REFERENTE STORICO | Realt� politica, sociale ed economica della Lombardia soggetta al domino spagnolo nella prima met� del XVII secolo. |
REFERENTE D�INVENZIONE | Renzo (Lorenzo Tramaglino), filatore di seta della zona di Lecco. Egli vuole sposare Lucia (Mondella), filatrice di seta sua compaesana, ma viene ostacolato da don Rodrigo, signorotto del luogo. |
MESSAGGIO 1) Denotazione |
Renzo e Lucia superano ogni difficolt� e si sposano. |
2) Connotazione |
L�uomo, anche di fronte alla
situazione pi� disperata, non deve mai perdere la sua fiducia in
Dio. Dio, anche quando sembra indifferente e distaccato, provvede in realt� al riscatto e alla salvezza dell�uomo. Il dolore, poi, non � fine a se stesso, ma, nel progetto divino, prepara all�uomo una gioia pi� grande . |
ROMANZO STORICO: | Genere letterario misto di storia ed
invenzione; pu� essere considerato come un prodotto squisitamente
romantico proprio per la ricostruzione storica in modi fantastici e
sentimentali. L�interesse per il romanzo storico era stato suscitato in Manzoni dalla lettura del romanzo �Ivanhoe� dello scozzese Walter Scott (1771-1832). |
1) Storia |
Manzoni raccolse con lo scrupolo di un vero �storico� tutti i particolari dell�et� in cui doveva svolgersi l�azione: libri di storia (del Ripamonti, Tadino, Rivola, Pietro Verri), opere cavalleresche (del Birago, Olevano, Barzagni), mappe dettagliate della Milano seicentesca; raccoglie nomi, soprannomi, calendario, costumi, grida. |
2) Invenzione |
E� la storia dei due promessi. Manzoni finge di averla trovata nel manoscritto di un autore anonimo del �600. |
1) Il cardinale
Federigo Borromeo; 2) l�Innominato, in cui rivive Bernardino Visconti; 3) Gertrude, ovvero Marianna de Leyda; 4) padre Cristoforo, al quale corrisponde, in parte, Lodovico Picenardi di Cremona; 5) gli uomini di governo. FATTI STORICI RIEVOCATI DAL ROMANZO2) la sommossa milanese del novembre 1628; 3) la conversione di Bernardino Visconti; 4) il passaggio dell�esercito imperiale (Lanzichenecchi) per recarsi all�assedio di Mantova; 5) la guerra di successione per Mantova e il Monferrato; 6) la peste del 1630 a Milano e in Italia.
Nel primo �800 gli scrittori italiani, seguendo la nostra tradizione letteraria, adottavano ancora un registro di tipo aulico/formale/accademico, anche per la costante riproposta di registri stilistici e lessicali ormai vecchi di secoli, per quanto prestigiosi. Manzoni, invece, avvert� la necessit� di una lingua italiana unitaria, di una lingua cio� comprensibile alla gran parte degli italiani. Non scelse per� il dialetto lombardo (rifiut� anche gli idiotismi lombardi del manoscritto) bens� il fiorentino parlato dalle persone colte, �il fiorentino ben parlato�, perch� esso forniva garanzie di prestigio, di espressione e di comprensione in larghi strati della popolazione. La riforma manzoniana del linguaggio influenz� tutti gli autori italiani successivi, anche se possono essere considerati come eccezioni il D�Annunzio, che adotta un linguaggio �archeologico� fatto di citazioni e reminiscenze letterarie, e il Carducci. Il suo linguaggio � dunque vivo e colorito, perch� ricavato dalla comunicazione quotidiana dei parlanti. Stilisticamente sono frequenti l�uso dell�ironia e delle similitudini a fini espressivi e chiarificativi. Vediamone alcuni esempi tratti dal primo capitolo: a) �i soldati spagnoli... insegnavan la modestia alle fanciulle... accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, ...non mancavan mai di diradar l�uve...�; b) su don Abbondio: �non avesse anche lui un po� di fiele in corpo... tanti bocconi amari inghiottiti in silenzio...; (aiutare un oppresso) ... era per lui un comprarsi gl�impicci a contanti, un voler raddrizzar le gambe ai cani.� c) �(Perpetua era nubile) per non aver mai trovato un cane che la volesse...�; dice: �il nostro arcivescovo � un uomo di polso... quando pu� far stare a dovere uno di quei prepotenti, ci gongola...; le schioppettate non si danno mica via come confetti: e poi se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano... a chi sa mostrare i denti gli si porta rispetto...�; d) don Rodrigo �... � tempo di dir codeste baggianate?� La scelta di Manzoni per una lingua popolare riflette la sua predilezione, sociale e morale, per i deboli, per gli oppressi, per i poveri: egli porta in primo piano nel suo romanzo tutti coloro che (come Renzo, Lucia, Agnese, Perpetua, Tonio, ecc.) erano sempre stati dimenticati dalla letteratura precedente, attenta solo ai grandi avvenimenti e ai personaggi famosi. L�aggettivazione usata da Manzoni non � semplicemente esornativa, ma esprime un giudizio morale. Vediamo alcuni esempi dal capitolo X e XIII: a) su Egidio: �giovane scellerato di professione�; b) su Gertrude: �la sventurata rispose�; c) sul vecchio della sommossa: �vecchio mal vissuto... due occhi affossati e infocati... compiacenza diabolica... canizie vituperosa�. Anche la metafora non � esornativa, ma esplicativa dei sentimenti dei personaggi; gli esempi sono tratti dal primo capitolo e dal VI: a) �(don Abbondio) era un animale senza artigli e senza zanne... un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro...�; b) �Questo nome (don Rodrigo) fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte del temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore�; c) padre Cristoforo, offeso da don Rodrigo: �abbass� il capo, e rimase immobile, come, al cader del vento, nel forte della burrasca, un albero agitato ricompone naturalmente i suoi rami, e riceve la grandine come il cielo la manda.�
Il narratore (cio� il Manzoni, autore virtuale) si rivolge direttamente in prima persona ad un narratario (cio� il lettore virtuale presupposto dal Manzoni). Infatti si legge nel primo capitolo: �... si trover� chi duri la fatica di leggerlo... I miei venticinque lettori�. Tale narratario � di media cultura, benpensante e moderato. Quindi il Manzoni gli si rivolge nel fiorentino parlato dalle persone colte, gli tace la canzonaccia dei bravi (capitolo I), i discorsi strani di Gertrude (capitolo IX), i crimini dell�Innominato (capitolo XXI), i piani delittuosi di don Rodrigo e del Griso (capitolo VII) e disapprova l�entusiasmo di Renzo per i tumulti di Milano (capitolo XI). Ci sono diversi modi del narratore di rapportarsi con la materia trattata: 1) mimesi (dialoghi, monologhi, soliloqui dei personaggi): il narratore � assente. Ad esempio: dialogo fra don Abbondio e Perpetua (capitolo I); dialogo fra don Abbondio e Renzo (capitolo II); soliloquio di don Abbondio (inizio capitolo VIII). Il procedimento mimetico usato dal Manzoni, soprattutto nelle vicende d�invenzione, � sottolineato dal registro linguistico che appare di tipo semplice/basso/realistico, come quello di Renzo e Perpetua, pi� accademico quello di don Abbondio o di Azzecca-garbugli. 2) Diegesi (descrizioni, commenti, riassunti giudizi, resoconti di ci� che i personaggi non hanno n� detto n� sentito): il narratore si manifesta come la �voce fuori campo� del cinema. Ad esempio: la descrizione del lago di Como (capitolo I); l�aspetto dei bravi (capitolo I); la citazione delle grida (capitolo I); l�abito di Lucia (capitolo II); i gesti e i pensieri di Renzo mentre si reca da Azzecca-garbugli (capitolo III). Il procedimento diegetico � quello prevalente nel romanzo ed esprime tutto quello che non pu� essere detto col semplice dialogo fra i personaggi. 3) Discorso trasposto (nel quale la citazione � riferita con parole che non sono esattamente quelle pronunciate dai personaggi): il narratore si nasconde. Ad esempio: �Addio, monti sorgenti dalle acque... di tal genere, se son tali appunto erano i pensieri di Lucia...� (capitolo VIII). Ogni narratore, inoltre, delinea i fatti con una prospettiva particolare, con un particolare punto di vista. A seconda della prospettiva il racconto, o la narrazione, pu� essere: 1) a focalizzazione interna (quando il narratore sa, vede, pensa attraverso uno, interna fissa, o pi� personaggi, interna variabile o multipla): nei Promessi sposi ricorre di rado. Ad esempio: dopo che i bravi, vestisti da mendicanti, sono passati nella casa di Agnese: �... che razza d�uomini fossero, non si sarebbe potuto dire facilmente; ma non si poteva credere neppure che fossero quegli onesti viandanti che volevano parere� (capitolo VII Manzoni limita la sua autorit� riferendo solo ci� che i personaggi percepiscono o percepirebbero); �Lucia lo vide e rabbrivid�; scese con l�occhio gi� gi� per la china, fino al suo paesello, guard� fisso all�estremit�, scopr� la sua casetta... Addio monti...� (sentimenti e pensieri sono di Lucia, il registro colto del discorso �, invece, del narratore); 2) a focalizzazione esterna (quando il narratore ne sa meno dei personaggi e racconta �dall�esterno� i loro comportamenti): nei Promessi sposi non ricorre mai; 3) a focalizzazione zero o del �narratore onnisciente� (quando il narratore sa, o racconta, pi� di quanto sappiano e vedano, o possano sapere, i personaggi, permettendosi anche incursioni nella loro mente e psicologia). E� la forma di racconto prevalente nei Promessi sposi, tipica del resto i tutto il romanzo tradizionale. Alcuni esempi in cui noi troviamo il narratore onnisciente sono: �quel ramo del lago di Como... Per una di quelle stradicciole tornava bel bello...� (inizio del primo capitolo); il narratore entra perfino nella mente di personaggi come Gertrude, esprimendone le inquietudini interiori (capitoli IX e X), come l�Innominato, riferendoci i suoi pensieri (capitolo XX), o quelli di don Abbondio alla vista dei bravi (primo capitolo). |
Per analizzare un racconto dal punto di vista del tempo occorre distinguere tra fabula e intreccio. FABULA: comprende gli avvenimenti, i personaggi, gli ambienti del racconto: � la storia che viene raccontata; si pu� divider in sequenze ordinate secondo la successione logico-temporale. INTRECCIO: sono gli enunciati narrativi tramite cui si comunica il contenuto della narrazione: � il discorso utilizzato dall�autore per narrare la storia. Quando si ha discordanza fra l�ordine dell�esposizione degli eventi nell�intreccio, da una parte, e nella fabula, dall�altra, si parla di anacronia, che pu� presentarsi come: 1) prolessi, quando si anticipa un evento successivo; 2) analessi, quando vi sono delle retrospezioni, cio� dei flashback. Nei Promessi sposi l�esposizione � prevalentemente lineare, infatti gli eventi sono narrati secondo la progressione naturale del tempo; non abbiamo prolessi, ma talora analessi: come nel flashback sulla vita passata di padre Cristoforo o nel flashback sulla vita passata di Gertrude. IL TEMPO DELLA STORIA (TS)
IL TEMPO DEL DISCORSO, DEL RACCONTO (TR)capitoli 18-19: alcune settimane; capitoli 20-24: due giorni; capitoli 25-26: lieve accelerazione; capitoli 27-32: due anni (dal Novembre 1628 all�Agosto 1630); capitoli 33-38: ritmo lento fino alla lieve accelerazione della conclusione. Le forme temporali utilizzate dal narratore possono essere cos� elencate: 1) la pausa (o digressione), in cui il tempo della fabula � nullo (� come se la progressione del racconto si fermasse: TS=0): qui il narratore fissa l�universo dei valori, commentando gli avvenimenti con massime di carattere religioso e morale, con valutazioni politiche o storiche. Qualche esempio sono: �E� una delle facolt� singolari e incomunicabili della religione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, in qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad essa� (capitolo X); �Era (la tortura) uno di que� rimedi eccessivi e inefficaci dei quali, a quel tempo... si faceva tanto scialacquo� (capitolo XXXIV); �Ne� tumulti popolari c�� sempre un certo numero di uomini che, o per riscaldamento di passione..., fanno di tutto per ispinger le cose al peggio...� (capitolo XIII); e �In un paese e in un�epoca vicina (Francia 1789)... si ricorse... a simili espedienti e ci� principalmente perch� la gran massa popolare pot� far prevalere a lungo il suo giudizio e forzare la mano a quelli che facevan la legge.�; 2) la narrazione rallentata (TR maggiore di TS): quando l�autore indaga per intere pagine una sensazione o un pensiero; 3) la scena dialogata, in cui il tempo dell�intreccio e quello della fabula coincidono (TR=TS), si ha, ad esempio nei dialoghi fra don Abbondio e Perpetua, in quello fra padre Cristoforo e don Rodrigo, fra l�Innominato e Lucia, eccetera; 4) il sommario, in cui il tempo dell�intreccio � pi� breve del tempo della fabula (TR minore di TS), quando il Griso fa la relazione a don Rodrigo sulla notte degli imbrogli (capitolo XI), o nel racconto del Manzoni sull�Innominato (capitolo XXI), o sul ravvedimento di Gertrude (capitolo XXIX) e, anche, nell�esposizione delle parti storiche; 5) l�ellissi, in cui, invece, il tempo dell�intreccio � nullo (TR=0), vengono infatti omessi dal discorso fatti avvenuti nel tempo ma che non interessano la narrazione. Ad esempio: su padre Cristoforo, �non � nostro disegno far la storia della sua vita claustrale� (capitolo XIV); o, su Gertrude, �i suoi discorsi divennero a poco a poco cos� strani che, invece di riferirli...� (capitolo IX); e su Renzo �noi riferiremo solo alcune delle parole che mand� fuori, in quella sciagurata sera� (capitolo XIV).
LO SPAZIO DEL DISCORSO, DELL�INTRECCIOIl riferimento, poi, alle differenze tra la Milano del �600 e quella presente al Manzoni, mostra un tentativo costante di mantenere vivo il contatto con il narratario (funzione fatica e referenziale). Prendendo spunto dalle funzioni linguistiche secondo lo schema di Jakobson, infatti, possiamo rintracciare nella narrazione una funzione narrativa esercitata dal narratore, una funzione fatica (di contatto fra narratore e narratario), una funzione meta-narrativa o �di regia� (quando il narratore mette in evidenza l�organizzazione interna del suo racconto, ad esempio nel capitolo II) e una funzione referenziale (nelle descrizioni); occorre osservare che nella narrazione la funzione conativa o persuasiva (quando il narratore vuole influenzare il lettore) pu� assumere anche l�aspetto di funzione ideologica quando il narratore commenta esprimendo valutazioni personali e, allo stesso modo, la funzione emotiva o espressiva pu� divenire funzione testimoniale, quando il narratore fa riferimento a se stesso come testimone di ci� che racconta o fa riferimento a una fonte.
|