CHIARO DAVANZATI

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Sì come il cervio che torna a morire
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Sì come il cervio che torna a morire

Sì come il cervio che torna a morire

là ov'è feruto sì coralemente;

e 'l cecero comincia a rispaldire,

quando la morte venire si sente:

così facc'io, che ritorno a servire

a voi madonna, se mi val neiente;

e dicovi: servendo vo' morire,

pur che mi diate la morte sovente;

e s'io no-ll'ho, fo com'omo selvag[g]io:

ca nel cantare tanto si rimbaglia,

quand'ha rio tempo, ch'atende lo bono.

A vo, mia donna, lo mio core ingag(g)io

che lo tegnate, no date travaglia,

ché da voi tegno l'altra vita in dono.

 

Il sonetto appartiene alla produzione giovanile del poeta che usa immagini tipiche del repertorio medioevale e un linguaggio ricco ed artificioso per parlare della duplice natura di amore, fonte di gioia e sofferenza, di vita e di morte, a cui egli non può e non vuole sottrarsi.. Usa immagini tratte dai bestiari, i trattati che descrivono le caratteristiche degli animali, tanto in voga alla sua epoca.

La poesia di Chiaro è per molti aspetti accostabile alle liriche di Guittone d'Arezzo. È inoltre estremamente ricca di similitudini.

 


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