Pedagogisti:Célestin FREINET

Pedagogisti: Célestin FREINET

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Célestin FREINET, maestro e pedagogista, nacque il 15 ottobre 1896 a Garg, un paesino di montagna delle Alpi Marittime, da una famiglia di contadini. La società nel Medio Evo non s'occupava affatto dell’ educazione dei figli del popolo, i quali imparavano empiricamente il mestiere paterno. Anche per i ricchi l’istruzione era per lo più di tipo professionale/pratico: aveva più lo scopo di abituare il futuro nobile e signore alla sua vita di guerre e di mondanità che di far maturare in lui l'uomo. Anche l'educazione era di tipo tradizionale. Solo quando i principi per governare cominciarono a servirsi della religione, si iniziò a parlare di educazione. Senza metodi e tecniche, si accompagnavano a questo tipo di educazione. A partire dal XIX secolo, però, l'economia subisce una profonda trasformazione: da tradizionale ed empirica diventa scientifica. L'industrializzazione si va sviluppando e, con essa la Società. Se la scuola tenta una perfezione, è sicuramente per sviluppare l'essere umano, ad apprendere solo più nozioni, acquisendole in maniera diretta, senza obiezione, per favorire il progresso scientifico.   

"La pedagogia della cooperazione” sta alla base delle "tecniche di vita" ed è testimoniata ne "I detti di Matteo", un contadino a cui Freinet fa raccontare le sue idee educative. Eccone un brano.

Per il Frèinet occorre una «pedagogia popolare» che riconosca validità culturale – almeno come dato di partenza – agli interessi infantili popolari, senza pretendere di esprimerli e sostituirli subito con gli interessi previsti dalla ricerca teorica e imposti dai programmi ufficiali.

Il giovane maestro decide allora di tagliar corto, mette da parte i testi e elabora delle “tecniche” pedagogiche (egli stesso insisteva sul termine, alludendo all’uso di nuovi strumenti operativi, diverso dal metodo, di solito astratto), fondamentalmente riducibili a tre: il «Testo libero», che sostituisce la tradizionale composizione in cui il bambino è costretto a svolgere un enunciato dettato dall’insegnante, invece di esercitarsi a esprimere correttamente ciò che in quel momento interessa più vivamente il singolo o la classe; il «Giornale Scolastico» (elaborato con il criterio del testo libero, è il prodotto della tipografia scolastica, di una tecnica volta cioè a saldare apprendimento, creatività e lavoro, attività manuale e attività intellettuale); il «Calcolo vivente», consistente nel motivare l’apprendimento e l’esercizio aritmetico partendo dalla soluzione dei problemi matematici posti dalla vita di classe; e la «Tipografia scolastica», - la più nota delle sue tecniche.

Ovviamente, queste tecniche, diversamente combinate, possono dare luogo ad altre soluzioni didattiche, rispondenti a diverse esigenze poste dall’ambiente e dagli allievi. Per Freinet è soprattutto importante che ognuna delle tecniche non solo impegni attivamente i soggetti, ma che le attività abbiano sempre sufficienti motivazioni: oltre che alle attività, consuete a ogni forma di educazione nuova (l’attività interessa di più, quindi fa apprendere meglio), Freinet dà molto rilievo all’aspetto comunicativo e cooperativo. Soprattutto il momento cooperativo qualifica la «pedagogia popolare», rielaborando egli in forma molto personale i presupposti simili della scuola del lavoro come l’aveva concepita la corrente d’ispirazione socialista, che sottolineava l’importanza del lavorare insieme come clima e come necessità tecnica. Da ciò, naturalmente, una linea pedagogica che fa a meno per quanto possibile dei libri, dei programmi e in genere della trasmissione di cultura già strutturata, per rifondare un processo d’apprendimento naturale, «a tentoni», come aveva già detto Claparède; simile all’apprendimento «per prove ed errori» dello psicologo Edward Lee Thorndike, 1874-1949), dove è necessaria la guida del maestro non meno di quella del gruppo dei «cooperatori».

LA COOPERAZIONE EDUCATIVA

La pedagogia di Freinet fu ripresa in Italia nel 1951 da un gruppo di insegnanti primari e secondari, che prese il nome di Cooperativa della Tipografia a scuola, con lo scopo di diffondere gli strumenti per le tecniche Freinet. Dopo qualche anno però si trasformò nel Movimento di Cooperazione Educativa, occasione d’incontro e confronto fra esperienze didattiche comunque innovative.


 

LE TECNICHE FREINET

FISIONOMIA DI UNA CLASSE FREINET

Prima di parlare delle tecniche del Freinet bisogna parlare della fisionomia di una classe Freinet ovvero del concetto di una classe scolastica secondo la pedagogia dello stesso Freinet; una classe sicuramente differente dalle classi tradizionali.

Difatti le classi tradizionali, basate su regole uniformi e su una tradizione scolastica si somigliano tutte, nella disposizione dei banchi, nella presenza della cattedra, nel modo con il quale gli scolari tenevano i quaderni, nella pratica e nel contenuto dei compiti e delle lezioni, previsti in anticipo dai programmi, nelle circolari e nei manuali scolastici che li complicano e li aggravano.

  In questo contesto la parte del maestro e non meno quella dello scolaro risultano ridotte ciò però non toglie che in tale condizioni un buon maestro non possa formare una classe interessante; le virtù del maestro possono dunque sopperire alle difficoltà e limitare quindi gli errori di una pedagogia peggiorativa.

  L’originalità delle concezioni pedagogiche abbracciate dal Freinet non consistevano semplicemente nell’assegnare al ragazzo una parte attiva nella classe ma anche nel trasformarlo in elemento che agisce nell’acquisizione delle tecniche scolastiche. Il Freinet desiderava una scuola vivente, naturale continuazione della vita della famiglia, del villaggio, dell’ambiente, quindi ricerca di un metodo integrato alla vita; arrivò così alla scoperta della Scuola Attiva (in verità altri studiosi come il Ferriere avevano già dimostrato il valore della Scuola Attiva).

  Le classi Freinet si rassomigliano tutte nel loro fondamento, nel loro andamento generale e nel loro spirito. Ma, in quanto basate sulla vita del ragazzo nel proprio ambiente, si differenziano necessariamente, secondo questi ambienti e questi ragazzi. Possono paragonarsi a bei giardini che attingono in un ricco terreno la medesima linfa ma dove si sviluppano secondo la propria natura gli utili legumi, gli alberi generosi e i fiori della poesia e della bellezza, tanto necessari talvolta quanto i nutrimenti fondamentali.

  Affermava, inoltre, il Freinet che se un metodo d’insegnamento è buono deve dimostrarsi valido per tutte le classi e in tutti i luoghi; bastava variare certe pratiche legate al comportamento dei ragazzi secondo le classi e le necessità scolastiche. La libera espressione, la motivazione del lavoro mediante il giornalino scolastico e gli scambi, la creazione e la sperimentazione, i piani di lavoro, il lavoro di gruppo e la collaborazione sono valide tanto nella scuola materna che nelle scuole di 2° grado, sia per i ritardati che per le classi speciali post-elementari.


 

PENSIERO DEL FREINET:

“Non separare la Scuola dalla vita”; intento del Freinet era: “Superare la barriera che divideva la scuola dalla vita reale”.

Celestin Freinet individua delle pecche esistenti nella attività didattica tradizionale. Per il Freinet pecca sostanziale della lezione consiste nel fatto che la lezione è condotta dal maestro che sa, o pretende sapere, a scolari che si crede ignorino invece tutto. A nessuno verrebbe l’idea di pensare che i ragazzo, con le sue proprie esperienze e le sue diverse e larghe conoscenze, avrebbe anch’egli qualcosa da insegnare al maestro.

  Per il Freinet pecca, invece, del manuale scolastico è quella di stabilire nero su bianco, e per tutte le regioni, ciò che i ragazzi debbano imparare o fare. Il manuale apporta la scienza fredda, impersonale, anonima, anche se ci si sforza di riscaldarla artificialmente con procedimenti che ingannano solo gli educatori. Scienza che si rivolge non all’uomo ragazzo, ma allo scolaro che è di già un essere disincantato, che non reagisce più come ragazzo ma come scolaro.

  Dice il Freinet, prendiamo questi stessi manuali. Invece di munire gli scolari di una trentina di libri uguali per ogni materia, collochiamo questi libri – in esemplare unico – ed altri ancora, nella nostra “biblioteca di lavoro”, in modo da aver sottomano una più ampia documentazione, presentata con diverso spirito, e mutiamo la tecnica di uso dei libri. Tutto diventerà più razionale e più proficuo. Associamo i manuali a tutta la documentazione che potremo mettere a disposizione del ragazzo e il manuale potrà allora adempiere il suo compito umano e pedagogico.

Celestin Freinet nell’intento di superare la barriera che divideva la scuola dalla vita reale, iniziò col portare regolarmente gli alunni fuori dall’aula polverosa per farli vivere a contatto con la natura e con la realtà sociale. Su questa esperienza diretta egli ritenne di poter costruire una attività didattica alternativa rispetto a quella tradizionale. Gli alunni potevano sostituire in gran parte le loro osservazioni alle nozioni date dai libri di testo.

Il Freinet pensò allora di conferire dignità formale alle osservazioni fatte dai ragazzi, chiedendo loro di elaborarle in vario modo, “tecniche Freinet”. Si cominciava con le discussioni collettive su quanto si era visto. Poiché tutto questo doveva assumere un’importanza tale da poter sostituire il “libro di testo”, si procedeva allora alla stesura di quello che si andava via via dicendo. Scriveva il maestro sulla lavagna e i bambini scrivevano sul quaderno, oppure scrive il maestro a macchina. Diventava quindi un testo redatto collettivamente “tecnica del lavoro di gruppo”. Il quaderno non appariva più sufficiente a conferire un’adeguata importanza a quanto si elaborava.

IL TESTO LIBERO

Il testo libero fu la prima tecnica a cui approdò il Freinet, come vissuto che si vuole narrare, contro il tema obbligato e amorfo. Un testo libero, come indica il nome, è un testo che il ragazzo scrive liberamente, quando abbia voglia di scriverlo, e secondo il tema che lo ispiri.

Non basta dunque lasciare il ragazzo libero di scrivere, occorre ispirargli la voglia, il bisogno di esprimersi. Proprio per tale ragione il vero testo libero non può nascere e sbocciare che nel nuovo clima di libera attività della Scuola moderna.

  Bisogna che il ragazzo diventi sensibile alle motivazioni che gli rechiamo, che comprenda che ciò che ha da dire importa ormai alla sua vita, alla vita della comunità, nel cui seno deve ora svolgere una parte da uomo.

Questa presa di coscienza, che comprende dati individuali e collettivi, non potrebbe certo essere raggiunta attraverso spiegazioni, per quanto eloquenti. Anche in questo caso l’esperienza della vita sarà decisiva.

  Per quanto riguarda sempre il testo libero Freinet sosteneva: se rimproverate troppo il ragazzo perché ha scritto male, perché non ha riletto le sue frasi, scelto le sue parole, se, per finire, gli apponete un voto o un giudizio che, d’un tratto, raffreddi il suo entusiasmo, l’incanto è rotto. Con tali pratiche è possibile forse ottenere diligenti compiti scolastici, ma non certo testi liberi. Dovremo ben guardarci dallo scoraggiare il giovane autore rimproverandolo dicendo: “impara a scrivere prima di voler comporre una frase”; ma al contrario “va benissimo, vedi ho capito cosa hai voluto dire”; “ora sai scrivere”; immancabilmente il ragazzo farà progressi, attraverso tentativi sperimentali e attraverso l’uso che noi faremo di questi scritti, progredirà ancora più rapidamente se avremo la possibilità di sederci ogni tanto accanto a lui, per aiutarlo nelle sue frasi, e da una settimana all’altra l’espressione scritta del suo pensiero diverrà un lavoro sempre più gradevole e proficuo.

Un’altra innovazione delle tecniche Freinet è la “scelta del testo libero” per dargli l’onore della stampa che ne consentirà un impiego pedagogico. La scelta del testo non dovrà dipendere solo dai ragazzi ma dalla intera comunità di cui è parte il maestro; né il maestro deve essere più preponderante nella scelta; la scelta deve avvenire con il voto democratico con maggioranza assoluta al primo turno, maggioranza relativa al secondo turno; il maestro partecipa al voto a parità con i suoi allievi.

Dopo che tutti i testi sono stati letti si vota la prima volta ma la maggioranza assoluta non si raggiunge che in certi casi ben netti; vengono allora eliminati, al secondo turno,  i testi che non hanno riscosso consenso e si opera la scelta solo fra quei testi che hanno suscitato un minimo di interesse. La scelta allora sarà circoscritta; se anche in questo secondo turno la maggioranza è incerta si rivoterà per scegliere fra i due testi in alternativa.

Questo diventa il metodo più semplice e più democratico perché il testo adottato sia quello che più possa interessare a fondo l’insieme della scolaresca e dunque il più utile dal punto di vista formativo e culturale. Questa ulteriore tecnica preannuncia quella della tipografia scolastica per la stampa del giornalino.

L’ORGANIZZAZIONE MATERIALE DELLA SCUOLA

Il problema del rendimento in materia di insegnamento è legato a quello dell’attrezzatura scolastica. La modernizzazione di questa attrezzatura comanda dunque, in certa misura, ogni miglioramento del rendimento del nostro sistema educativo.

Freinet sogna lavagne mobili, sedie pieghevoli, biblioteche fanciullesche, vetrine, acquari, telai per tessere, nonché piccoli laboratori facenti capo alla sala comune, senza porte, nei quali gli scolari possano installarsi a loro talento. Ma si tratta di un sogno lontano dalla realtà. Allora, Freinet, molto semplicemente, per meglio trovarsi al livello del ragazzo, per meglio vivere il suo pensiero e partecipare alle sue emozioni, compie un atto che resterà simbolico: toglie di mezzo la predella che gli conferiva un inutile prestigio e colloca la cattedra a livello del pavimento, contro i banchi dei suoi monelli.

La predella con quattro solidi piedi la trasforma in una robusta tavola che ospiterà il materiale per la stamperia. Al disotto fisserà una scaffalatura destinata a ricevere carte e stampati ed ecco l’officina di stampa. Colloca meglio certi vecchi tavoli a leggio, sacrificando i più malconci che trasforma in tavoli di esposizione, con la parte superiore ridotta a piano orizzontale, si procura vecchi banchi, accosta alla parete alcuni scaffali, modernizza il suo vecchio armadio a muro, ma con suo gran dispiacere, non può abbassare le alte finestre da prigione per porle all’altezza dei ragazzi. La classe ora ha preso un aspetto nuovo, vi si respira meglio, vi si lavora con più facilità ed impegno.

Nondimeno, in questa piccola classe così sprizzante di attività, manca qualcosa di artistico a completare la poetica atmosfera destata qua e là dallo spettacolo dei bei paesaggi che il maestro fa ammirare ai suoi scolari durante le passeggiate e che continua quella sensibile realtà spirante dalle poesie che il giovane educatore improvvisa per i ragazzi. Non è il caso di pensare a una qualche specie di teatro scolastico. Digiuno di musica, senza saper cantare, troppo stanco per mettere in scena delle commediole, Freinet ripiega su quella distrazione di tutto rispetto che è il cinema. Il Municipio accorda fondi per l’acquisto di un proiettore e un fotografo di Grasse offre in noleggio per una modesta cifra i film ricreativi ed educativi. Il lavoro scolastico viene intervallato, a ragione veduta, da piccoli momenti di distensione che alleggeriscono il compito del maestro pur donando al ragazzo  occasioni di evasione e di sogno, poiché sognare è sempre piacevole. L’acquisto di dischi viene a completare l’ambiente di cultura e il disegno libero, ben presto instaurato, conferisce a questa piccola classe  una originalità contrastante con la classe dove prevale l’autorità dell’adulto e la passività del ragazzo.

 

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