da dove vieni? Per quale motivo ti sei avventurato fin qui? "

" Signore, " risposi, " sappi che io sono uno straniero e mi trovavo insieme ad altri passeggeri su una nave che ha fatto naufragio. Tutti i miei compagni sono morti, ma Allah mise fra le mie gambe un mastello che mi tenne a galla e cos� arrivai sino alle sponde di questa terra. "

Quando quell'uomo ebbe udito le mie parole, mi prese per mano e mi disse: " Seguimi! "

Scendemmo in una caverna sotterranea ed entrammo in una grande sala, dove mi fece sedere e dove mi port� da mangiare. Poich� avevo fame, mangiai di buon appetito e quando egli vide che ero rifocillato e il mio animo era tranquillo, mi chiese di raccontargli per filo e per segno tutto ci� che mi era accaduto; io gli raccontai la mia storia fin dal principio senza trascurare nulla, ed egli dimostr� grande meraviglia. Quando ebbi finito il mio racconto, gli dissi:

" In nome di Allah, signore, non prendertela con me se ora ti chiedo una cosa. Io ti ho raccontato la verit� sulla mia condizione. Ora vorrei che tu mi dicessi chi sei e per quale motivo abiti in questa sala sotterranea e perch� tieni una giumenta legata sulla riva del mare! "

" Sappi, " mi rispose, " che siamo in parecchi sparsi sulle spiagge di quest'isola e siamo tutti guardiani dei cavalli del re Mihragi�n. Tutti i mesi, quando c'� la luna nuova, scegliamo una giumenta di razza e la leghiamo sulla riva del mare, poi ci nascondiamo in queste caverne sotterranee. Ed ecco che, attirato dall'odore della femmina, esce dal mare un cavallo marino e si guarda intorno e non vedendo nessuno piomba sulla giumenta e la copre. Quando ha finito di montarla si avvia verso il mare, ma la giumenta che � legata non pu� seguirlo e allora comincia a nitrire e a scalpitare. E il cavallo marino grida e la colpisce con la testa e con le zampe. Allora noi che siamo nascosti qui sotto sappiamo che il cavallo marino ha finito di montare la giumenta e usciamo fuori dal nostro nascondiglio e cominciamo a correre e a gridare e il cavallo marino spaventato si tuffa di nuovo tra i fiotti. Cos� la giumenta, fecondata, rimane pregna e partorisce un puledro che vale un tesoro, perch� non ve ne sono di eguali sulla terra. E proprio oggi � il giorno in cui verr� il cavallo marino. Quanto a me, ti prometto di accompagnarti, quando tutto sar� finito, dal nostro re Mihragi�n e di farti conoscere il nostro paese benedici Allah, il quale ha fatto s� che io t'incontrassi, perch� senza di me tu saresti morto di tristezza e di solitudine su quest'isola e nessuno dei tuoi amici e dei tuoi parenti avrebbe pi� saputo nulla di te. "

Invocai su di lui le benedizioni di Allah e lo ringraziai per la sua cortesia; e mentre stavamo ancora parlando, ecco che usc� dal mare lo stallone; si guard� intorno e, dopo aver cacciato un forte nitrito, salt� sulla cavalla e la copr�. Quando ebbe terminato smont� dalla giumenta e voleva portarsela via con s�, ma quella non poteva muoversi a causa del paletto, e tirava calci e nitriva. In quel momento usc� fuori dalla caverna il guardiano della giumenta con in mano una spada e uno scudo che percuoteva facendo un grande fracasso. E intanto andava chiamando i suoi compagni che sbucavano di sotto terra da tutte le parti, anch'essi gridando e facendo baccano. Allora lo stallone impaurito lasci� la giumenta e tuffatosi nelle acque spar� sotto la superficie del mare. Quando tutto fu finito, anche gli altri palafrenieri, che recavano a mano una giumenta ciascuno, mi vennero vicino e mi chiesero chi fossi e di dove venissi.

 

Io raccontai a loro tutta la mia storia, ed essi si felicitarono con me, poi stesero per terra la tovaglia e ci rifocillammo. Dopo mangiatO mi fecero salire su una delle loro cavalle, e cos� viaggiammo fino a che non giungemmo nella citt� dove abitava il re Mihragi�n. Giunti che fummo a destinazione, i palafrenieri si recarono dal loro sovrano e lo informarono del mio arrivo, e questi chiese che io gli fossi condotto dinanzi. Il re Mihragi�n mi salut� con molta amicizia, dandomi il benvenuto, poi mi chiese di raccontargli la mia straordinaria avventura e quando ebbi finito esclam�:

" Per Allah, figlio mio, la tua salvezza � davvero un fatto miracoloso! Se tu non fossi destinato a vivere a lungo, non saresti scampato al naufragio; sia lodato Allah che ti ha tratto in salvo! "

Ci� detto, mi parl� con amicizia e considerazione, colmandomi di doni e di onori, e mi nomin� anche capo del porto incaricandomi di tenere il registro di tutte le navi che entravano e uscivano. Cos� io presi a frequentare regolarmente il sovrano, il quale non mancava di dimostrarmi la sua benevolenza preferendomi a tutti gli altri suoi intimi e ricoprendomi di vesti preziose.

Salii a tal punto nella sua stima che la gente, quando aveva bisogno di qualche cosa, chiedeva a me di intercedere presso il sovrano. Nonostante tutto questo, per�, non avevo dimenticato il mio paese e, ogni volta che mi trovavo a passare per il porto e vedevo giungere una nave, mi affrettavo a interrogare � marinai sulla mia citt�, chiedendo loro se avessero notizie di Baghdad. E invariabilmente quelli mi rispondevano di non aver mai sentito nominare una citt� simile e di non sapere nemmeno dove si trovasse. Mi convinsi cos� che non avrei mai pi� veduto il mio paese e avrei dovuto finire i miei giorni in terra straniera. Un giorno, recatomi a trovare il re Mihragi�n, lo trovai in compagnia di alcuni signori indiani i quali mi chiesero notizie del mio paese ed io chiesi ad essi notizie del loro. Costoro mi dissero che gli indiani erano tutti divisi in caste,e che le caste pi� importanti erano quella degli Kshatria, composta da uomini nobili e giusti che non commettevano mai soprusi n� facevano violenza a nessuno, e quella dei Bramani, i quali sono della gente che non beve vino ma ama trascorrere la vita in lieta serenit� e possiede cammelli, cavalli ed armenti. Mi dissero anche che il popolo indiano � diviso in settantadue caste, che non hanno rapporti fra loro, il che mi stup� grandemente.

Fra le altre cose che vidi nelle terre del re Mihragi�n, c'era un'isola chiamata Kasil, dove ogni notte e per tutta la notte si sentivano suonare tamburi e tamburelli; ma sia gli abitanti delle isole vicine, sia i viaggiatori mi assicurarono che il popolo di quell'isola era composto da gente seria ed assennata. In quel mare vidi anche un pesce lungo duecento cubiti e molto temuto dai pescatori; vidi anche un altro pesce che aveva la testa simile a quella di un gufo e molte altre cose rare e meravigliose che sarebbe troppo lungo riferire.

Occupavo cos� il mio tempo visitando le isole, finch� un giorno, che me ne stavo nel porto con il mio bastone in mano secondo l'abitudine che avevo preso, osservai una grande nave carica di mercanti che entrava in porto. Quando la nave si fu accostata alla banchina che � sotto le mura della citt�, il capitano ordin� di ammainare le vele e di ormeggiare il bastimento. Ci� fatto, misero fuori una passerella e i marinai cominciarono a scaricare le mercanzie mentre io, che stavo l� accosto, ne prendevo nota.

Alla fine chiesi al capitano: "E' rimasto niente altro nella tua nave? "

E quello mi rispose: " Signore, nella stiva sono rimaste diverse balle di mercanzia il cui proprietario � annegato durante il viaggio. Noi le abbiamo prese in consegna ed ora ci ripromettiamo di venderle facendone registrare il prezzo, che consegneremo poi ai parenti dello scomparso quando torneremo a Baghdad, citt� della pace. "

" E quale era il nome di questo mercante? " m'informai.

" Si chiamava Sindbad il Marinaio, " rispose il capitano.

Allora io lo guardai pi� dappresso e lo riconobbi e, gettato un gran grido, esclamai: " Capitano! Sappi che sono io quel Sindbad il Marinaio che viaggiava con voi; e quando il pesce si mosse e tu ci chiamasti, alcuni riuscirono a mettersi in salvo ed altri caddero in acqua; io fui fra questi. Ma Allah Onnipotente mi mise a portata di mano un mastello di legno al quale mi aggrappai, e i venti e le correnti marine mi gettarono su questa isola dove per grazia di Allah, incontrai alcuni servi del re Mihragi�n che mi condussero dal loro signore. E quando gli ebbi raccontato la mia storia egli mi colm� di benefici e mi nomin� sovrintendente del porto. E in questa carica, come tu mi vedi, ho vissuto con larghezza, beneficato dal favore del sovrano. Perci� le balle che tu hai nella nave sono mie. "

Allora il capitano esclam�: " Non c'� maest� n� potenza se non in Allah, il Glorioso, il Grande! Bisogna dire per� che fra gli uomini non � rimasta n� coscienza n� buona fede! "

" Capitano, " dissi io, " Che significano queste parole, dopo che ti ho raccontato la mia storia? "

E quello rispose: " Quando hai sentito che avevo nella stiva queste merci il cui proprietario era annegato, hai pensato bene di volertele prendere con l'inganno. Ma non potrai farlo, perch� noi l'abbiamo visto sprofondare nel mare con i nostri occhi, insieme con molti altri passeggeri, nessuno dei quali si � salvato. Quindi, come puoi pretendere di essere il padrone di queste merci? "

" Capitano, " dissi io, " ascolta tutta la mia storia senza prevenzioni e la verit� ti apparir� manifesta. "

Cos� gli raccontai per filo e per segno tutto quanto mi era accaduto da quando ero partito da Baghdad fino al momento in cui eravamo sbarcati sul pesce isola, dove per poco non facemmo naufragio tutti; gli rammentai anche alcuni particolari che solo io e lui potevamo conoscere. Allora il capitano e i mercanti si convinsero che dicevo la verit� e si complimentarono con me per la mia salvezza. Dopo di che il capitano mi consegn� le merci, e su ogni balla trovai scritto il mio nome e vidi che non mancava nulla. Cercai allora fra le mie robe e trovai un oggetto prezioso, e con quello mi recai dal sovrano al quale lo offrii in omaggio raccontandogli tutto quanto era avvenuto poco prima al porto.

 

 

Il re si stup� moltissimo di questo fatto e contraccambi� il mio regalo con ricchi doni. Nei giorni che seguirono, vendetti le mie merci guadagnando molto denaro e comprai altre mercanzie e oggetti tipici di quel paese. Poi, quando il capitano della nave mi annunci� che aveva intenzione di partire, andai dal re Mihragi�n, lo ringraziai della bont� che aveva avuto per me e gli chiesi licenza di tornare in patria, per rivedere il mio paese, la famiglia, gli amici.

Il re acconsent� di buon grado e mi regal� altre merci e prodotti della sua terra; poi mi conged� affabilmente e io, sceso al porto, m'imbarcai. Poich� cos� piacque ad Allah, viaggiammo senza inconvenienti per giorni e per notti e alla fine giungemmo a Bassora, dove sbarcai, felice di essere tornato sano e salvo sul suolo natio.

Rimasi alcuni giorni a Bassora, poi, portando meco grandi quantit� di merci rare e preziose, partii per Baghdad, citt� della pace, ove entrai dopo un felice viaggio e, giunto nel mio quartiere e nella mia casa, amici e parenti vennero tutti a salutarmi e a rallegrarsi con me. Grazie al denaro che avevo, e alla gran copia di merci che avevo portato con me e che vendetti, acquistai eunuchi e concubine e schiavi e comprai case e giardini e terre, diventando cosi pi� ricco di quanto lo fossi stato prima.

Allora, senza darmi alcun pensiero al mondo, mi misi a frequentare gli amici trascorrendo con loro il tempo, dimentico dei pericoli, degli affanni e delle pene che avevo patito durante quel viaggio avventuroso. Gustai ogni piacere ed ogni delizia, mangiai cibi raffinati e bevvi vini squisiti, e andai avanti in questo modo per parecchio tempo, ch� le mie ricchezze mi permettevano di condurre questo treno di vita.

Questa � la storia del mio primo viaggio, e domani, se Allah lo vuole, vi racconter� il secondo dei miei numerosi viaggi. Quindi Sindbad il Marinaio ordin� che venissero date a Sindbad il Facchino cento monete d'oro e gli disse:

" La tua presenza ci � stata molto gradita oggi." Il Facchino lo ringrazi� e, preso il dono, se ne and� per la sua strada, riflettendo su quanto aveva udito e non cessando di meravigliarsi per le cose incredibili che possono capitare a un uomo. Quando si fece giorno, torn� a casa di Sindbad il Marinaio, che lo ricevette con gentilezza e lo fece sedere accanto a s�. Non appena gli altri amici del padrone di casa furono arrivati, vennero approntate le mense e tutti mangiarono e bevvero a saziet�.

 

 



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