BOCCA
La bocca
che prima mise
alle mie labbra il rosa dell'aurora,
ancora
in bei pensieri ne sconto il profumo.
O bocca fanciullesca, bocca cara,
che dicevi parole ardite ed eri
cos� dolce a baciare.
Dopo la tristezza di SABA
Questo pane ha il sapore d'un ricordo,
mangiato in questa povera osteria,
dov'� pi� abbandonato e ingombro il porto.
E della birra mi godo l'amaro,
seduto del ritorno a mezza via,
in faccia ai monti annuvolati e al faro.
L'anima mia che una sua pena ha vinta,
con occhi nuovi nell'antica sera
guarda una pilota con la moglie incinta;
e un bastimento, di che il vecchio legno
luccica al sole, e con la ciminiera
lunga quanto i due alberi, � un disegno
fanciullesco, che ho fatto or son vent'anni.
E chi mi avrebbe detto la mia vita
cos� bella, con tanti dolci affanni,
e tanta beatitudine romita!
La Malinconia di Saba
Malinconia
la vita mia
struggi terribilmente;
e non v'� al mondo,
non c'� al mondo niente
che mi divaghi.
Niente, o una sola
casa. Figliola,
quella per me saresti.
S'apre una porta;
in tue succinte vesti
entri, e mi smaghi.
Piccola tanto,
fugace incanto
di primavera. I biondi
riccioli molti nel berretto ascondi,
altri ne ostenti.
Ma giovinezza,
torbida ebbrezza,
passa, passa l'amore.
Restan s� tristi nel dolente cuore,
presentimenti.
Malinconia,
la vita mia
am� lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi � dolorosa,
ch'altro non spero.
Quando non s'ama
pi�, non si chiama
lei la liberatrice;
e nel dolore non fa pi� felice
il suo pensiero.
Io non sapevo
questo; ora bevo
l'ultimo sorso amaro
dell'esperienza.
Oh quanto � mai pi� caro
il pensier della morte,
al giovanetto,
che a un primo affetto
cangia colore e trema.
Non ama il vecchio la tomba:suprema
crudelt� della sorte.
DONNA
(Saba)
Quand'eri
giovinetta pungevi
come una mora di macchia. Anche il piede
t'era un'arma, o selvaggia.
Eri difficile a prendere.
Ancora
giovane, ancora
sei bella. I segni
degli anni, quelli del dolore, legano
l'anime nostre, una ne fanno. E dietro
i capelli nerissimi che avvolgo
alle mie dita, pi� non temo il piccolo
bianco puntuto orecchio demoniaco.
CAFF� TERGESTE
Caff� Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi,
ripete l�ubbriaco il suo delirio,
ed io ci scrivo i miei pi� allegri canti!
Caff� di ladri, di baldracche covo,
io soffersi ai tuoi tavoli il martirio;
lo soffersi a formarmi un cuore nuovo.
Pensavo: � Quando infine avr� goduto
la morte, il nulla che in lei mi predico,
che mi compenser� d�esser vissuto?
Di pensarmi magnanimo non oso,
ma � se il nascere � un fallo � io al mio nemico.
sarei, per maggior colpa, pi� pietoso!
Caff� di plebe, dove un d� celavo
la mia faccia, con gioia in te m�attardo;
e tu concili l�italo e lo slavo,
ad alta notte, lungo il tuo bigliardo.
Umberto Saba
QUASI UNA MORALITA'
Pi� non mi temono i passeri. Vanno
vengono alla finestra indifferenti
al mio tranquillo muovermi nella stanza.
Trovano il miglio e la scagliuola: dono
spanto da un prodigo affine, accresciuto
dalla mia mano. Ed io li guardo muto
(per tema non si pentano) e mi pare
(vero o illusione non importa) leggere
nei neri occhietti, se coi miei s'incontrano,
quasi una gratitudine.
Fanciullo,
od altro sii tu che mi ascolti, in pena
viva o in letizia (e pi� se in pena) apprendi
da chi ha molto sofferto, molto errato,
che ancora esiste la Grazia, e che il mondo
TUTTO IL MONDO - ha bisogno d'amicizia.
Teatro degli Artigianelli
Umberto Saba
Falce martello e la stella d'Italia
ornano nuovi la sala. Ma quanto
dolore per quel segno su quel muro!
Esce, sorretto dalle grucce, il Prologo.
Saluta al pugno; dice sue parole
perch� le donne ridano e i fanciulli
che affollano la povera platea.
Dice, timido ancora, dell'idea
che gli animi affratella; chiude: "E adesso
faccio come i tedeschi: mi ritiro".
Tra un atto e l'altro, alla Cantina, in giro
rosseggia parco ai bicchieri l'amico
dell'uomo, cui rimargina ferite,
gli chiude solchi dolorosi; alcuno
venuto qui da spaventosi esigli,
si scalda a lui come chi ha freddo al sole.
Questo � il Teatro degli Artigianelli,
quale lo vide il poeta nel mille
novecentoquarantaquattro, un giorno
di Settembre, che a tratti
rombava ancora il canone, e Firenze
taceva, assorta nelle sue rovine.
Eroica � Umberto Saba
Nella mia prima infanzia militare
Schioppi e tamburi erano i miei giocattoli;
come gli altri una fiaba, io la canzone
amavo udire dei coscritti.
Quando
Con s� mia madre poi mi volle, accanto
mi pose, a guardia, il timore. Vestito
non mi vide da soldato, in visita
da noi venendo, la mia balia. Assidui
moniti udivo da mia madre; i casi
della sua vita, dolorosi e mesti.
E fu il bambin dalle calze celesti,
dagli occhi pieni di un muto rimprovero,
buono a sua madre e affettuoso. Schioppi
pi� non ebbi e tamburi. Ma nel cuore
io li celai; ma nel profondo del cuore
furono un giorno i versi militari;
oggi sono altra cosa: il bel pensiero,
forse, onde resto in tanto strazio vivo.
AMAI
Amai trite parole che non uno
amai parole frammentate che nessuno
osava. M'incant� la rima fiore amore,
osava dire...mi piaceva molto la rima fiore e amore
la pi� antica, difficile del mondo
che � quella pi� vecchia e pi� difficile
Amai la verit� che giace al fondo,
amavo la verit� che era in fondo a queste parole
quasi un sogno obliato, che il dolore
come un sogno ormai perso, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le fa da compagno. Con la paura nel cuore
le si accosta, che pi� non l'abbandona.
il dolore si accosta e pi� nn ti abbandona
Amo te che mi ascolti e la mia buona
ti amo a te che mi ascolti e amo la carta vincente
carta lasciata al fine del mio gioco.
che uno lascia alla fine del gioco!
ULISSE DI SABA
Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d�onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d�alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l�alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano pi� al largo,
per fuggirne l�insidia. Oggi il mio regno
� quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
Quando nacqui mia madre ne piangeva
Quando nacqui mia madre ne piangeva,
sola, la notte, nel deserto letto.
Per me, per lei che il dolore struggeva,
trafficavano i suoi cari nel ghetto.
Da s� il pi� vecchio le spese faceva,
per risparmio, e pi� forse per diletto.
Con due fiorini un cappone metteva
nel suo grande turchino fazzoletto.
Come bella doveva essere allora
la mia citt�: tutta un mercato aperto!
Di molto verde, uscendo con mia madre
io, come in sogno, mi ricordo ancora.
Ma di malinconia fui tosto esperto;
unico figlio che ha lontano il padre.
ED AMAI NUOVAMENTE
ED AMAI NUOVAMENTE; E FU DI LINA
DAL ROSSO SCIALLE IL PI� DELLA MIA VITA.
QUELLA CHE CRESCE ACCANTO A NOI, BAMBINA
DAGLI OCCHI AZZURRI, � DAL SUO GREMBO USCITA.
TRIESTE � LA CITT�, LA DONNA � LINA,
PER CUI SCRISSI IL MIO LIBRO DI PI� ARDITA
SINCERIT�; N� DALLA SUA FU FIN�
AD OGGI L�ANIMA MIA PARTITA.
OGNI ALTRO CONOBBI UMANO AMORE;
MA PER LINA VORREI DI NUOVO UN�ALTRA
VITA, DI NUOVO VORREI COMINCIARE.
PER L�ALTEZZE L�AMAI DEL SUO DOLORE;
PERCH� TUTTO FU AL MONDO, E NON MAI SCALTRA,
E TUTTO SEPPE, E NON SE STESSA, AMARE.
"Frutta Erbaggi" di Saba
Erbe, frutta, colori della bella
stagione. Poche ceste ove alla sete
si rivelano dolci polpe crude.
Entra un fanciullo colle gambe nude,
imperioso, fugge via.
S'oscura
l'umile botteguccia, invecchia come
una madre.
Di fuori egli nel sole
si allontana, con l'ombra sua, leggero.
MILANO
(U.Saba)
Fra le sue pietre e le tue nebbie faccio
villeggiatura. Mi riposo in Piazza
del Duomo. Invece
di stelle
ogni sera si accendono parole.
Nulla riposa della vita come
la vita.
GOAL
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l�amara luce.
Il compagno in ginocchio che l�induce
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla- unita ebrezza - per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l�odio consuma e l�amore,
� dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l�altro - � rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi � rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch�io son parte.
TRIESTE
Ho attraversato tutta la citt�.
Poi ho salita un'erta,
popolosa in principio, in l� deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la citt�.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
� come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest'erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all'ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l'ultima, s'aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un'aria strana, un'aria tormentosa,
l'aria natia.
La mia citt� che in ogni parte � viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
UN RICORDO
Non dormo. Vedo una strada, un boschetto,
che sul mio cuore come un�ansia preme;
dove si andava, per star soli e insieme,
io e un altro ragazzetto.
Era la Pasqua; i riti lunghi e strani
dei vecchi. E se non mi volesse bene
� pensavo � e non venisse pi� domani?
E domani non venne. Fu un dolore,
uno spasimo verso la sera;
che un�amicizia (seppi poi) non era,
era quello un amore;
il primo; e quale e che felicit�
n�ebbi, tra i colli e il mare di Trieste.
Ma perch� non dormire, oggi, con queste
storie di, credo, quindici anni fa?
RITRATTO DELLA MIA BAMBINA
La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell�estiva vesticciola: "Babbo
-mi disse � voglio uscire oggi con te"
Ed io pensavo : Di tante parvenze
che s�ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull�onde biancheggia, a quella scia
ch�esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.
Mio padre � stato per me "l'assassino"
Mio padre � stato per me "l'assassino";
fino ai vent'anni che l'ho conosciuto.
Allora ho visto ch'egli era un bambino,
e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.
Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
And� sempre pel mondo pellegrino;
pi� d'una donna che l'ha amato e pasciuto.
Egli era gaio e leggero; mia madre
tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfugg� come un pallone.
"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre":
ed io pi� tardi in me stesso lo intesi:
Eran due razze in antica tenzone.