"L'ombra del rimorso" DI PIRANDELLO


HOME PAGE RACCONTI AUTORI VARI POESIE INTROSPETTIVE DI B.BRUNO NARRATIVA AFORISMI



 

"L'ombra del rimorso"

- Sono venuto, - si lament� dalla soglia Bellavita, con quell'esitazione di chi si butta a parlare e poi, incerto, si trattiene, - sono venuto, perch� l'ho capito, sa? il cuore a Vossignoria..., il cuore non le regge pi�... a venire da me... L'ho capito!

Ricomposto appena dallo scatto d'ira all'annunzio di quella visita, il signor Notajo, dal tavolino innanzi al quale stava seduto nella sua stanza da letto, accenn� di s� col grosso capo calvo, ma senza saper bene perch�. (Il cuore? che aveva detto?) E invit� con un cenno della mano il visitatore a introdursi, a sedere.

Bellavita, a quel gesto, sent� quasi sussultare tutta la stanza, tanta fu d'improvviso la gioja che ne ebbe. E siccome, parato di strettissimo lutto, dopo aver parlato, s'era ricomposto rigido su la soglia, le gambe per quella gioja quasi gli mancarono. Si sorresse, premendo le gracili mani su gli omeri del figliuolo Michelino, che gli stava davanti, vestito anch'esso d'un abito ritinto or ora di nero.

A quella pressione, come per un richiamo, apparve subito pi� raggiante in Michelino la soddisfazione con cui portava addosso quell'abito nero. Proprio come una divisa, lo portava. Il giorno avanti, ai piccoli amici del vicinato, raccolti innanzi all'uscio di strada su cui il padre aveva inchiodato di traverso una fascia nera di bambagino, egli aveva annunziato:

- Sono a lutto, io.

E, storcignandosi dal piacere in cui pareva tutto invischiato, si era passate le mani sopra la giacca.

Anche pap� era a lutto, e come! Perfino la fascia di lana, sempre avvolta attorno al collo gangoloso, da rossa se l'era fatta ritingere nera. Ma lo portava con ben altro contegno, pap�, il lutto.

All'invito d'introdursi, rimessosi dalla gioja, Bellavita spinse avanti Michelino; e piano, prima, in un orecchio:

- (Va' a baciar la mano al signor cavaliere!)

Poi con la composta gravit� che quella visita di soli sei giorni dopo gl'imponeva, mosse alcuni passi nella camera in disordine che sapeva ancora dei notturni ronfi grassi del grasso Notajo, e sedette ma in punta in punta a una seggiola, e dritto sulla vita, quasi il cordoglio dovesse per forza tenerlo teso e indurito cos�.

Forse, a casa sua, si sarebbe buttato gi�, nella disperazione di quel cordoglio. Ma siccome qua la commiserazione che il signor cavaliere poteva accordargli non doveva occupar soverchio posto nello stesso e certo non men disperato cordoglio da cui doveva essere straziato anche lui in quel momento, gli parve anche troppo toccar cos� col sedere appena appena quella punta di seggiola.

Michelino, ricevuto dal signor Notajo solo il cenno d'un bacio sui capelli, ritorn� a lui e gli si pose tra le gambe.

Per un momento, dal marmo del comodino accanto al letto disfatto, si rese percettibile nell'uggia cupa e sonnolenta di quella vecchia camera il ticchettio sottile dell'orologio d'oro da tasca lasciato l� su un fazzoletto rosso di seta. Il Notajo s'era chinato con le braccia conserte sul piano del tavolino e vi aveva affondato il capo.

Rimase Bellavita un pezzo a contemplare con occhi gravi e densi d'angoscia la calvizie paonazza del signor Notajo, emergente l� dalle braccia conserte. Se il rispetto non l'avesse trattenuto, si sarebbe accostato in punta di piedi a deporre un bacio di convulsa gratitudine su quella calvizie, tanto il doloroso raccoglimento del signor Notajo gli era di balsamo al cuore. Se ne sentiva proprio beato, quasi gliela desse a pascere lui tutta quella pena commovente in cui lo vedeva sprofondato, come il latte del suo seno una mamma al suo bambino.

Alla fine si risolvette a parlare.

- Per il funerale, - disse (e subito la voce gli trem�) - per il funerale ordinai in suo nome una corona di fiori freschi, un po'... un po' pi� ricca della mia.

Il Notajo lev� la faccia pi� che mai aggrondata dal tavolino.

- Una corona?

- Me lo permisi, sicuro d'interpretare il suo sentimento, signor Cavaliere.

- Sta bene. E poi?

- E poi le feci collocare tutte e due sul carro funebre, signor Cavaliere. La sua e la mia. Accanto. Tanto, tanto belle, se Vossignoria le avesse vedute! Parlavano.

- Chi parlava?

- Quelle due corone, signor Cavaliere.

La faccia paonazza del Notajo, alzata, come recisa e posata l� sul piano del tavolino, divent� livida dalla stizza.

- Spero, - disse, - che nel nastro non avrai fatto scrivere il mio nome!

Bellavita, tenendo il fazzoletto listato di nero davanti agli occhi, fece segno di no, col capo.

- Poi? - domand� di nuovo il Notajo.

- Poi, - riprese tra il pianto Bellavita, - tre messe ho fatto dire alla sant'anima: una per lei, una per me, una per Michelino.

Michelino si scosse, invanito dalla bella notizia che una messa... oh! anche per lui? e fece per ripassarsi la mano sulla giacca; ma interruppe il gesto vedendo sorgere in piedi il signor Notajo.

- Mi dirai quanto hai speso!

- Signor Cavaliere...

- Mi dirai quanto hai speso! - ribatt� forte, con esasperazione, il Notajo.

Bellavita strinse tra i denti il labbro per impedire uno scoppio di singhiozzi, ma le lagrime gli piovvero dagli occhi.

- Pe... per carit�, - barbugli�. - Mi... mi vuol dare anche questo dolore?

Il Notajo guat� quelle lagrime, il pietoso aspetto di quell'uomo disfatto in pochi giorni dall'improvvisa sciagura; vide lo sbigottimento allungarsi sul viso sbiancato del ragazzo, e si mise a passeggiare per la stanza, con le mani nelle tasche dei calzoni, senz'aggiungere altro.

I calzoni di quel vecchio abito di casa, troppo larghi, gli facevano due goffe pieghe sul di dietro, le quali, al movimento delle natiche, andavano su e gi� in modo ridicolissimo. Michelino lo not�, e non guard� pi� altro, finch� il Notajo stette a passeggiare.

Alla fine, Bellavita riusc� a risucchiarsi le ultime lagrime dal naso e riprese:

- Sono venuto anche per Michelino.

- Per Michelino?

- Per domandare a Vossignoria se posso rimandarlo a scuola.

- Dio grande e buono! - esclam� allora il Notajo, levando le pugna al soffitto. - E perch� lo domandi a me?

- Ma per sapere se le sembra giusto, dopo sei giorni soltanto.

Con ambo le mani ancora alzate il Notajo fece un gesto violento di noncuranza:

- Ma fa' quello che ti pare!

- Ah no, - scatt� Bellavita, con gravit� e anche con risolutezza, a questo punto. - Di Michelino si tratta! E non voglio far nulla, io, senza il consiglio e il consenso di Vossignoria. Il ragazzo soffre a star solo in casa con me. Vede come s'� ridotto in sei giorni, povera creatura? Ma io non so far altro che piangere, piangere, piangere...

E di nuovo, gi� lagrime, a fontana.

A un tratto, soffocato, arrangolando, balz� in piedi e and� a buttarsi addosso al Notajo, disperatamente.

- Ah, signor Cavaliere, - grid�, - per carit�, signor Cavaliere, abbia considerazione di me! Non m'abbandoni, non m'abbandoni in questo momento, signor Cavaliere! Tutti mi disprezzano per causa sua; tutti ridono di me; di questo mio stesso lutto! Lei solo mi pu� e mi deve compatire! Lei che sa il sentimento mio! Lei che sa che non ho voluto mai nulla da Lei! Un po' di considerazione soltanto, per il rispetto che le ho sempre portato; un po' di considerazione per la mia disgrazia, per la ostra disgrazia, signor Cavaliere!

E lo guard�, in cos� dire, da vicino, cos� affitto affitto e con certi occhi cos� smarriti e atroci, da pazzo, che al Notajo pass� la tentazione di tirargli una spinta per levarselo d'addosso e mandarlo a schizzar lontano.

Quasi non gli parve vero. Prov� schifo nel sentir la magrezza di quelle braccia sotto la stoffa pelosa dell'abito ritinto, nella violenza che facevano per aggrapparglisi al collo in quella convulsione di pianto. E con questo schifo nelle dita, si volt� verso la finestra chiusa della stanza, come per cercare uno scampo. Chi sa perch�, in quella finestra not� subito la croce che nella vetrata formavano le bacchette di ferro arrugginite. E, nello stesso tempo, una strana relazione avvert� tra l'orribile peso di quell'uomo che gli piangeva sul petto e tutta la solinga tristezza della sua vita di vecchio scapolo grasso, quale ora gli appariva evidente dai vetri sudici di quella finestra sul cielo bigiognolo della mattinata autunnale.

Per sottrarsi a quell'incubo, si mise a esortare il piangente a farsi animo: gli promise che non l'avrebbe abbandonato; che sarebbe andato a trovarlo a casa; come prima, s�!

- Ma Teresina... Teresina, signor Cavaliere... Teresina, non la trover� pi�! Non le regger� il cuore, a Vossignoria...

- Se ti dico che verr�! Verr�, verr�...

E cos� alla fine riusc� a mandarlo via.

Rimasto solo, stette per pi� di cinque minuti ad aprire e chiudere le mani, tutto vibrante, congestionato, e a muggire, a fischiare, a gridare in tutti i toni:

- Perdio... perdio... perdio...

Seduto su uno sgabello di ferro della sua botteguccia di caff�, curvo, con gli occhi fissi sul marmo impolverato d'uno dei tavolinetti, Bellavita aspett� parecchi giorni la promessa visita del notajo Denora.

Ma n� il Notajo venne, n� nessuno dei suoi amici, che prima solevano passar l� nel caffeuccio le mezze giornate a conversare, a leggere i giornali, a giocare a carte.

Con Michelino stretto tra le braccia, quando il ragazzo ritornava dalla scuola, Bellavita si sfaceva in lagrime, aspettando. A un certo punto, perch� il cuore gonfio non gli scoppiasse in petto, balzava in piedi; affidava la botteguccia al vecchio cameriere che dormiva sempre, e si recava lui di nuovo, con Michelino, a trovare in casa il signor Notajo.

Solo dopo quattro o cinque di quelle visite, cominci� a comprendere che esse non erano bene accette al Notajo. Non disse nulla. Aggiunse al pianto, sempre vivo per la morte della moglie, altro pianto per questo nuovo dolore, e dirad� un poco le visite. Quando andava, mandava dentro lo studio del Notajo Michelino, e lui si sedeva silenzioso e con gli occhi chiusi nell'anticamera, l� accanto alla bussola di panno verde ingiallito con l'occhio opaco nel mezzo. A poco a poco le palpebre gli si gonfiavano di pianto, e le lagrime gli gocciolavano grosse e spesse per le guance scavate. Il naso, pieno anch'esso di lagrime, gli veniva di soffiarselo forte; se lo soffiava piano, per non disturbare; piano piano... E di tutta quella sua delicatezza non rimeritata s'inteneriva angosciosamente; e quell'angosciata tenerezza gli si scioglieva subito in un nuovo e pi� urgente sgorgo di lagrime.

- T'ha baciato, di', t'ha baciato? - domandava subito a Michelino, accorrendo come un assetato, appena lo vedeva uscire dallo studio.

Michelino alzava le spalle, seccato, non comprendendo il perch� di quell'ansiosa, insistente premura del padre di sapere che cosa gli avesse detto e fatto il Notajo.

- Non t'ha baciato?

- M'ha fatto cos�, - rispondeva alla fine Michelino, passandosi celermente una mano sui capelli irsuti.

- E nient'altro?

- Nient'altro.

Lo accompagnava a casa; lo raccomandava alla serva; e ritornava alla bottega, dove ritrovava il vecchio cameriere che dormiva ancora, nel solito angolo, con la bocca aperta, mangiato dalle mosche.

Tutta la bottega, dalle vetrine laccate un tempo di bianco, ora ingiallite e scrostate, sonava del ronzio fitto, continuo, opprimente di quelle mosche.

Bellavita tornava a sedere, curvo, su lo sgabello di ferro, e stava l�, immobile per ore e ore, con gli occhi fissi, aguzzi, spasimosi, che pareva finissero di divorargli la faccia smunta e smorta, dalla barba non rifatta da parecchi giorni. E allora quelle mosche cominciavano a mangiarsi anche lui: gli si posavano sugli orecchi, sul naso, sul mento; ma egli non le avvertiva nemmeno; o, al pi�, levava appena appena una mano a cacciarle, quando gi� erano volate via.

Erano diventate le padrone della bottega, quelle mosche; avevano incrostato delle loro sudicerie i due veli, l'uno color di rosa e l'altro celeste, tutt'e due scoloriti, che sul banco coprivano le paste gi� secche, le torte indurite, con la marmellata tutta gromme di muffa.

Nella scaffalatura in fondo le bottiglie dei liquori eran tutte coperte di polvere. E su uno dei piatti della bilancia, sul banco, era rimasto un peso d'ottone, a ricordare l'ultima vendita di dolci fatta dalla moglie, che fino a poco tempo addietro sedeva l�, ridente e sfavillante, a quel banco, col nasino bianco di cipria, lo scialletto rosso di seta a lune gialle sul seno prosperoso, i cerchioni d'oro agli orecchi; e ogni sorriso di risposta a ogni sguardo che le fosse rivolto, le scopriva le pozzette alle guance leggermente imbellettate.

Lo aveva ancora nelle narici il profumo di quella donna e gli veniva di serrare i pugni, assalito da una disperata voglia di fracassar quelle vetrine, di rovesciar quelle bottiglie, che gli esasperavano insopportabilmente l'angoscia con la loro simmetrica immobilit� di cose che potevano seguitare a esser per s�, l� come prima, mentre tutto per lui era finito, finito!

E l'infame calunnia ch'egli tenesse su quella bottega di caff� coi denari del notajo Denora; quand'invece, aveva proibito alla moglie d'accettare perfino quello che si dice un fiore dal signor Notajo! Si pigliava i soldi del caff�, quando il Notajo veniva l� con gli amici, proprio perch�, a non pigliarseli, gli sarebbe parso di dar troppo nell'occhio; ma Dio sa quanto ne soffriva! Altro che quel poco di caff�, pur fatto con specialissima cura, gli avrebbe dato il sangue delle vene, per la sviscerata gratitudine che gli serbava, della difesa che nei primi tempi del matrimonio il signor Notajo aveva fatto di lui contro la moglie che lo accusava di poco avvedimento, di poco tatto con gli avventori e d'inesperienza anche e di goffaggine; gratitudine poi della pace che il signor Notajo, con la sua tranquilla e circospetta relazione, gli aveva rimesso in famiglia; gratitudine della rivincita che con l'amicizia di lui aveva potuto prendersi su tutti coloro che lo avevano sempre deriso per le sue arie da �persona civile�, che sapeva trattare e stare in confidenza coi meglio signori.

Come mai, ora ch'era rimasto cos� stroncato dalla sciagura, nemmeno uno di essi si faceva pi� vedere al caff�? Che male aveva fatto al signor Notajo, da esser trattato cos� dai suoi amici? Se mai qualcuno tra loro due, poteva aver rimorso d'aver fatto male all'altro, quest'uno certamente non poteva esser lui.

Non se ne dava pace, Bellavita. Ne impazziva, parola d'onore, ne impazziva!

Ma finalmente, un giorno, ecco presentarsi alla soglia del caffeuccio uno dei pi� intimi amici del notajo Denora.

Appena lo vide, Bellavita balz� in piedi:

- Pregiatissimo signor avvocato!

Ma subito, colto da vertigine, fu costretto a recarsi una mano sugli occhi e a sorreggersi con l'altra al tavolinetto.

- Oh Dio! Bellavita, che �?

- Niente, signor avvocato. La gioja. Come ho veduto entrare Vossignoria... Mi sono alzato troppo di furia. Sono tanto debole, signor avvocato! Ma niente, ora � passato.

- Povero Bellavita, - fece quegli, posandogli una mano su la spalla. - S�, lo vedo, siete molto deperito. No no, state, state seduto.

- Ma Vossignoria s'accomodi, per carit�!

- Ecco, s�, seggo qua.

- Comanda un caff�? una bibita?

- No, niente. State seduto. Vengo a nome del notajo Denora, caro Bellavita, a farvi una proposta.

- A nome...?

- Del notajo Denora.

Bellavita, nel sentir nominare il notajo Denora, cos�, come a tradimento, appass� e guard� quel signore come se fosse venuto a togliergli anche l'aria da respirare.

- Ho inteso, - disse. - Ma scusi...

E non pot� seguitare, al pensiero che il signor Notajo avesse sentito il bisogno di rivolgersi a un altro per fare a lui una proposta.

Interpretando male il doloroso sbalordimento che si dipinse sul volto di Bellavita, colui s'affrett� a esortarlo:

- Non v'allarmate, non v'allarmate, caro Bellavita. � per il bene del vostro ragazzo.

- Di Michelino?

- Di Michelino, s�. Voi sapete che il Notajo gli ha voluto sempre bene, e seguita a volergliene.

- S�? Ah s�? - fece subito Bellavita, protendendosi, con gli occhi d'improvviso ridenti di lagrime. E l'angoscia tormentosa di tutti quei giorni gli fece impeto per trovare uno sfogo in un torrente di domande ansiose attraverso la gioja insperata e inattesa di quella notizia.

- E perch� allora... - cominci� a dire.

Ma quegli par� le mani, a interromperlo subito.

- Lasciatemi dire, vi prego. Il Notajo vi propone, caro Bellavita, di mettere il ragazzo in un collegio, a Napoli.

Bellavita sgran� tanto d'occhi, ripiombando nello sbalordimento doloroso, ma col sospetto ormai che il discorso che quel signore era venuto a fargli, nascondeva sotto ogni parola un tradimento preparato dal Notajo.

- A Napoli? - disse. - Il ragazzo? E perch�?

- Per dargli una migliore educazione, - rispose subito quegli, come se fosse una cosa chiara per se stessa, evidente. - E si assumer� il Notajo, s'intende, tutte le spese, purch� voi consentiate a separarvene.

Dapprima ancor quasi smarrito, poi a mano a mano raffermandosi sempre pi� in quel sospetto che lo riempiva di sgomento e d'indignazione a un tempo, Bellavita cominci� a domandare e a dire:

- E perch�? Il ragazzo, qua, studia, signor avvocato; va bene a scuola; io lo tengo d'occhio. Perch� il signor Notajo mi propone di mandarlo in un collegio, e cos� lontano, a Napoli? E io? Ah, non vuol pi� tenere nessun conto di me, il signor Notajo? Senza il ragazzo, io morrei... Sto morendo io, signor avvocato, sto morendo qua, di crepacuore, abbandonato da tutti, senza sapere perch�! Ma che gli ho fatto io, che gli ho fatto, in nome di Dio? Vuol levarmi anche il ragazzo?... No, no, mi lasci dire! Non � vero niente, signor avvocato, che gli sta a cuore l'educazione di Michelino. No. � altro! � altro! E io lo so, signor avvocato, che cos'�! Ma come? Mi parla di spese, lui? osa parlarmi di spese? E quando mai ho ricorso a lui per mantenere il ragazzo come un figlio di signori? Io, coi miei soli mezzi! io! E finch� campo, ci penser� sempre io, glielo dica! Non posso mandarlo a Napoli. Ma quand'anche potessi, non vorrei. Perch� il signor Notajo mi fa dir questo? Ha forse creduto che gli portavo il ragazzo per averne qualche cosa?

A questo punto l'amico cerc� d'arrestar la foga di tutte queste domande irrompenti, approfittando del sospetto, realmente infondato, contenuto nell'ultima domanda di Bellavita. Ma questi non si lasci� sopraffare.

- Non � per questo? - incalz�. - E allora perch�? Forse perch� non vuol pi� vedere neanche il ragazzo? Me, da un pezzo, non mi vede pi�!

- Oh, alle corte, - disse allora risolutamente quell'amico, assai seccato. - Ora ci siamo! � questo, caro Bellavita. Parliamoci chiaro.

Ma chiaro, veramente, quando fu al dunque, stent� pi� d'un poco a parlare quell'amico, perch� non era mica facile far comprendere a Bellavita il dispetto del Notajo per il suo canino attaccamento. Come spiattellargli in faccia che, con la morte della donna, il Notajo aveva creduto d'essersi liberato dell'incubo di lui, che col ridicolo della sua incredibile mansuetudine, col rispetto ossequioso di cui lo faceva segno davanti a tutti gli amici, con le lodi sperticate che profondeva con chiunque ne parlasse, gli aveva avvelenato il piacere di quell'unica avventura tardiva della sua sobria, riservatissima esistenza? Poteva mai tollerare il signor Notajo la minaccia di non levarselo pi� d'attorno, e che egli seguitasse a rispettarlo, a incensarlo, a servirlo davanti a tutti, a dimostrare in tutti i modi, come aveva sempre fatto, che se tanti trattavano con confidenza il signor notajo Denora, non stessero a farsi illusioni, perch� il signor notajo Denora aveva in segreto una ragione di speciale intimit� con lui, e non avrebbe potuto accordarla ad altri? Legato a lui, per forza, dall'amore per la stessa donna, poteva il signor Notajo seguitare ora a rimaner legato, attaccato a lui dal dolore comune, dal lutto comune per la perdita di lei? Siamo giusti! Era ridicolo! ridicolo! E Bellavita, perdio, doveva capirlo, che, essendo forzato quel primo legame, ora che la morte finalmente lo aveva sciolto, il signor Notajo non aveva pi� nulla da spartire con lui, perch� il dolore, se lo aveva, il lutto, se voleva portarlo per la morte di quella donna, non c'era nessun bisogno che lo avesse e lo portasse in comune con lui. Troppo aveva fatto ridere. Ora basta. Non voleva pi�.

Bellavita, dopo essersi contorto sullo sgabello per arrivare in fondo a quella faticosa spiegazione, alla fine rimase come trasecolato.

- Ah s�? - cominci� a dire. - Ah, � per questo?

E non la fin� pi�. A ogni ah, gli occhi indolenziti dalla dura fissit� di tutti quei giorni di spasimo gli si sbarravano, gli s'accendevano di lampi di follia.

- Ah teme il ridicolo il signor Notajo? Lui, lo teme? Perch� io lo rispetto, teme il ridicolo? Lui che per dieci anni mi rese lo zimbello di tutto il paese, teme il ridicolo? Ah, quanto mi dispiace! E per questo vuole disfarsi di me e di Michelino? Perch� sono andato a trovarlo a casa col ragazzo e voglio rispettarlo ancora? Quanto me ne dispiace, parola d'onore! Ma se � per questo, ah, signor avvocato, gli dica - la prego - che in casa, io, col ragazzo non andr� pi� a trovarlo; ma che, quanto a rispettarlo, ah, quanto a rispettarlo non posso farne a meno! L'ho sempre rispettato, quando il rispetto poteva costarmi d'avvilimento e di mortificazione, e vuole che proprio ora, ora che n'ho pi� bisogno, non lo rispetti pi�? Mi dica lei come potrei fare a non rispettarlo pi�, signor avvocato! Non ho mai fatto altro, tutta la vita, e vuole che ora, tutt'a un tratto, non lo rispetti pi�? Per forza, sempre lo rispetter�, glielo dica! Mi scusi. Me lo insegna lui il mezzo di vendicarmi, e vuole che io non me n'approfitti? Davanti a tutti mi metter� a rispettarlo di pi�, in modo che tutti vedano e sappiano qual � e quant'�, questo mio rispetto per lui! Me lo pu� impedire? Appena lo vedo, subito me gli attacco dietro. Mi metto di professione a fare la sua ombra! Sissignore. L'ombra del suo rimorso; di tutto il male che m'ha fatto per tutto il bene che gli ho voluto. Glielo vada a dire. Egli il corpo ed io l'ombra. Mi d� un calcio, e me lo piglio; uno schiaffo, e me lo piglio. Gli faccio anzi tanto di cappello, subito, a ogni calcio che m'allunga, a ogni schiaffo che mi d�. Pu� andare a dirglielo. Egli il corpo ed io l'ombra.

L'amico cerc� in tutti i modi di dissuaderlo, con preghiere, con ragionamenti, con minacce. Bellavita non si rimosse pi� da quella sua frase:

- Egli il corpo ed io l'ombra.

Stava per precipitare nell'abisso della pi� nera disperazione, ed ecco che aveva trovato, in quelle due parole, un sostegno per fermarsi, per riprendersi. Oh Dio! Poteva anche ridere! S�. Ecco che gi� rideva. Aveva tanto pianto; ora poteva ridere. S�, s�. E avrebbe fatto ridere tutti. Sarebbe stata la sua vendetta. Ogni marito ingannato dalla moglie avrebbe dovuto adottarlo, questo nuovo genere di vendetta: mettersi a rispettare, a venerare, a incensare davanti a tutti, in tutti i modi, l'amante della moglie fino a farlo disperare; riverberargli addosso di continuo il ridicolo della propria mansuetudine, fino a farlo fuggire tra la baja di tutti; e fuggito, ecco, ecco, corrergli ancora dietro, e ancora inchini e riverenze e scappellate, fino a non dargli pi� un momento di requie. Una volta per uno, pezzo d'ingrato! Non ci aveva mai pensato, lui, che quel suo sincero rispetto era gi� una vendetta del tradimento, perch� avvelenava al signor Notajo il piacere di esso. Motivo di pi�, ora, per rispettarlo, il signor Notajo che gli aveva aperto gli occhi e che per mezzo di quell'amico gli aveva fatto vedere e toccare con mano quanto ne aveva patito, poverino! Bisognava compensarlo, povero signor Notajo, con altrettanto rispetto, d'ora in poi.

E Bellavita corse dal suo sarto a ordinargli un nuovo abito da lutto che facesse colpo e saltasse subito agli occhi di tutti per un che di goffo che il sarto ci doveva mettere. Roba da pompa funebre. E camicia nera, solino nero, cravatta nera, bastoncino nero, guanti neri, fazzoletto nero: tutto nero. E poi su, dritto impalato, dietro al signor Notajo, a scortarlo a due passi di distanza, nell'ora che usciva dallo studio per la consueta passeggiata.

La prima volta che prese a scortarlo cos�, il Notajo not� che la gente che gli veniva incontro si fermava e scoppiava a ridere. Si volt�, e, come scorse Bellavita parato a quel modo, prima allib�, poi si sent� rimescolare tutto e gli corse a petto e gli mugg� sotto sotto, accennando di levar la canna d'India:

- Lasciami in pace, Bellavita, o t'accoppo, sai!

Ma Bellavita gli rest� davanti zitto e con gli occhi bassi; impassibile, come un'ombra. E la gente tutt'intorno, ferma per via, a guardare e a ridere. Per sottrarsi a quelle risa il Notajo riprese ad andar di fretta, e allora Bellavita, dietro, di fretta anche lui. Il Notajo and� a ricorrere al Commissario di polizia; ma al Commissario di polizia Bellavita, quando fu chiamato, rispose che non disturbava nessuno; che la strada non era del signor Notajo e che egli ci camminava per conto suo, vestito cos� perch� gli era morta la moglie. Il Notajo pens� di starsene parecchi giorni in casa, e Bellavita per tutti quei giorni all'ora solita gli passeggi� sotto le finestre come una sentinella. Il Notajo finalmente usc�; e lui, di nuovo, dietro. Un giorno, alla fine, non potendone pi�, il Notajo gli diede una solenne fiaccata di bastonate; e lui, come aveva detto, se le pigli�; poi, un altro giorno, una tremenda labbrata con la grossa tabacchiera d'argento; e lui, per pi� d'una settimana, seguit� ad andargli dietro col labbro che gli pendeva come una lingua di cane. Che restava da fare al notajo Denora? Ammazzarlo? Per levarsene la tentazione, e sentendosi per di pi� stanco e nauseato, sia della professione, sia della inutile vita che conduceva in citt�, decise di chiuder lo studio e si ritir� a vivere in campagna.

Bellavita, trionfante, nella bottega del caff� rammodernata e di nuovo piena di clienti, vant�, finch� visse, quel suo nuovo e strepitoso metodo per vendicarsi delle corna. Ma si rammaricava di continuo che, per pochezza d'animo, i tanti cornuti del paese non lo volessero adottare

 

 

Nella novella c�� una prevalenza del dialogo, mentre sono del tutto assenti i monologhi; viene lasciato uno spazio pi� ampio alla descrizione, sempre aggettivata in modo corretto e azzeccato  Ha diverse ambientazioni: dallo studio del notaio Denora, alla dolcieria dei Bellavita. Nella versione teatrale, invece, tutto � concentrato nello studio dell�avvocato Contento; la vicenda si svolge in un arco di tempo molto lungo, quasi un mese. - Nella novella viene proposto il tema del rimorso e della vendetta. Il rimorso del traditore che si sente un verme per aver avuto una relazione con la moglie di Bellavita; la vendetta di quest�ultimo, che trasforma il suo usuale rispetto in persecuzione. .  

 I due protagonisti sono Bellavita e Denora il notaio :

BELLAVITA - E� una persona che non era sicuramente ben vista dalla gente, magrissima. Dopo la morte della moglie,  la gente lo compativa e lo derideva per questo suo lutto ostentato, poich� tutti sapevano che lei lo tradiva con il notaio Denora. Aveva sempre dimostrato una grande considerazione per il notaio, fingendo di non sapere.

NOTAJO DENORA - E� un notabile del paese, che ha avuto una relazione con la moglie di Bellavita; un uomo sulla quarantina, calvo.  Odia Bellavita, perch� il fatto di ossequiarlo continuamente e di voler compiangere con lui la morte della moglie, provoca in lui una grande repulsione.

RIASSUNTO 

 Il protagonista Bellavita � un dolciere, la cui moglie, molto attraente, l�ha tradito con il notaio Denora. Ha un figlio di nome Michelino la cui paternit�, viene messe in discussione, poich� non si sa se sia figlio di Denora o di Bellavita. La moglie di Bellavita muore e non se ne conosce il motivo. Dopo alcuni giorni di lutto e disperazione, Bellavita si reca da Denora per informarlo di aver fatto mettere due corone di fiori sopra la bara della moglie e per chiedergli consiglio e compassione , poich� condividono lo stesso dolore, ma quello di Bellavita viene deriso dalla gente. Poich� capisce che la sua visita non � gradita, in seguito porter� il figlio Michelino a fargli visita e lui rester� fuori dalla porta. Dopo alcuni giorni, nella novella, Bellavita riceve la visita di un amico d� Denora, che gli porta una proposta da parte del notaio; nella versione teatrale, l�amico, che prende il nome di avvocato Contento chiama Bellavita per fargli la proposta di Denora, e anche Denora � presente e racconta gli eventi dal suo punto di vista alla moglie di Contento, durante l�attesa prima che arrivi Bellavita. La proposta � di mandare Michelino a studiare a Napoli per fare in modo che Bellavita gli si tolga d�intorno, poich� vederlo gli fa nascere un rimorso insostenibile. Questo provoca la reazione di Bellavita che si rende cosciente del fatto che il rispetto che porta a Denora anche dopo la morte della moglie, umilia molto il notaio e lo rende ridicolo viene visto come una vendetta, prima agli occhi solo del notaio, e ora anche a quelli di Bellavita, che d�ora in poi continuer� a comportarsi cos� in modo ancora pi� marcato fino ad esasperarlo. Ma questo atteggiamento far� risalire nella considerazione sociale Bellavita, la cui dolcieria si riempir� di nuovo di clienti.

 

Classifica di siti - Iscrivete il vostro!


Informativa Privacy Cookie Policy
- � POESIA E NARRATIVA -