M'affaccio
alla finestra e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l�onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare � apparso un bel ponte
d'argento.
Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?
Ricorre il tema dell'affacciarsi alla
finestra nelle poesie di Pascoli con una serie di impressioni:
� parte di quella poetica
dello stupore che caratterizza tutta la sua opera. Chi resta
alla finestra simboleggia da un lato una volont� di
osservazione partecipata della natura,
dall'altro la lontananza sofferta,
il distacco, la mancata unione assoluta. In questi versi prevale il secondo
aspetto. Di fronte ad una natura che sembra amoreggiare, tra palpiti e carezze,
in una sorta di amplesso cosmico,
il poeta pu� solo osservare e domandarsi, senza comprendere fino in fondo. Non
esiste risposta al mistero della natura, non c'�
ponte di cui si veda la fine: solo un accenno di percorso,
fantastico e luminoso, ma che non lascia altro che una
domanda angosciosa sul
destino delle umane cose e della natura.
Importante � un'altra tematica in questa poesia , quella del movimento,
del divenire:
stelle che passano, batti e
ribatti di guizzi e
palpiti. Ovunque c'e vita, moto:
quello che rimane ignota � la direzione.
Dove portino i ponti pare una
domanda irrisolta e tutta umana: i
laghi restano
sereni, vivi ma per nulla incupiti
da un interrogativo che invece turba lo spettatore che osserva il trapassare
delle cose, perso in un mare magnum di cui non si scorge mai la riva opposta.
Per chi dunque tutto ci�? A cosa porta? Nessuna risposta, l'alba esteriore, il
chiarore nuovo � un elemento fisico che non si trasporta nell'anima. E si resta
sospesi, con un senso di
naufragio, tra meraviglia e disarmonia.