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POESIE DI UMBERTO SABA 2
TRIESTE Ho attraversata tutta la citt�. Poi ho salita un�erta, popolosa in principio, in l� deserta, chiusa da un muricciolo: un cantuccio in cui solo siedo; e mi pare che dove esso termina termini la citt�. Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace, � come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia. Da quest�erta ogni chiesa, ogni sua via scopro, se mena a l�ingombrata spiaggia, o alla collina cui, sulla sassosa cima, una casa, l�ultima, s�aggrappa. Intorno circola ad ogni cosa un�aria strana, un�aria tormentosa, 1�aria natia. La mia citt� che in ogni parte � viva, ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita pensosa e schiva. Citt� vecchia Spesso, per ritornare alla mia casa prendo un'oscura via di citt� vecchia. Giallo in qualche pozzanghera si specchia qualche fanale, e affollata � la strada. Qui tra la gente che viene che va dall'osteria alla casa o al lupanare, dove son merci ed uomini il detrito di un grande porto di mare, io ritrovo, passando, l'infinito nell'umilt�. Qui prostituta e marinaio, il vecchio che bestemmia, la femmina che bega, il dragone che siede alla bottega del friggitore, la tumultuante giovane impazzita d'amore, sono tutte creature della vita e del dolore; s'agita in esse, come in me, il Signore. Qui degli umili sento compagnia il mio pensiero farsi pi� puro dove pi� turpe � la via. La capra Ho parlato a una capra. Era sola sul prato, era legata. Sazia d'erba, bagnata dalla pioggia, belava. Quell'uguale belato era fraterno al mio dolore. Ed io risposi, prima per celia, poi perch� il dolore � eterno, ha una voce e non varia. Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria. In una capra dal viso semita sentiva querelarsi ogni altro male, ogni altra vita. A mia moglie Tu sei come una giovane una bianca pollastra. Le si arruffano al vento le piume, il collo china per bere, e in terra raspa; ma, nell'andare, ha il lento tuo passo di regina, ed incede sull'erba pettoruta e superba. � migliore del maschio. � come sono tutte le femmine di tutti i sereni animali che avvicinano a Dio, Cos�, se l'occhio, se il giudizio mio non m'inganna, fra queste hai le tue uguali, e in nessun'altra donna. Quando la sera assonna le gallinelle, mettono voci che ricordan quelle, dolcissime, onde a volte dei tuoi mali ti quereli, e non sai che la tua voce ha la soave e triste musica dei pollai. Tu sei come una gravida giovenca; libera ancora e senza gravezza, anzi festosa; che, se la lisci, il collo volge, ove tinge un rosa tenero la tua carne. se l'incontri e muggire l'odi, tanto � quel suono lamentoso, che l'erba strappi, per farle un dono. � cos� che il mio dono t'offro quando sei triste. Tu sei come una lunga cagna, che sempre tanta dolcezza ha negli occhi, e ferocia nel cuore. Ai tuoi piedi una santa sembra, che d'un fervore indomabile arda, e cos� ti riguarda come il suo Dio e Signore. Quando in casa o per via segue, a chi solo tenti avvicinarsi, i denti candidissimi scopre. Ed il suo amore soffre di gelosia. Tu sei come la pavida coniglia. Entro l'angusta gabbia ritta al vederti s'alza, e verso te gli orecchi alti protende e fermi; che la crusca e i radicchi tu le porti, di cui priva in s� si rannicchia, cerca gli angoli bui. Chi potrebbe quel cibo ritoglierle? chi il pelo che si strappa di dosso, per aggiungerlo al nido dove poi partorire? Chi mai farti soffrire? Tu sei come la rondine che torna in primavera. Ma in autunno riparte; e tu non hai quest'arte. Tu questo hai della rondine: le movenze leggere: questo che a me, che mi sentiva ed era vecchio, annunciavi un'altra primavera. Tu sei come la provvida formica. Di lei, quando escono alla campagna, parla al bimbo la nonna che l'accompagna. E cos� nella pecchia ti ritrovo, ed in tutte le femmine di tutti i sereni animali che avvicinano a Dio; e in nessun'altra donna. LA VETRINA Sono a letto, ammalato. E gli occhi intorno giro per la mia stanza. Oltre i lucenti vetri un mobile antico a s� li chiama, alle cose ch'esposte in lui si stanno 5 Bianche stoviglie, ove son navi in blu dipinte, un porto, affaccendate genti intorno a quelle. Altre vi sono cose ch'erano gi� nella materna casa, cui guardo con rimorso oggi ed affanno, 10 e cos� lieto le guardavo un giorno, che di nuove acquistarne avevo brama. Ciascuna d'esse a un tempo mi richiama che fu s� dolce, che per me non fu tempo, che ancor non ero nato, ancora 15 non dovevo morire. Ed anche in parte ero gi� nato, era negli avi miei il mio dolore d'oggi. E in un m'accora strano pensiero, che mi dico: Ahi, quanta pace al mondo prima ch'io nascessi; 20 e l'ho turbata io solo. Ed � un mendace sogno; � questo il delirio, amiche cose. Quanto un giorno v'ho amate, belle cose, che siete l� nella vetrina, e altrove siete, nell'ombra e nel sole, ed oh quale 25 ho nostalgia di lasciarvi! Nel buio, tornar nel buio dell'alvo materno, nel duro sonno, onde pi� nulla smuove, non pur l'amore, soave tormento s�, ma a me fatto intollerando. � il letto 30 questo in cui venni da quel caro buio molto piangendo, alla luce, alle cose ond'ebber gioia i miei occhi. E mortale non so pi� quel d� deprechi. E male non ho che m'impauri, o � solo interno. 35 Come ogni notte, quando il lume spengo, che agli occhi miei gravi di sonno apporta essa fastidio, e metto il capo sotto la coltre, e tutto a me stesso rinvengo, tutto in me mi rannicchio, or s� vorrei 40 fare, e che pi� per me non fosse giorno! E s� tutto m'arride. Anche la gloria viene; il suo bacio, ancor che tardo, io sento. Del divino per me milleottocento Amate figlie, qui dalla lontana 45 Inghilterra venute, di voi dico, pinte tazzine, vasellame usato dagli avi miei laboriosi, al tempo che la vita pi� degna era e pi� umana, e molto prima che nascessi, io so 50 la vostra istoria, che ai vecchi la chiese il poeta ch'� pio verso il passato. Approdava ogni mese un bastimento A questo porto di traffici amico, con di voi s� gran copia che il mendico 55 come il ricco ne aveva. Aveva il tempo fornito appena atroce guerra, e pace era sui mari, ma non mai nel cuore dell'uomo. Or voi nella vetrina state che v'� coetanea, semplice, capace 60 di molte e belle forme. Ed io a guardarvi non so, nel mio dolore, altro che morte non so invocarmi. Non vissuto invano, pi� d'esser nato la sventura sento.PER COMMENTI CLICCA APPROFONDIMENTI LETTERARI
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