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LA POLITICA IN DANTE
DANTE ALIGHIERI afferma la legittimità completa del potere imperiale che si è formato sulla tradizione romana e voluto da Dio per rimediare alla degenerazione della storia umana; convinto che la giustizia superiore di Dio dovesse compiersi anche nella vita terrestre, pose tutto il suo impegno di studioso e di scrittore al servizio della redenzione dell'umanità, che gli sembrava ai suoi tempi aver toccato il fondo del male. Al contrasto che imperversava tra Impero e Chiesa, Dante mette avanti, eliminando ogni dubbio, una reciprocità nel garantire una pace terrena improntata alla giustizia e soprattutto una salvezza divina per gli uomini: il Papa possedeva il potere spirituale, mentre l’Imperatore dove servirsi del potere temporale. Nel trattato, De Monarchia, scritto in latino dal 1310-1313, Dante ribadisce il tema a lui più caro: quello politico. Per il poeta, l’unica forma di governo che possa assicurare la pace e la sicurezza, è la monarchia, una monarchia universale capace di garantire una stabilità politica, che rifletta nel nostro mondo l’unicità e l’universalità del regno di Dio; l’imperatore doveva garantire la pace sulla terra, la giustizia e la libertà degli uomini come l’universo è retto da Dio, invece la chiesa si doveva interessare solamente delle questioni spirituali. L’impero , quindi, doveva essere indipendente dalla chiesa perché era anteriore a questa e non poteva ricevere da questa la sua autorità.