1
Se vedi… svaghi:
Se vedi i miei occhi desiderosi (vaghi) di piangere,
per una nuova angoscia (pietà) che mi tormenta (strugge)
il cuore, ti prego, Signore, in nome di colei che non si allontana
(fugge) mai da te (perifrasi che significa in nome
della Giustizia) che tu li distolga (svaghi) da
tale desiderio (piacer). Il poeta prega dunque Dio di
aiutarlo a non piangere per l’ingiustizia diffusa nel mondo.
2
con la tua… allaghi:
<ti prego> cioè di punire (che paghi) con la tua mano
destra (dritta) colui che (chi) offende
gravemente (uccide, metafora) la giustizia e poi si
rifugia presso il (rifugge al) gran tiranno, del cui
veleno (tosco, variante sincopata di tossico) si
abbevera (sugge, lett. succhia), <veleno> che egli
(il tiranno) ha già sparso, e con cui vuole allagare il mondo.
Le due perifrasi designano due personaggi di primo piano: l’uccisore
della giustizia è probabilmente il papa Clemente V; il tiranno presso
cui si è rifugiato è Filippo il Bello di Francia. Clemente V, come è
noto, nel 1309 spostò la sede papale ad Avignone, destando scandalo
nella cristianità.
3
e messo… pace:
e <il
tiranno> ha messo tanto gelo di paura nel cuore di coloro che credono in
te (de’ tuo’ fedei,
riferito a Dio) che tutti sono ridotti al silenzio. Ma tu, <Dio>,
fuoco di carità (amor), luce del cielo, questa virtù che
giace nuda e fredda (cioè la Giustizia), risollevala ammantandola
con la tua grazia (vestita del tuo velo, metafora), poiché
senza di essa non c’è pace sulla terra. L’ultimo verso contiene un
epifonema. |
Livello metrico
Sonetto con rime incrociate nelle quartine e alternate nelle terzine,
secondo lo schema ABBA, ABBA, CDC, DCD.
Livello lessicale, sintattico e
stilistico
Questo è l’unico sonetto di Dante a
svolgere un tema esclusivamente politico. Il testo fa uso di un lessico
piuttosto ricercato, con rime aspre e difficili (soprattutto nelle
quartine, in -aghi e in -ugge) e forti scontri consonantici. Molte
parole-chiave richiamano sentimenti di dolore e paura; alcune di esse
(«pietà», v. 2; «cor», v. 2 e v. 10; «paura», v. 9) ritorneranno nel
primo canto dell’Inferno1.
All’elevatezza dello stile contribuiscono numerose figure retoriche:
- figure del suono, tra cui spicca l’insistita allitterazione delle
consonanti l, v, s e t al v. 13: «levala
su vestita del tuo velo»).
- figure dell’ordine, come le ripetute anastrofi («di pianger vaghi», v.
1; «’l cor mi strugge», v. 2; «messo ha di paura tanto gelo», v. 9;
«questa virtù… levala su», vv. 12-13);
- figure del significato, come le ampie perifrasi che designano i
personaggi storici cui il sonetto fa riferimento (nessuno dei quali
viene esplicitamente nominato, e la cui identificazione è in effetti
discussa) e le metafore («del cui tosco sugge / ch’elli ha già sparto e
vuol che ’l mondo allaghi», vv. 7-8; «e messo ha di paura tanto gelo»,
v. 9; «foco d’amor, lume del cielo», v. 11; «questa vertù che nuda e
fredda giace / levala su vestita del tuo velo», vv 12-13).
La struttura dei periodi è assai complessa ed il consueto rapporto
simmetrico tra ritmo e sintassi non è rispettato. Vediamo nel dettaglio.
Le quartine
La prima quartina, introdotta da una
congiunzione ipotetica («Se»), contiene un unico periodo; il verbo della
principale è «priego» (v. 3).
La proposizione che apre la seconda quartina dipende anch’essa dal
«priego» del v. 3. Da essa discende una catena di proposizioni relative
che si conclude con un punto e virgola (anziché, come sarebbe lecito
attendersi, con un punto fermo).
Le terzine
La più violenta rottura del parallelismo tra ritmo e sintassi è
quella che si riscontra tra la prima e la seconda terzina; non troviamo,
come di norma, due periodi di tre versi ciascuno, ma due blocchi
asimmetrici rispettivamente di due e quattro versi, separati da un punto
fermo:
- il primo blocco (vv. 9-10) si collega sintatticamente alle quartine:
la congiunzione «e», introduce in effetti una relativa riferita al «gran
tiranno» del v. 7;
- il secondo blocco, che inizia al v. 11, è introdotto da una
congiunzione avversativa e da un complemento di vocazione («Ma tu»),
seguiti da una duplice apposizione complessa («foco d’amor, lume del
cielo»); è a questo punto, su una struttura sintattica ancora aperta,
che si conclude la prima terzina.
La tensione accumulata da questa struttura è destinata a scaricarsi
nella terzina seguente: l’attesa del verbo reggente è infatti
sottolineata dall’anticipazione, al v. 12, del complemento oggetto
seguito da una relativa («questa virtù che nuda e fredda giace»); solo a
questo punto, finalmente, compare l’invocazione che regge il periodo, il
vero centro della preghiera («levala su vestita del tuo velo», v. 13: la
pregnanza di questo verso, come si è visto, è sottolineata anche
dall’allitterazione). Dopo tale invocazione, una proposizione causale
può restaurare il normale andamento sintattico e metrico del periodo,
chiudendo il sonetto, dopo tanta tensione concettuale e stilistica,
sulla parola «pace».
Assai significative, nelle terzine, appaiono tutte le parole-rima. Esse
si dividono in due serie nettamente contrapposte, che riflettono il
drammatico conflitto tra bene e male su cui il sonetto è incentrato. Tre
di esse («gelo», v. 9; «tace», v. 10; «giace», v. 12) si riferiscono
infatti alla realtà di un mondo privato della giustizia; ma le altre tre
(«cielo», v. 11; «velo», v. 13; «pace», v. 14) contrappongono a questo
presente negativo l’aspettativa di un futuro segnato dal trionfo del
bene.
Tematica
Vi è l’immagine della Giustizia che giace «nuda e fredda» e Dante
manifesta la propria opposizione verso un mondo devastato, allagato dal
veleno del «gran tiranno».
Il poeta non si accontenta affatto di piangere sui mali del mondo. Al
contrario: chiede a Dio di rimuovere la ragione delle sue lacrime, e
invoca il Suo intervento per punire le autorità che offendono il bene e
la virtù. L’opposizione polemica al proprio tempo, insomma, lascia da
parte qualsiasi venatura vittimistica, qualsiasi tentazione di
pessimistico e imbelle compianto per la propria sorte, e assume una
connotazione attiva, una disposizione a combattere per il bene. Questo è
il significato dell’intervento che il poeta chiede a Dio: risollevare la
Giustizia avvilita e avviare il mondo verso la pace. |