Il poeta Pascoli dice che
esiste dentro di noi un fanciullino che nell'infanzia si confonde con noi, ma,
anche con il sopraggiungere della maturità, non cresce e continua a far sentire
la sua voce ingenua e primigenia, suggerendoci quelle emozioni e sensazioni che
solo un fanciullo può avere.
Spesso, però, questa parte che non è cresciuta non viene più ascoltata
dall'adulto. Il poeta invece è colui che è capace di ascoltare e dare voce al
fanciullino che è in lui e di provare di fronte alla natura le stesse sensazioni
di stupore e di meraviglia proprie del bambino o dello stato primigenio
dell'umanità.
Il fanciullino prova
sensazioni che sfuggono alla ragione, ci spinge alle lacrime o al riso in
momenti tragici o felici, ci salva con la sua ingenuità, è sogno, visione,
astrazione. È come Adamo che dà per la prima volta il nome alle cose e scopre
tra esse relazioni e somiglianze ingegnose, che nulla hanno a che vedere con la
logica della razionalità. Il nuovo si scopre, non si inventa, la poesia è nelle
cose, anche nelle più piccole.
La poesia ha un compito civile e sociale: il poeta in quanto tale esprime il
fanciullino ed ispira i buoni e civili costumi e l'amor patrio, senza fare
comizi, senza dedicarsi alla politica nel senso classico, ma solo grazie al suo
sguardo puro ed incantato.