Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
PARAFRASI
Portami il girasole, così che io possa trapiantarlo nel mio
terreno, bruciato dall'aria salmastra, e questo possa mostrare il suo volto
giallo (il girasole è giallo, in realtà) un po' timido verso il cielo azzurro
per tutta la giornata.
Le cose oscure (della vita, di tutti noi) si schiariscono pian piano, gli esseri
viventi si dissolvono in un fiume di colori: e questi si trasformano in musica.
Quindi, svanire, scomparire è l'avventura con la A maiuscola, l'esperieza più
importante della vita.
Portami tu la pianta che ci accompagna là dove nascono questi chiaroscuri
(biondi = gialli come i girasoli) e la vita evapora come un profumo; portami
quel girasole ebbro di luce.
L’opera è della prima raccolta di Montale, "Ossi di
seppia".In questa lirica è possibile cogliere tutta la tensione del poeta
verso la pienezza e la gioia.
Il metro è vario: tre quartine di varia lunghezza.
Figure retoriche:
- anafora
-sinestesia (fusione dei sensi: nella strofa 2, vista e udito)
-simbolismo: pochi oggetti caricati di senso: girasole rappresenta la vitalità
che esplode, il terreno bruciato l'aridità ->forte contrasto
C'è tutta la forza di una preghiera e la debolezza del
poeta, la cui anima è un terreno bruciato dal salino, una ferita di una terra
dolorosa. Il girasole, pianta magica e dalle foglie gialle, come quei limoni
cantati da Montale in altre liriche, è quasi reso in maniera antropomorfica, con
quel volto giallino che chiude la prima quartina. Ma più che un uomo è un
angelo, una divinità, un mago, che tende verso il cielo azzurro per ansia e
bramosia di infinito: non un girasole, il girasole.
La parte centrale esprime tutto il disincanto tipico della poetica di Montale:
anche il cielo non è che illusione, ma una bellissima vanità, una musica che
compensa l'inconsistenza di tutte le cose. Ecco il significato del passare dalla
corporeità a sensazioni che vanno oltre l'estensione: la vista e poi l'udito,
che dei sensi è il più volatile. La constatazione che lo svanire è la ventura
delle venture ha anch'essa un che di magico: il morire nella musica, che è la
cosa più vicina alla poesia, è un destino che ha in sé qualcosa di meraviglioso.
In questo senso questa strofa simboleggia alla perfezione quella amara
meraviglia che percorre come un filo continuo tutta la poetica di Montale.
La parte finale riprende l'inizio del componimento per quanto riguarda
l'invocazione e prosegue il tema del dissolvimento: trasparenze e verbi quali
vapora fanno capire quanto ci stiamo allontanando dalla materialità per giungere
all'essenza. Il girasole è ormai simbolo di un'ebbrezza quasi mistica, che
rischiara la visione delle cose, estremo tentativo di una poesia che è anche
filosofia, teoria (nel senso greco del termine: vedere) della luce, qualcosa di
fronte al quale non si può fare altro che impazzire. Quello che sta chiedendo il
poeta alla sua Musa non è conoscenza, è qualcosa di più, è quello che ai poeti,
e anche a me, piace chiamare Illuminazione.