LEGGENDA E SIMBOLO DEL GLICINE

 

  LEGGENDA E SIMBOLO DEL GLICINE


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 LEGGENDA E SIMBOLO DEL GLICINE

 

Una leggenda di origine piemontese narra di una giovine che faceva la pastorella di nome Glicine. Questa fanciulla era disperata per il suo aspetto fisico, si sentiva brutta. Un giorno, persa nella disperazione, pianse sola nel bel mezzo di un prato; ad un certo punto le sue lacrime si tramutarono in una meravigliosa pianta di Glicine con un'inebriante fioritura.

Questa pianta � il simbolo primaverile, la sensualit� della giovinezza. E' considerata l'essenza astrale del segno dei pesci. Per le persone di questo segno sarebbe uno stimolo che riattiva il flusso delle idee. E' considerato un talismano contro le calamit�, un filo magico che ispira le sensazioni pi� sublimi. Nel vocabolario dei fiori trasmette il messaggio di Riconoscenza o Amicizia.

Il glicine ha un rilevante significato simbolico nel buddismo Jodo Shinshu (o Buddhism Shin) fondato dal monaco Shinran (1173-1263) nel 1224 e pertanto � inserito nei suoi templi. I grappoli che pendono verso il basso in piena fioritura e i rami di questa vite sembrano abbassare il capo in segno di umilt�, sincero rispetto, supplica garbata e riflessione religiosa in riferimento a Buddha, cos� come l�uomo ha bisogno di pace e di tranquillit� per raccogliersi e onorare l'entit� divina. Il fiore del glicine diventa il simbolo della luminosit� e della caducit� dell�esistenza: tutto muta continuamente, in ogni momento, con il trascorrere del tempo, compresa appunto la vita stessa, quindi si dovrebbe apprezzare appieno l'eternit� in ogni istante. Questo insegna che un essere umano non deve cadere nell�arroganza per emergere, ma piuttosto provare e dimostrare gratitudine. In questa scuola buddista ampiamente praticata in Giappone, tutti sono uguali agli occhi di Buddha, per il quale non � necessario pregare, ma � sufficiente avere fede. Il glicine longevo dalla vitalit� vigorosa � impersonato da una ragazza timida, romantica e travagliata da angosce d�amore con altrettanta caparbia nel balletto classico giapponese �Fuji Musume� ('La Nubile Glicine', letteralmente) del teatro Kabuki. Rappresentato per la prima volta nel 1826 in un set di cinque danze, � rimasto uno tra quelli di maggiore successo per coreografia e raffinatezza e oggi � allestito in maniera autonoma. Nella citt� di Otsu, affacciata sul Lago Biwa, vicino a Kyoto, un passante si sofferma a osservare uno degli innumerevoli dipinti esposti chiamati �Otsu-e� e venduti come souvenir. Su questo quadro � dipinta una Ragazza, che rappresenta l�essenza del Glicine: � abbigliata alla moda, con uno stravagante kimono (�Nagasode�) con le maniche lunghe e con la fascia (�Obi�) che riprende l�immagine del fiore, secondo la tradizione diffusa da secoli in Giappone. La Ragazza raffigurata diventa infatuata a tal punto dell'uomo che la guarda attentamente da prendere vita ed uscire fuori dalla tela. Scrive lettere d�amore, ma non ottiene risposta e, danzando sotto un glicine frondoso, con un ramo in mano, esprime i sentimenti profondi che prova per l�amore non corrisposto, accompagnata dalla musica �Nagauta� ('canto a lungo'). Triste e disperata, rientra affranta dentro al dipinto, sotto al glicine, alla fine del balletto. Il pianto della Ragazza esprime il dolore che prova, cos� il glicine diventa il fiore dell�amore perduto, ma rappresenta anche la straordinaria resistenza come vitigno, in grado di vivere e di prosperare anche in condizioni difficili, cos� come il cuore ha la capacit� di resistere nonostante sia spezzato da un sentimento a senso unico. �Fuji Musume� ha ispirato una fiorente produzione artistica in Giappone, comprese bambole, statuine e dipinti venduti come portafortuna per i matrimoni.


 

 

 

 

 

 


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