Parla con IL POETA Vincenzo Melino nasce nel 1953 a Colletorto (CB). Ha studiato a Perugia, dove si � laureato in Scienze Politiche. Attualmente vive e lavora a Campobasso. Appassionato del mondo rurale si occupa di tradizioni locali, salvaguardia dell'ambiente e di 'vivere sano'. La campagna e il suo paese natale sono costantemente presenti nei suoi scritti come luoghi di perenne nostalgia. 'Miti e chimere nei ricordi della sera' (Silele Edizioni,2010) � il titolo del suo primo romanzo, con il quale ha partecipato al Concorso Nazionale Letterario Histonium 2010 di Vasto (CH), vincendo il Premio Speciale della Giuria.
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POESIE DI VINCENZO MELINO 3
Accordo musicale Nelle orecchie il respiro leggero degli ulivi e un accordo musicale basso come la luna nel cielo. Negli occhi le ombre quiete dei monti molisani che si stagliano ingrugnate, nel remoto orizzonte, simili a bisonti addormentati. Nelle orecchie il fruscio di un richiamo sommesso, indefinibile, come un vento carico incuneato nel folto del bosco. Negli occhi la calotta azzurrigna che trabocca di stelle, un buio pieno di luce scordata come dopo uno spettacolo pirotecnico. Eternit� Cammino con le mani nelle tasche e sento il sole sulla pelle. Respiro tempo libero e aria di vita sui crinali della contraddizione. L�ombra dei tigli pare risucchiata dalla terra, coperta di ristoppie, in parte nere e bruciate, con gli ulivi dardeggiati dalla calura. D�un tratto una barriera di rovi nelle pieghe sotterranee dell�esistenza. Voci non chiare come strozzate da imbuti nei sonnolenti meandri della storia. Dal clivio arriva un�aura soave, un soffio caldo che viene da occidente. E� il vento del destino che muove le cose. E� un fluire di brezze lontane che fa danzare gli uomini e li porta via. Li porta altrove sui sentieri dell�eternit�. Terra mia Terra di borghi antichi, con vecchi selciati e torri merlate. Terra di boschi secolari, di silenzi incantati, di suoni naturali. Terra di monti solenni, di garruli torrenti e prati percorsi da gioiosi cavalli. Terra di cinguettii e di campane, di panchine di pietra e variopinti roseti. Terra di pane fresco con la crosta che crocca e la mollica che s�intenerisce in rilevate mollezze. Terra di dolci colline e di ulivi ancestrali le cui foglie tremano appena in tenui sbuffi di brezza. Terra di antiche civilt�, di arcaiche vestigia, di profonda spiritualit�. Esistenza Prov� a sfiorare la levigatezza di un foglio di carta, prov� a distinguere le nervature di una foglia d�albero, prov� ad abbracciare il calore della cenere del camino, prov� ad accarezzare la morbidezza della pelle del viso, prov� a gustare la sofficit� di una mollica di pane, prov� a calpestare la ruvidezza di una pietra di strada, prov� a saggiare la fluidit� dell�acqua di ruscello. Prov� a leggere il buio, una notte. Alz� le mani e and� tastando lo spessore scuro intorno al letto. E la notte, impigliata tra le sue dita, si addorment� silenziosamente fino all�alba. Un bambino Vedo il risveglio e il mattino negli occhi dolci di un bambino. Vedo virgulti e grandi alberi nel sorriso innocente di un bambino. Vedo prati verdi e flessuose colline nei sogni fantastici di un bambino. Vedo pampini arrossati e brume serali nelle claustrali paure di un bambino. Vedo ombre sfuggenti e castelli fatati nelle pieghe dell�anima di un bambino. Vedo il sole e la luce negli occhi dolci di un bambino. Vedo profumo di fiori e sapori di frutta fresca nel sorriso innocente di un bambino. Vedo aironi e aquiloni nei sogni fantastici di un bambino. Vedo cupi groppi e turgori notturni nelle claustrali paure di un bambino. Vedo fiabe mirabili e sempiterne chimere nelle pieghe dell�anima di un bambino. Vedo lacrime e dolori negli occhi dolci di un bambino. Vedo albe algide e azzurrati crepuscoli nel sorriso innocente di un bambino. Vedo emozioni e palpiti salmastri nei sogni fantastici di un bambino. Vedo lupi mannari e voli di pipistrelli nelle claustrali paure di un bambino. Vedo gesti inconsapevoli e torrenti d�acqua chiara nelle pieghe dell�anima di un bambino. Un bambino apre e sfoglia il libro dei giorni, scoprendo pulviscoli effimeri e chiarori lunari sul sagrato delle confessioni. Un bambino apre e sfoglia il libro dei giorni e scopre assurde finzioni, rose d�inverno, profumi e sapori d�eternit�. MASCHERE Nei volti della gente, sul finire dell�estate, si legge sempre una grande, allappata malinconia. All�ora del vespro cammino da solo per le stradine del paese, arrossate dal sole declinante, e osservo i volti, le espressioni della gente, scruto i loro corpi, i movimenti, gli sguardi bassi. E pi� li guardo e pi� mi chiedo: �Dove sono le persone?� Pi� che esseri umani vedo maschere: maschere di tristezza, maschere di risentimento, maschere assatanate di disperazione che vagano rutilanti nella sera; con le narici protese, quelle maschere, captano l�odore forte e stallatico dello strame, riveniente dai vicoli della taverna; con lo sguardo evanescente inseguono fumi di comignoli che azzurreggiano, svogliatamente, il cielo grigiastro di settembre; con il cuore affranto rincorrono il vento negli sbuffi sublimi di giorni perduti. Anche la luce dei lampioni sembra morire nei gorghi dell�anima, nell�ombra incerta di un sussulto; la collina, invece, quasi intimidita dagli eventi, avvampa, come un bisonte, nel cavernoso orizzonte e nei fiori cremisi del crepuscolo. Sentieri dell�anima Dalla finestra osservo strisce di vigne e il respiro assurdo dei solchi nei campi, della terra aperta a maggese. La terra, ondulata e ampia, come la schiena di un cavallo, fuma generosa nel sole germogliante del mattino. All�interno della stanza l�immenso lago del nulla, l�opacit� dei sentimenti, il cielo plumbeo della psiche e un sottile sorriso di piet� umana. Nella Casa di cura il lassismo della vita, la mancanza di sussulti nei gorghi dell�anima, fa appassire le gemme di felicit� ancor prima che le falene s�impadroniscano del buio della sera. Minuti, ore, anni, scivolano lenti lungo il fiume della vita, quasi a voler levigare il marmo duro del cuore, quasi a voler stemperare la disillusione che, a tratti, s�incrosta nell�ardito sentiero, diluendosi poi nel livore tenue di una felicit� impossibile. Nei cameroni e lungo i corridoi pazienti sventurati, non si lamentano, non palesano le stille di malinconia, non esternano i loro deliri vespertini. Piangono di notte negli antri oscuri, lontano da sguardi indiscreti e indagatori. Piangono con dignit� e orgoglio e non chiedono affetto, non si lasciano amare. La malinconia accompagna la loro fierezza e punge, gelosa, l�intelligenza, il sentimento, le azioni. La malinconia crea in essi il dubbio sulla vita. La malinconia chiede informazioni su tutti i �perch� e nessuna parola cancella il dubbio. Con lei ci si accorge che le ombre sono pi� importanti delle luci, il silenzio delle parole, la solitudine del rumore. Ogni parola diventa un inganno, ogni azione naviga nel tarlo dell�inutilit�. E si cerca di vedere al di l� delle parole, degli eventi, per scoprire la compostezza dell�ombra, per scandagliare il mistero. I colori della mente Nel silenzio della notte arrivano lamenti, sorde imprecazioni, suoni di bestiale disperazione, aspirazioni al vizio assurdo e al gesto inutile. I matti sono come fiumi in piena e qualche volta straripano. Essi non fingono mai e i loro pensieri sono liberi di andare oltre i corpi, oltre ogni legge, al di l� di tutte le bugie del mondo. Le connessioni sentimentali e poetiche crescono nei loro cuori e si sviluppano liberamente, come la lupinella e le erbacce selvatiche che infestano i terreni incolti. Come l�edera si arrampicano sulle pareti murate e sulle umane debolezze, senza alcun senso. Smanie di speranza, frenesie irraggiungibili, fervori di felicit� assurdi come temporali estivi, come chimere incartate nelle brume rossigne della sera. Frantumi di parole stellate, seta sbriciolata tra raggi di sole. Scavando nei meandri dell�imponderabile ritrovo steli ghiacciati, parole senza sangue, volti senza religione, tensioni e pulsioni, sarcasmi e furori, sussurri e deliri, inconsapevolezza assoluta, generosit� claustrale, candore infantile, inattesa nobilt�. Nella Casa di cura non ci sono luci che irradiano gli occhi dei pazienti e la putredine quotidiana insanguina i crepuscoli vermigli. Il respiro dell�anima corre lontano e i cuori danzano su prati verdi, come piedi nudi di un evaso sull�asfalto rovente. Aspro contegno Nelle sere brune di giugno il cielo cupo s�incurva sul monte Crocella in uno scintillio di stelle, basse come nuvole bianche. Nel silenzio delle tenebre odo il fruscio delle frasche d�ulivi, profondo e complesso come il brusio ansioso di una folla. La felicit� si riverbera nello scorrere lento del tempo e nei voli liberi della fantasia. Il contegno aspro di gente povera sopravvive spavaldo, tra ombre sfuggenti, nel nitore sublime di un�evasiva elegia. Silenzio Il silenzio � nelle cose e negli uomini. Il silenzio si riempie di un brulichio di pensieri. Il silenzio accompagna il pianto, difende una lenta agonia, e penetra, dimesso, nelle gioie. Il silenzio circoscrive la solitudine e la morte dell�anima, divenendone condizione e misura. Stille di silenzio, scabre e difformi, come umili emblemi, tenui e reietti. Granello di polvere Ombra errante in foresta impossibile: gli alberi sono case, idee, religioni, filosofie. Granello di polvere che il vento solleva e fa ricadere, cautamente, sulla collina. L�ora � sempre incerta, il cielo sempre lontano, la vita sempre estranea, il gesto sempre assurdo. Accordo musicale Nelle orecchie il respiro leggero degli ulivi e un accordo musicale basso come la luna nel cielo. Negli occhi le ombre quiete dei monti molisani che si stagliano ingrugnate, nel remoto orizzonte, simili a bisonti addormentati. Nelle orecchie il fruscio di un richiamo sommesso, indefinibile, come un vento carico incuneato nel folto del bosco. Negli occhi la calotta azzurrigna che trabocca di stelle, un buio pieno di luce scordata come dopo uno spettacolo pirotecnico. Transumanza La vampa si diffonde sulle campagne, giovani ulivi si rivestono, orgogliosi, di nuovi fiori. Sulla terra riarsa troneggiano spighe di grano ingiallite. Muretti discontinui preservano da precipizi indolenti e mascherano, incautamente, una lama cupa e inaridita. Un aspetto feudale e parassitario si riverbera nel cielo estivo, su coccetti punici e sanniti sparsi nella campagna. Cirri complicati e veloci nella luce vaga e caliginosa. Odori di fieno, tagliato da poco, di sambuco, terra e bosco. Turbe di armenti, ridde di greggi, in transumanza. Fortore Il Fortore, acquattato come un cervone, dietro alture silenti, compare all�improvviso nella brughiera ubertosa. Le sue acque copiose, veloci, fresche, scendono agevolmente al piano, s�infiltrano nella terra tenera e alimentano, languidamente, radici di piante e erbe. Colline emergono sulle sue sponde, casolari e villaggi perduti s�appollaiano fiacchi nel riposo dormiente del vago orizzonte. Il fiume dilaga rumoroso tra le rocce, allargandosi in prospere piagge, rinchiudendosi virulento nelle strozzature di cupe gole, aprendosi rabbioso la strada e riposandosi al piano quietamente. L�acqua, con impeto greve, scorre tra le pietre; sassi e morge gli rendono dura la vita, non gli permettono di ristagnare, di rodere la terra, di lordarsi li limo. Tutt�intorno clivi coperti d�ulivi, dolci e flessuosi. Dal davanzale Il vallone di Santa Maria si � inaridito da un po� di giorni e vedo biancheggiare il letto sassoso in un luccichio accecante. Un ballatoio scarnamente rialzato mi nasconde la brughiera che, arida e dorata, si allunga attorno al paese. Osservo la cresta dei colli dauni, uguali, senz�alcun rilievo, pieni di campi seminati a frumento, intervallati, a tratti, da forre cosparse di ulivi. Nell�immobile elegia di giorni quieti e inconsapevoli, con i gomiti poggiati sul davanzale, seguo, con lo sguardo assorto, il corso vuoto del torrente perdersi in una valletta piena di ciclamini e cardi polverosi. Indovino la mia immagine nel riflesso di un bicchiere, nella chioma degli alberi, nei fiori che spuntano lievi dalla terra verde, nel vento che trema e agita appena le fronde del glicine. Sommossa popolare Arriv� la notte buia e l�estremo anelito si spense negli angoli tenebrosi del piazzale desolato, oltre il circolo di luce della luna piena, alta e gagliarda nel cielo. Laddove, pochi giorni prima, si apriva una primaverile foresta sotto un sole chiaro e meridiano, in un�oscurit� fosca, il mare scatenato nella tempesta non consent� pi� di pensare che la vita, la felicit�, la speranza, la luce, potessero splendere nuovamente sulla sinistra devastazione di quella piazza. Nella solitudine della stanza assaporai l�aria ilare della libert�, respirai con voracit� il profumo intenso del glicine, sperimentai la quieta malinconia della notte agiata; e l�agrezza nottivaga dell�impeto percettivo entr� nel nido iridescente del mio cuore, attraverso un�indefinibile breccia dell�anima. Ero io stesso la notte. I mutamenti accaduti a seguito della sommossa popolare portarono in quel remoto paese sorprese e illusioni; ma, per finire, pure quell�anno arriv� il caldo estivo, mutarono ciclicamente le stagioni, piovve e nevic� come tutti gli altri anni e i poveri rimasero poveri. Scarcatagliole (1) Gente fiacca e, d�ordinario, vile. Gente servizievole verso i potenti, a patto d�immunit� nelle cattiverie contro i poveri. Gente senza scrupoli. Gente senza famiglia, senza onore, senza fede. Gente infida, poveri ma nemici dei poveri. Di stare tutti insieme hanno bisogno per darsi coraggio e fare gruppo, branco, come un gregge. Puzzano di vino gi� al mattino e se li guardi negli occhi non osano sostenere lo sguardo. Gente povera, pure loro, senza terra e senza mestieri, o con molti mestieri, e ribelli alle attivit� pesanti. Troppo deboli e meschini per ribellarsi ai ricchi e alle autorit�: preferiscono servirli per avere il permesso di rubare e opprimere gli altri poveri, i cafoni, i villani, i fittavoli, i braccianti. Incontrandoli per strada, da soli, sono, abitualmente, umili e ossequiosi; a stuolo o in piccoli crocchi cattivi, malvagi, traditori e bastardi. Sono sempre al servizio di chi comanda e sempre lo saranno. (1) Scansafatiche.
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