LUIGI PIRANDELLO

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L'UOMO SCHIAVO DELLE MACCHINE

da I QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO

Soddisfo, scrivendo, a un bisogno di sfogo, prepotente. Scarico la mia professionale impassibilit� e mi vendico, anche; e con me vendico tanti, condannati come me a non esser altro, che una mano che gira una manovella.

Questo doveva avvenire, e questo � finalmente avvenuto!

L'uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s'� messo a fabbricar di ferro, d'acciaio le sue nuove divinit� ed � diventato servo e schiavo di esse.

Viva la Macchina che meccanizza la vita!

Vi resta ancora, o signori, un po' d'anima, un po' di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che aspettano! Vedrete e sentirete, che prodotto di deliziose stupidit� ne sapranno cavare.

Per la loro fame, nella fretta incalzante di saziarle, che pasto potete estrarre da voi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto?

E per forza il trionfo della stupidit�, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni.

La macchina � fatta per agire, per muoversi, ha bisogno di ingoiarsi la nostra anima, di divorar la nostra vita. E come volete che ce le ridiano, l'anima e la vita, in produzione centuplicata e continua, le macchine? Ecco qua: in pezzetti e bocconcini, tutti d'uno stampo, stupidi e precisi, da fame, a metterli s�, uno su l'altro, una piramide che potrebbe arrivare alle stelle. Ma che stelle, no, signori! Non ci credete. Neppure all'altezza d'un palo telegrafico. Un soffio li abbatte e li r�tola gi�, e tal altro ingombro, non pi� dentro ma fuori, ce ne fa, che - Dio, vedete quante scatole, scatolette, scatolone, scatoline? - non sappiamo pi� dove mettere i piedi, come muovere un passo. Ecco le produzioni dell'anima nostra, le scatolette della nostra vita!

Che volete farci? lo sono qua. Servo la mia macchinetta, in quanto la giro perch� possa mangiare. Ma l'anima, a me, non mi serve. Mi serve la mano; cio� serve alla macchina. L'anima in pasto, in pasto la vita, dovete dargliela voi signori, alla macchinetta ch'io giro. Mi divertir� a vedere, se permettete, il prodotto che ne verr� fuori. Un bel prodotto e un bel divertimento, ve lo dico io.

Gi� i miei occhi, e anche le mie orecchie, per la lunga abitudine, cominciano a vedere e a sentir tutto sotto la specie di questa rapida tremula ticchettante riproduzione meccanica.

Non dico di no: l'apparenza � lieve e vivace. Si va, si vola. E il vento della corsa d� un'ansia vigile ilare acuta, e si porta via tutti i pensieri. Avanti! Avanti perch� non s'abbia tempo n� modo d'avvertire il peso della tristezza, l'avvilimento della vergogna, che restano dentro, in fondo. Fuori, � un balenio continuo, uno sbarb�glio incessante: tutto guizza e scompare.

Che cos'�? Niente, � passato! Era forse una cosa triste; ma niente, ora � passata.

C'� una molestia, per�, che non passa. La sentite? Un calabrone che ronza sempre, cupo, fosco, brusco, sotto sotto, sempre. Che �? Il ronzio dei pali telegrafici? lo strisc�o continuo della carrucola lungo il filo dei tram elettrici? il fremito incalzante di tante macchine, vicine, lontane? quello dei motore dell'automobile? quello dell'apparecchio cinematografico?

Il b�ttito del cuore non s'avverte, non s'avverte il pulsar delle arterie. Guai se s'avvertisse! Ma questo ronzio, questo ticchett�o perpetuo, s�, e dice che non � naturale tutta questa furia turbinosa, tutto questo guizzare e scomparire

d'immagini; ma che c'� sotto un meccanismo, il quale pare lo insegua, stridendo precipitosamente.

Si spezzer�?

Ah, non bisogna fissarci l'udito. Darebbe una smania di punto in punto crescente, un'esasperazione a lungo insopportabile; farebbe impazzire.

In nulla, pi� in nulla, in mezzo a questo tramen�o vertiginoso, che investe e travolge, bisognerebbe fissarsi. Cogliere, attimo per attimo, questo rapido passaggio d'aspetti e di casi, e via, fino al punto che il ronz�o per ciascuno di noi non cesser�.

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