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POESIE DI GIOVANNI PASCOLI
I PUFFINI DELL'ADRIATICO Tra cielo e mare (un rigo di carmino recide intorno l'acque marezzate) parlano. � un'alba cerula d'estate: non una randa in tutto quel turchino. Pur voci reca il soffio del garbino con oz�ose e tremule risate. Sono i puffini : su le mute ondate pende quel chiacchiericcio mattutino. Sembra un vociare, per la calma, fioco di marinai, ch'ad ora ad ora giunga tra 'l fievole sciacqu�o della risacca ; quando, stagliate dentro l'oro e il fuoco, le paranzelle in una riga lunga dondolano sul mar liscio di lacca . LA PICCOZZA (Pascoli) Da me!... Non quando m'avviai trepido c'era una madre che nel mio zaino ponesse due pani per il solitario domani. Per me non c'era bacio n� lagrima, n� caro capo chino su l'omero a lungo, n� voce pregante, n� segno di croce. Non c'eri! E niuno vide che lacero fuggivo gli occhi prossimi, subito, o madre, accorato che niuno m'avesse guardato. Da me, da solo, solo e famelico, per l'erta mossi rompendo ai triboli i piedi e la mano, piangendo, s�, forse, ma piano: piangendo quando copriva il turbine con il suo pianto grande il mio piccolo, e quando il mio lutto spariva nell'ombra del Tutto. Ascesi senza mano che valida mi sorreggesse, n� orme ch'abili io nuovo seguissi su l'orlo d'esanimi abissi. Ascesi il monte senza lo strepito delle compagne grida. Silenzio. N� cupi sconforti non voce, che voci di morti. Da me, da solo, solo con l'anima, con la piccozza d'acciar ceruleo, su lento, su anelo, su sempre; spezzandoti, o gelo! E salgo ancora, da me, facendomi da me la scala, tacito, assiduo; nel gelo che spezzo, scavandomi il fine ed il mezzo. Salgo; e non salgo, no, per discendere, per udir crosci di mani, simili a ghiaia che frangano, io, io, che sentii la valanga; ma per restare l� dov'� ottimo restar, sul puro limpido culmine, o uomini; in alto, pur umile: � il monte ch'� alto; ma per restare solo con l'aquile, ma per morire dove me placido immerso nell'alga vermiglia ritrovi chi salga: e a me lo guidi, con baglior subito, la mia piccozza d'acciar ceruleo, che, al suolo a me scorsa, riflette le stelle dell'Orsa. La voce DI PASCOLI C'� una voce nella mia vita, che avverto nel punto che muore; voce stanca, voce smarrita, col tremito del batticuore: voce d'una accorsa anelante, che al povero petto s'afferra per dir tante cose e poi tante, ma piena ha la bocca di terra: tante tante cose che vuole ch'io sappia, ricordi, s�... s�... ma di tante tante parole non sento che un soffio... Zvan�... Quando avevo tanto bisogno di pane e di compassione, che mangiavo solo nel sogno, svegliandomi al primo boccone; una notte, su la spalletta del Reno, coperta di neve, dritto e solo (passava in fretta l'acqua brontolando, Si beve?); dritto e solo, con un gran pianto d'avere a finire cos�, mi sentii d'un tratto daccanto quel soffio di voce... Zvan�... Oh! la terra, com'� cattiva! la terra, che amari bocconi! Ma voleva dirmi, io capiva: - No... no... Di' le devozioni! Le dicevi con me pian piano, con sempre la voce pi� bassa: la tua mano nella mia mano: ridille! vedrai che ti passa. Non far piangere piangere piangere (ancora!) chi tanto soffr�! il tuo pane, prega il tuo angelo che te lo porti... Zvan�... - Una notte dalle lunghe ore (nel carcere!), che all'improvviso dissi - Avresti molto dolore, tu, se non t'avessero ucciso, ora, o babbo! - che il mio pensiero, dal carcere, con un lamento, vide il babbo nel cimitero, le pie sorelline in convento: e che agli uomini, la mia vita, volevo lasciargliela l�... risentii la voce smarrita che disse in un soffio... Zvan�... Oh! la terra come � cattiva! non lascia discorrere, poi! Ma voleva dirmi, io capiva: - Piuttosto di' un requie per noi! Non possiamo nel camposanto pi� prendere sonno un minuto, ch� sentiamo struggersi in pianto le bimbe che l'hanno saputo! Oh! la vita mia che ti diedi per loro, lasciarla vuoi qui? qui, mio figlio? dove non vedi chi uccise tuo padre... Zvan�?... - Quante volte sei rivenuta nei cupi abbandoni del cuore, voce stanca, voce perduta, col tremito del batticuore: voce d'una accorsa anelante che ai poveri labbri si tocca per dir tante cose e poi tante; ma piena di terra ha la bocca: la tua bocca! con i tuoi baci, gi� tanto accorati a quei d�! a quei d� beati e fugaci che aveva i tuoi baci... Zvan�!... che m'addormentavano gravi campane col placido canto, e sul capo biondo che amavi, sentivo un tepore di pianto! che ti lessi negli occhi, ch'erano pieni di pianto, che sono pieni di terra, la preghiera di vivere e d'essere buono! Ed allora, quasi un comando, no, quasi un compianto, t'usc� la parola che a quando a quando mi dici anche adesso... Zvan�... NELLA MACCHIA Errai nell'oblio della valle tra ciuffi di stipe fiorite, tra quercie rigonfie di galle; errai nella macchia pi� sola, per dove tra foglie marcite spuntava l'azzurra v�ola; errai per i botri solinghi: la cincia vedeva dai pini: sbuffava i suoi piccoli ringhi argentini. Io siedo invisibile e solo tra monti e foreste: la sera non freme d'un grido, d'un volo. Io siedo invisibile e fosco; ma un cantico di capinera si leva dal tacito bosco. E il cantico all'ombre segrete per dove invisibile io siedo, con voce di flauto ripete, Io ti vedo! La quercia caduta Dov'era l'ombra, or s� la quercia spande morta, n� pi� coi turbini tenzona. La gente dice: Or vedo:era pur grande! Pendono qua e l� dalla corona i nidietti della primavera. Dice la gente: Or vedo:era pur buona! Ognuno loda, ognuno taglia. A sera ognuno col suo grave fascio va. Nell'aria, un pianto� d'una capinera che cerca il nido che non trover�. L'AQUILONE C'� qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole. Son nate nella selva del convento dei cappuccini, tra le morte foglie che al ceppo delle quercie agita il vento. Si respira una dolce aria che scioglie le dure zolle, e visita le chiese di campagna, ch'erbose hanno le soglie: un'aria d'altro luogo e d'altro mese e d'altra vita: un'aria celestina che regga molte bianche ali sospese... s�, gli aquiloni! � questa una mattina che non c'� scuola. Siamo usciti a schiera tra le siepi di rovo e d'albaspina. Le siepi erano brulle, irte; ma c'era d'autunno ancora qualche mazzo rosso di bacche, e qualche fior di primavera bianco; e sui rami nudi il pettirosso saltava, e la lucertola il capino mostrava tra le foglie aspre del fosso. Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino ventoso: ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino. Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, risale, prende il vento; ecco pian piano tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza. S'inalza; e ruba il filo dalla mano, come un fiore che fugga su lo stelo esile, e vada a rifiorir lontano. S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo petto del bimbo e l'avida pupilla e il viso e il cuore, porta tutto in cielo. Pi� su, pi� su: gi� come un punto brilla lass� lass�... Ma ecco una ventata di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla? Sono le voci della camerata mia: le conosco tutte all'improvviso, una dolce, una acuta, una velata... A uno a uno tutti vi ravviso, o miei compagni! e te, s�, che abbandoni su l'omero il pallor muto del viso. S�: dissi sopra te l'oraz�oni, e piansi: eppur, felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni! Tu eri tutto bianco, io mi rammento. solo avevi del rosso nei ginocchi, per quel nostro pregar sul pavimento. Oh! te felice che chiudesti gli occhi persuaso, stringendoti sul cuore il pi� caro dei tuoi cari balocchi! Oh! dolcemente, so ben io, si muore la sua stringendo fanciullezza al petto, come i candidi suoi p�tali un fiore ancora in boccia! O morto giovinetto, anch'io presto verr� sotto le zolle l� dove dormi placido e soletto... Meglio venirci ansante, roseo, molle di sudor, come dopo una gioconda corsa di gara per salire un colle! Meglio venirci con la testa bionda, che poi che fredda giacque sul guanciale, ti pettin� co' bei capelli a onda tua madre... adagio, per non farti male. SAPIENZA Sal� pensoso la romita altura ove ha il suo nido l�aquila e il torrente, e centro delle lontananza oscura sta, sapiente. Oh! scruta intorno gl�ignorati abissi: pi� ti va lungi l�occhio del pensiero, pi� presso viene quello che tu fissi: ombra e mistero. La cavalla storna (pascoli) Nella Torre il silenzio era gi� alto. Sussurravano i pioppi del Rio Salto. I cavalli normanni alle lor poste frangean la biada con rumor di croste. 5 L� in fondo la cavalla era, selvaggia, nata tra i pini su la salsa spiaggia; che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi. Con su la greppia un gomito, da essa 10 era mia madre; e le dicea sommessa: �O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; tu capivi il suo cenno ed il suo detto! Egli ha lasciato un figlio giovinetto; 15 il primo d�otto tra miei figli e figlie; e la sua mano non tocc� mai briglie. Tu che ti senti ai fianchi l�uragano, tu d�i retta alla sua piccola mano. Tu ch�hai nel cuore la marina brulla, 20 tu d�i retta alla sua voce fanciulla�. La cavalla volgea la scarna testa verso mia madre, che dicea pi� mesta: �O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; 25 lo so, lo so, che tu l�amavi forte! Con lui c�eri tu sola e la sua morte. O nata in selve tra l�ondate e il vento, tu tenesti nel cuore il tuo spavento; sentendo lasso nella bocca il morso, 30 nel cuor veloce tu premesti il corso: adagio seguitasti la tua via, perch� facesse in pace l�agonia...� La scarna lunga testa era daccanto al dolce viso di mia madre in pianto. 35 �O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; oh! due parole egli dov� pur dire! E tu capisci, ma non sai ridire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe, 40 con dentro gli occhi il fuoco delle vampe, con negli orecchi l�eco degli scoppi, seguitasti la via tra gli alti pioppi: lo riportavi tra il morir del sole, perch� udissimo noi le sue parole�. 45 Stava attenta la lunga testa fiera. Mia madre l�abbracci� su la criniera �O cavallina, cavallina storna, portavi a casa sua chi non ritorna! a me, chi non ritorner� pi� mai! 50 Tu fosti buona... Ma parlar non sai! Tu non sai, poverina; altri non osa. Oh! ma tu devi dirmi una una cosa! Tu l�hai veduto l�uomo che l�uccise: esso t�� qui nelle pupille fise. 55 Chi fu? Chi �? Ti voglio dire un nome. E tu fa cenno. Dio t�insegni, come�. Ora, i cavalli non frangean la biada: dormian sognando il bianco della strada. La paglia non battean con l�unghie vuote: 60 dormian sognando il rullo delle ruote. Mia madre alz� nel gran silenzio un dito: disse un nome... Son� alto un nitrito. DIARIO AUTUNNALE Per il viale, neri lunghi stormi, facendo tutto a man a man pi� fosco, passano: preti, nella nebbia informi, che vanno in riga a San Michele in Bosco. Vanno. Tra loro parlano di morte. Cadono sopra loro foglie morte. Sono con loro morte foglie sole. Vanno a guardare l'agonia del sole. ARANO Al campo, dove roggio nel filare qualche pampano brilla, e dalle fratte sembra la nebbia mattinal fumare, arano: a lente grida, uno le lente vacche spinge; altri semina; un ribatte le porche con sua marra paziente; ch� il passero saputo in cor gi� gode, e il tutto spia dai rami irti del moro; e il pettirosso: nelle siepi s'ode il suo sottil tintinno come d'oro. RIO SALTO (da Mirycae) Lo so: non era nella valle fonda suon che s'udia di palafreni andanti: era l'acqua che gi� dalle stillanti tegole a furia percotea la gronda. Pur via e via per l'infinita sponda passar vedevo i cavalieri erranti; scorgevo le corazze luccicanti, scorgevo l'ombra galoppar sull'onda. Cessato il vento poi, non di galoppi il suono udivo, n� vedea tremando fughe remote al dubitoso lume; ma voi solo vedevo, amici pioppi! Brusivano soave tentennando lungo la sponda del mio dolce fiume.PER COMMENTI CLICCA APPROFONDIMENTI LETTERARI
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