Omaggio a Franco
Califano
DI LUIGI TORINO
Elogio della noia
Si, d'accordo
l'incontro,
un'emozione che ti
scoppia dentro,
l'invito a cena dove
c'è atmosfera,
la barba fatta con
maggiore cura.
La macchina a lavare,
ed era ora,
hai voglia di far
centro quella sera,
si d'accordo ma poi..
Tutto il resto è
noia,
no, non ho detto
gioia,
ma noia noia noia,
maledetta noia.
Così cantava Franco
Califano, lui che diceva che fuori dalle passioni e dalla
musica tutto il resto è noia. Ma è davvero maledetta (e da
maledire) la noia?
La situazione di
partenza di ogni essere umano che si affaccia alla vita è
sempre la stessa: da una parte ci siamo noi, dall’altra c’è
tutto quello che chiamiamo “il mondo”. Se potessimo soltanto
osservare il mondo come uno spettacolo, un puro
intrattenimento, non sorgerebbe per noi alcun problema.
Vivremmo nella condizione angelica di eterni spettatori. Il
nostro problema, però, è che fin dai primi mesi di vita
siamo costretti a stabilire rapporti più complessi e
duraturi con ciò che ci circonda. Per poter vivere, una
parte di ciò che è all’esterno, in misura minima ma
decisiva, deve necessariamente transitare al nostro interno,
assimilato dalla memoria, dalle emozioni, dai desideri.
È a questo punto che
la noia interviene in nostro aiuto. Accompagnata dalle sue
più fide compagne, la pigrizia e l’ansia, ci insegna a
scegliere, nell’oceano delle cose, ciò che davvero possiede
un significato per noi. E non importa che per gli altri
queste cose non abbiano significato o siano addirittura
assurde. Ciò che è importante è il rapporto che ognuno di
noi ha instaurato con le cose: ciò che davvero conta è
quello che siamo riusciti, ognuno a suo modo, ad amare e a
comprendere.
Fin dall’infanzia la
noia rappresenta una preziosa e impalpabile sostanza della
vita, e, secondo alcuni esperti di problemi
dell’apprendimento, può essere considerata come la matrice
di una attività fantastica indipendente, la linfa segreta
dei processi creativi. Lasciate che i bambini conoscano la
noia, potrebbe essere il consiglio da dare alle mamme, non
siate ossessionate dal folle proposito di animare in tutte
le maniere le vite dei vostri figli. A conforto di questa
tesi basti considerare i ricordi di infanzia di artisti e
scrittori (tutti cresciuti in un tempo in cui i genitori non
erano stati presi dalla mania di riempire le giornate dei
figli) per scoprire come questi grandi uomini godevano di
un accesso illimitato alle molteplici varietà di noie: la
noia scolastica, la noia pomeridiana, la noia dei viaggi e,
la più potente di tutte, la noia domenicale, che da sempre è
stata l’incubatrice di tutti i destini individuali, la
forgiatrice di tutti i caratteri.
Se non ci
annoiassimo, dunque, cosa mai avrebbe il tempo di diventare
davvero importante per noi? Solo la monotonia e la mancanza
di distrazione (che accompagnano la noia) acuiscono la
nostra sensibilità, aumentano il grado e l’intensità della
nostra attenzione. La noia, e la pigrizia che le fa
compagnia, in alcuni uomini è la loro forza. Un famoso
giornalista viveva quasi sempre in vestaglia. Muovendosi
poco, aveva tutto il tempo di documentarsi più accuratamente
e quindi di parlare e scrivere con maggior cognizione di
causa.
Annoiarsi serve anche
a prendersi una pausa per interrogarci, ricercare,
immaginare, raccontare. In breve, a creare cultura. E mai
come in questo tempo l’Italia ha bisogno di arte, di
bellezza, di complessità, di intelligenza. Di certo non si
annoiavano, ma al contrario erano molto zelanti, i ragazzi
della gioventù hitleriana e i giovani stalinisti. Erano
zelanti le guardie rosse di Mao, quando ridicolizzavano e
trucidavano i professori, i calligrafi, i dottori. Erano
zelanti i sinistri delatori dell’inquisizione che portarono
all’abiura Galileo Galilei e al rogo Giordano Bruno. Erano
zelanti i talebani che in Afganistan distruggevano le statue
dei Buddha e favorivano la coltivazione dell’oppio. Tutte le
civiltà, tutte le epoche, hanno conosciuto la metastasi
dello zelo. La storia ci insegna, però, che da queste
metastasi non siano mai nate società prospere e giuste, ma
soltanto società oscurantiste, che hanno negato libertà e
prodotto miserie, illuminate soltanto dal sinistro bagliore
dei roghi dei libri.
In fondo, a ben
guardare, forse è stata proprio la noia che ha suggerito a
Franco Califano i testi delle sue canzoni, versi che ancora
oggi continuano a farci emozionare, anche adesso che lui non
c’è più.
Ho una chitarra per
amica e con voce malandata
canto e suono la mia
libertà.
Se sono triste canto
piano, se sono in forma suono forte,
così affronto la mia
sorte.
Se non amo grido
abbasso, anche se non mi è concesso
dico sempre quello
che mi va.
Una donna innamorata
non ti ama per una vita
ma soltanto fino a
quando durerà.
Tanto vale andare
avanti e trattare con i guanti
solo questa libertà.
Vivo la vita così
alla giornata con quello che da’,
sono un’ artista e
allora mi basta la mia libertà.
Rendiamo dunque i
dovuti onori alla noia, questa buona fata che ci costringe,
sbadigliando, a scegliere ciò che è veramente utile per noi:
l’unica ricchezza che nessuno ci potrà mai rubare.
Luigi Torino |