HOME PAGE | NARRATIVA | RACCONTI | FIABE |
ZAR NIKITA
ZAR NIKITA
E LE SUE QUARANTA FIGLIE
PUSKIN
C'era un tempo zar Nikita,
ricco, in ozio, in allegria,
bene o male non faceva,
e fioriva la sua terra.
Un pochino egli lavora,
mangia, beve, prega Iddio;
e da pi� madri diverse
gener� quaranta figlie.
Quarant'ottime fanciulle,
quarant'angeli del cielo,
belle d'anima e di cuore.
Dio mio! che piedino, -
che testina, chioma bruna;
che incanto, occhi e voce;
ed il senno: da impazzire.
Dalla testa ai piedi: tutto
ti prendeva, anima e cuore.
Sol mancava una cosina.
Che cos'� questo qualcosa?
Ma cos�, inezie, un nulla.
Beh: o nulla, o molto poco,
tuttavia essa mancava.
Come fare per spiegarlo,
e non far montare in bestia
quella sciocca, pia, altezzosa,
della rigida censura?
Come fare?... Dio mio, aiuto!
Tra le gambe, alle zarevne...
No: cos� � troppo in chiaro
- e il pudore violerebbe, -
beh, mettiamola a tal modo:
amo in Venere io il seno,
e le labbra, e pi� il piede,
ma acciarino dell'amore,
m�ta della mia passione...
Che cos'�?... Ma niente, niente!...
Niente, ovvero molto poco...
Proprio quello che mancava
alle giovani zarevne
tutte vispe e birichine.
Quella nascita s� strana
gett� proprio in imbarazzo
tutti i cuori della corte.
Che tristezza, per il padre,
per le povere mammine...
Come il popolo lo seppe
dalle donne-levatrici -
spalanc� ciascun la bocca:
che stupore, che sgomento;
se qualcuno ridacchiava,
lo faceva di soppiatto,
a Nercinsk per non andare.
Convoc� lo zar la corte,
e le njane e le mammine -
ed emise un'ordinanza:
�Se qualcuno tra di voi
corrompesse le bambine,
o facesse far pensieri,
o soltanto vi alludesse
(dico a ci� di cui son prive),
o facesse doppi sensi,
o facesse dei gestacci, -
non son uso di scherzare:
alle donne, zac!, la lingua,
ed ai maschi un ch� di peggio,
che talor si fa pi� duro�.
Era zar severo e giusto,
e il suo ordine eloquente;
s'inchin� ciascun con tema,
ben decisi a stare all'erta
con le orecchie bene tese,
a guardare il proprio bene.
Paventavano le mogli
che sgarrassero i mariti;
e i mariti, dentro dentro:
�Fanne una, moglie mia!�
(quanta rabbia c'era in cuore!)
Venner su le mie zarevne:
quale pena! Nel consiglio
lo zar porta il suo problema:
� cos� e cos�, � chiaro?
zitto, piano, sottovoce,
fate pi� attenzione ai servi.
Rifletterono i bojari
come rimediare al guaio.
Ecco, un vecchio consigliere
river� tutti - e d'un tratto
si batt� la calva fronte
con la mano, e gracchiando:
�o saggissimo sovrano!
Non punire il mio ardimento,
se racconto una sconcezza
corporale, d'una volta.
Conoscevo una ruffiana
(dove sta? che far� oggi?
certo, quel che gi� faceva).
La tenevano per strega,
rimediava a tutti i guai,
e dei membri all'impotenza.
Giusto lei devi trovare,
e la strega far� tutto,
metter� quel che bisogna�.
�Che si mandi alla ricerca! -
zar Nikita prende a urlare,
aggrottando i sopraccigli:
�Trovar subito la strega!
E se poi c'inganner�,
- non ottiene quel che serve,
o ci mena per il naso,
o se mente a bella posta, -
non sar� pi� zar, ma un fesso,
se un luned� di magro
non far� bruciar la maga:
e con ci� supplico il cielo�.
In segreto, di soppiatto,
con mandato di corriere,
messi vennero inviati
agli estremi della terra.
Al galoppo, ovunque vanno,
alla cerca della maga.
Passa un anno, passa l'altro -
non ne giunge alcuna nuova.
Ma, ecco, infine uno zelante
imbocc� la traccia buona.
S'inoltr� in un cupo bosco
(certo, lo port� il demonio),
c'� nel bosco una casetta,
e la strega, una vecchina.
Era un messo dello zar,
quindi entr� dritto da lei,
river� la strega, asciutto,
ed espose la questione:
come nacquer le zarevne
e di cosa erano prive.
Cap� tutto in un istante...
Alla porta spinse il messo
e gli fece: �Esci in fretta:
non ti devi poi voltare,
che, se no, febbre ti colga...
Torna quindi fra tre giorni,
per l'inoltro, e la risposta;
ma ricorda: al far dell'alba�.
Poi la strega si rinchiuse,
si mun� d'un carboncino,
strolog� per tre giornate,
adesc� il suo demonio.
Quello le port� uno scrigno,
- per l'inoltro poi a palazzo -
tutto pieno di cosine
sconvenienti, e idolatrate.
E ve n'eran d'ogni fatta:
d'ogni taglia e d'ogni tinta,
tutte scelte e ricciolute...
Le selezion�, la strega,
scelse le quaranta meglio
ed avvolte in un bel panno
le richiuse nello scrigno;
quindi licenzi� il messo,
con dei soldi per il viaggio.
Egli va; rosso � il tramonto...
Ebbe voglia di riposo,
e di fare uno spuntino,
di saziarsi poi di vodka:
era un provvido ragazzo,
ben munito per il viaggio;
e cos� sbrigli� il destriero,
a mangiar si mise calmo.
Pascol� il cavallo. Lui
pensa alla ricompensa:
conte, principe; chiss�.
Ma che c'� dentro lo scrigno?
Cosa invia allo zar la strega?
Spia da una fessura: niente!
Proprio chiuso. Che peccato!
La curiosit� lo prende,
e lo rende tutto ansioso.
Alla toppa pon l'orecchio -
ma l'udito nulla avverte;
fiuta - sente un noto odore...
Accidenti! che cos'�?
Ma che male c'�, a guardare?
Pi� non resistette il messo...
Ma, lo scrigno appena aperto,
via!, le passere a volare:
si posarono sui rami
rigirando le codine.
D�i, le chiama, il nostro messo,
e le invoglia coi biscotti:
sparge briciole, ma invano
(non � ci� di cui han fame):
l� sui rami il canto � bello,
ma perch� restar rinchiuse?
Si trascina per la strada
una vecchia con la gruccia,
tutta curva come un arco.
Si gett� ai suoi piedi il messo:
�Ci rimetto qui la testa!
dammi aiuto, mia mammina!
Guarda tu quale disgrazia:
io non riesco pi� a acchiapparle!
Come mi trarr� d'impaccio?�
La vecchina guard� in alto,
poi sput�, e bisbigliando:
�Non ti sei portato bene,
ma non piangere, su, forza...
Basta sol che gliela mostri,
e vedrai che volan gi��.
�Bene, grazie!�, disse quello...
Non appena lo mostr�,
gi� le passere da lui,
e ripresero l'alloggio.
Per non correre altri guai,
senza fare tante storie
le rinchiuse sotto chiave
e si mosse verso casa.
Consegnate alle zarevne,
le ingabbiarono all'istante.
Gioia immensa dello zar:
diede subito gran festa.
Sette giorni di baldoria,
di riposo un mese intero.
Decor� il Consiglio tutto,
n� dimentic� la strega:
le invi� dalla Kunstk�mera
sotto spirito un bel m�ccolo
(che stupiva tutti quanti),
due scheletri e due vipere,
dal medesimo museo...
Anche il messo fu insignito,
e qui termina la fiaba.