“ERANO I CAPEI D’ORO A L’AURA SPARSI”
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e 'l vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi ch'or ne son sì
scarsi;
e 'l viso di pietosi color farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale
ma d'angelica forma, e le parole
sonavan altro che pur voce umana;
uno spirto celeste, un vivo sole
fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or
tale,
piaga per allentar d'arco non sana.
Questa è la parafrasi:
Erano i capelli biondi mossi al vento
che li avvolgeva in mille dolci riccioli,
e la luce ammaliante dei suoi occhi belli, che ora
è diminuita col passar degli anni,
splendeva in modo straordinario;
e mi sembrava, non so se fosse realtà o illusione,
che il suo viso esprimeva nei colori
sentimenti di pietà a pietà:
io che ero pronto all’amore,
c'è da meravigliarsi se ardei d’amore subito?
Il suo portamento non era cosa mortale,
ma aspetto d'angelo, e le parole
suonavano con tono diverso dall’umano;
uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel che vidi, e anche se ora non
risplende più per gli anni,
una ferita non si rimargina se l’arco
non
ha più le corde tese.
commento:
I versi si incentrano sull’amore che Petrarca nutre per Laura. Questo amore
è terreno quindi la bellezza della donna svanirà, non è un amore platonico
come quello che Dante nutriva per Beatrice. Questo amore provocherà in lui
anche dei ripensamenti e dei conflitti interni, ma comunque il poeta non
cesserà di amare e di contemplare la sua donna nel ricordo di come gli
apparve la prima volta.
Utilizzando l’omofonia (Laura, l’aura) all’inizio del poema lo scrittore
vuole evocare la sua donna, ricordandola, ma non la chiama mai per nome,
cioè non pronuncia il suo nome esplicitamente nella poesia.
Nelle due quartine emerge la collocazione di Laura nella natura: ce la
immaginiamo avvolta nel vento. Inoltre la bellezza della donna non è
cristallizzata e irreversibile, è invece terrestre, quindi destinata a
scomparire con la vecchiaia. Ultima delle sue innovazioni è la soggettività
del poeta, infatti lui non descrive ciò che la visione di Laura provocava
alla gente, ma ciò che ha risvegliato e suscitato in lui.
Nelle altre due terzine la donna viene infatti descritta come un angelo e
come qualcosa di sopranaturale paragonabile ad un dea.
Con Dante possiamo individuare delle differenze:
l’amore che Dante prova per Beatrice è ben diverso da quello che Petrarca
prova per Laura.
Il primo infatti nutre un amore platonico e cristallizza la bellezza di Beatrice che non sfiorirà mai, invece petrarca descrive la sua donna in tutte le sue caratteristiche terrene, quindi la bellezza sfiorirà. Inoltre per quest’ultimo il sentimento provato provocherà conflitti interni per le sue vocazioni spirituali, cosa che a Dante non succederà.
METRICA E RETORICA
La rima delle quartine è incrociata (ABBA), mentre le terzine presentano rime in forma sciolta (CDE e DCE). L’autore usa figure retoriche come una metafora nel verso 1 per descrivere i capelli di Laura, una sinestesia nel verso 2 (dolci nodi), un’iperbole nel verso 2 (che mille dolci novi gli avolgea), un’anafora che Petrarca utilizza nel verso 3 e continua nel verso 5 per dare enfasi e maggiore vigore al suo sentimento oltre che al sonetto.Un’altra metafora si trova nell’ultimo verso(per allentar d’arco).C’è anche qualche enjambement specialmente al terzo e al 10 verso.