165. (...) Or dimmi, e non ti gravi,
166. Se di te vero udii che la divina
167. De le Muse armonia poco curasti�.
168. Sorrise alquanto, e rispondea: �Qualunque
169. Di chiaro esempio, o di veraci carte
170. Giovasse altrui, fu da me sempre avuto
171. In onor sommo. E venerando il nome
172. Fummi di lui, che ne le reggie primo
173. l'orma stamp� de l'italo coturno:
174. E l'aureo manto lacerato ai grandi,
175. Mostr� lor piaghe, e vendic� gli umili;
176. E di quel, che sul plettro immacolato
177. Cant� per me: Torna a fiorir la rosa.
178. Cui, di maestro a me poi fatto amico,
179. Con reverente affetto ammirai sempre
180. Scola e palestra di virt�. Ma sdegno
181. Mi fero i mille, che tu vedi un tanto
182. Nome usurparsi, e portar seco in Pindo
183. L'immondizia del trivio e l'arroganza
184. E i vizj lor; che di perduta fama
185. Vedi, e di morto ingegno, un vergognoso
186. Far di lodi mercato e di strapazzi.
187. Stolti! Non ombra di possente amico,
188. N� lodator comprati avea quel sommo
189. D'occhi cieco, e divin raggio di mente,
190. Che per la Grecia mendic� cantando.
191. Solo d'Ascra venian le fide amiche
192. Esulando con esso, e la mal certa
193. Con le destre vocali orma reggendo:
194. Cui poi, tolto a la terra, Argo ad Atene,
195. E Rodi a Smirna cittadin contende:
196. E patria ei non conosce altra che il cielo.
197. Ma voi, gran tempo ai mal lordati fogli
198. Sopravissuti, oscura e disonesta
199. Canizie attende�. E tacque; e scosso il capo,
200. E sporto il labbro, amaramente il torse,
201. Com'uom cui cosa appare ond'egli ha schifo.
202. Gioja il suo dir mi porse, e non ignota
203. Bile destommi; e replicai: �Deh! vogli
204. La via segnarmi, onde toccar la cima
205. Io possa, o far, che s'io cadr� su l'erta,
206. Dicasi almen: su l'orma propria ei giace.
207. �Sentir�, riprese, �e meditar: di poco
208. Esser contento: da la meta mai
209. Non torcer gli occhi: conservar la mano
210. Pura e la mente: de le umane cose
211. Tanto sperimentar, quanto ti basti
212. Per non curarle: non ti far mai servo:
213. Non far tregua coi vili: il santo Vero
214. Mai non tradir: n� proferir mai verbo,
215 Che plauda al vizio, o la virt� derida.Si riferisce al fatto che Imbonati era, essendo illuminista e riformatore, pi� attento alla diffusione di una cultura civilmente utile che alla poesia.
Imbonati conferma di vedere con rispetto una poesia che faccia dell�utilit� e della verit� il suo fine e contenuto.
Avuto = considerato
Si riferisce a Vittorio Alfieri (lui) visto come il 1� tragediografo italiano (coturno era la calzatura utilizzata dagli attori greci delle tragedie) e che aveva nelle sue tragedie mostrato le miserie dei potenti (i protagonisti delle tragedie alfieriane erano in genere re e personaggi d�alto lignaggio).
Si riferisce a Parini (quel). Con: Torna a fiorir la rosa, cita l�incipit dell�ode �L�Educazione� del Parini, che questi scrisse per festeggiare la guarigione dal vaiolo di Imbonati. Il plettro immacolato indica la poesia immacolata (ripresa dal �nobil plettro� citato in un�ode pariniana).Cui = che
Gli provoca sdegno chi usurpa �un tanto Nome� (di poeta) e contamina la poesia (Pindo � il monte sacro alle Muse, numi tutelari della poesia) con il trivio. Trasformando, per la loro cattiva reputazione (perduta fama) e la mancanza di ingegno poetico (morto ingegno) la poesia in un mercato di adulazioni e di contumelie (lodi mercato e di strapazzi).
Stolti! Con il (sommo...cieco) che per la Grecia and� mendicando si riferisce ad Omero, il quale non si avvalse di protezioni (ombra di possente amico) e di adulatori comprati.
Ascra era la citt� sede delle Muse (fide amiche).
Argo�Smina: cita le citt� che si contendevano i natali di Omero.
Si rivolge di nuovo ai poetastri (Ma Voi�), sopravvissuti alle loro stesse opere (mal lordati fogli) vi attende una senescenza nell�oscurit�.
Manzoni sposta qui il dialogo ad un livello ideale.
Non ignota bile: si riferisce al fatto che lo stesso rancore e disprezzo per il presente malcostume gli aveva gi� ispirato la composizione dei Sermoni.
Su l�orma propria ei giace: Manzoni allude a chi muore dopo aver vissuto senza essere sceso a compromessi.
Manzoni, attraverso l�uso stilistico dell�infinito, espone un vero e proprio decalogo laico di virt�, traccia un programma di vita morale e poetica a cui il Manzoni rester� sostanzialmente sempre fedele: l�unit� del sentire e del meditare, non togliere (torcer) gli occhi alla meta, conservare pura la mano e la mente, non dar loro troppo peso (curarle), non tradire il santo vero, non applaudire mai al vizio n� mai deridere la virt�.
Tema: �In morte di Carlo Imbonati� � un carme, composto nel 1805 e pubblicato nel 1806 a Parigi, dedicato alla madre, allora in lutto per la morte dell�Imbonati, col quale essa conviveva fin dal 1792, anno della separazione legale dal marito.
La composizione del carme, in cui sono celebrate le virt� dell�Imbonati, � dovuta all�affetto verso la madre, che egli vuol difendere dalle calunnie dei malevoli, ma risponde anche allo spirito di quell�ambiente libertario, in cui il libero coniugio era approvato e giustificato.
Il carme, analogamente a tutte le poesie precedenti la �conversione� religiosa, non verr� pi� stampato da Manzoni.
Il testo pu� essere distinto in tre momenti fondamentali:
� Il Manzoni finge che gli appaia in sogno l�Imbonati che gli rivela il suo affetto e gli porge ammaestramenti; a lui, il giovane manifesta il dolore suo e della madre. A una domanda del Manzoni, l�Imbonati risponde che la sua morte fu placida, n� egli pu� rammaricarsi di aver abbandonato una societ� priva di virt�. Segue una tirata satirica (vv.145-164) contro il presente e una presa di distanza verso la corruzione di quello che viene definito secol sozzo.
� I versi qui antologizzati (165-215) costituiscono la parte pi� nota del testo ed anche la pi� originale, dedicata alla definizione oltre che ad un generico ideale morale anche al ruolo civile del letterato. Richiesto se abbia poco amato la poesia, l�Imbonati risponde tessendo alte lodi del Parini e dell�Alfieri, condannando i poetastri ed esaltando l�immortale figura di Omero e delineando il modello etico di intellettuale.
� La chiusa del testo (vv. 216-242) segna il distacco dall�esordio satirico dell�autore, precedente all�educazione sentimentale e civile provocata dall�incontro con Imbonati, il quale � finalmente in possesso di un modello positivo da seguire e pu� abbandonare la strada solo negativa della satira.
Nel carme domina un tono pacato che si accompagna con una semplicit� disadorna.
Schema metrico: Il metro usato sono gli endecasillabi sciolti.