Delicata e insieme popolaresca, opera di uno tra i
pi� noti rappresentanti della lirica patriottica risorgimentale, questa
ballata, di atmosfera tardoromantica, rivela l�ispirazione pi� sincera e
spontanea di Luigi Mercantini. La vicenda � quella, tragica, della
spedizione di Carlo Pisacane e dei suoi compagni che, illudendosi di
suscitare una rivolta popolare � come tre anni dopo riuscir� invece a
Garibaldi � vanno incontro a una catastrofe dovuta, pi� che alle
soldatesche borboniche, all�ignoranza feroce delle masse contadine;
ferito e sconfitto, Pisacane si toglier� la vita. Le cinque strofe di
quattro distici di endecasillabi in rima baciata sono introdotte e
concluse da un ritornello universalmente noto, composto da un
endecasillabo e un quinario anch�essi a rima baciata, che ne
sottolineano la cadenza epica e funebre.
Fin dall�inizio ci si pu� render conto dell�enfasi
con cui il poeta ricorda questo evento: i compagni di Pisacane, infatti,
furono assai meno dei trecento rievocati nel primo verso. Solo
ventisette, furono le vittime. Probabilmente il numero assume una
connotazione leggendaria e simbolica: sembra quasi rievocare i trecento
spartani morti alle Termopili .
Quello che colpisce al primo impatto con questa
lirica � l�uso delle reiterazioni (eran � eran; una barca � era una
barca; ritornata � ritornata) che producono gli effetti tipici della
narrazione epico-cavalleresca. Nel terzo verso il riferimento al
tricolore contribuisce a dare il doveroso tono patriottico alla poesia,
con l�accenno storico seguente ad uno sbarco di Pisacane all�isola di
Ponza in cui, effettivamente, il capo-spedizione si ferm� per liberare i
detenuti e �arruolarli� nel suo piccolo ma valoroso esercito.
Nell�ultimo verso della prima strofa quel a noi non
fecer guerra chiarisce l�intento di Pisacane che stava tentando di
liberare il popolo dall�oppressione borbonica.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Sceser con l�armi, e a noi non fecer guerra,
ma s�inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti avevano una lacrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane:
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
Siam venuti a morir pel nostro lido.
Dopo la reiterazione del verso iniziale, che si
ripete, a mo� di ritornello, nell�incipit di ogni strofa, si pu� notare
la ripresa dell�ultimo verso della precedente che contribuisce ad
offrire alla poesia quella musicalit� di cui si � gi� detto. Segue poi
il gesto degli uomini che scendono dalla barca e baciano la terra con
quella lacrima e quel sorriso che esprimono e visualizzano in modo
elementare il sentimento di commozione che anima i trecento. La
spigolatrice vede con i suoi occhi l�onest� di questa gente che non
porta via nemmeno un pane e che, anzi, si dichiara pronta a morire per
liberare quelle terre.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d�oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: � dove vai, bel capitano? -
Guardommi e mi rispose: � O mia sorella,
vado a morir per la mia patria bella. -
Io mi sentii tremare tutto il core,
n� potei dirgli: � V�aiuti �l Signore! -
Ed ecco che agli occhi della giovane spigolatrice
scompaiono gli altri duecentonovantanove. Solo uno di quegli eroi
giovani e forti cattura la sua attenzione: biondo, con gli occhi
azzurri, cammina davanti agli altri, assumendo l�aspetto e il portamento
del loro capitano. La giovane viene a sapere che la missione che comanda
� volta alla libert� della patria per la quale lui e i suoi compagni
sono pronti a morire. Le parole del capitano provocano un tremito nella
giovane che non riesce nemmeno, per l�emozione, a rivolgere loro una
preghiera, l�invocazione dell�aiuto divino.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontraron con li gendarmi,
e l�una e l�altra li spogliar dell�armi.
Ma quando fur della Certosa ai muri,
s�udiron a suonar trombe e tamburi,
e tra �l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso pi� di mille.
Il fervore con cui i trecento si avviano a
combattere per la patria � talmente forte e autentico da indurre la
spigolatrice a seguirli, abbandonando, per quel giorno, la consueta
attivit�. Ma la fortuna sembra non assistere il drappello di soldati
improvvisati: i gendarmi li respingono per due volte e, giunti alla
Certosa, con squilli di trombe, rulli di tamburi, in un�atmosfera che si
accende dei lampi prodotti dalle armi e dal fumo causato dagli spari, i
giovani valorosi vengono travolti da un numero ben pi� consistente di
soldati borbonici.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Eran trecento non voller fuggire,
parean tremila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a lor correa sangue il piano;
fin che pugnar vid�io per lor pregai,
ma un tratto venni men, n� pi� guardai;
io non vedeva pi� fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d�oro.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
L�eroismo di questi patrioti si concretizza in quel
non voller fuggire, in quel vollero morire, ripetuto nel verso
successivo con l�elisione del verbo, in quel sangue che correa, tingendo
tutto il piano, in quel pugnar col ferro in mano che denota il coraggio
ma nello stesso tempo l�inutilit� del sacrificio umano. La spigolatrice
prega per il giovane biondo dagli occhi color del cielo e per i suoi
compagni di sventura: anche le sue orazioni, per�, sono inutili. Quando
si rende conto che quegli occhi azzuri e quei capelli d�oro sono
scomparsi alla sua vista, si sente mancare e non ha pi� il coraggio di
guardare. Di fronte ai suoi occhi non c�� pi� l�immagine di un amore
inutilmente vagheggiato, c�� il quadro, desolato ed inquietante, di una
carneficina: Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Figure retoriche: La Spigolatrice di Sapri
Li disser ladri usciti dalle tane, METAFORA
(ladro=animale)
Pi� di mille - iperbole
E son morti! RIPETIZIONE
Parafrasi:
Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. Un
giorno io andavo a spigolare e vidi una barca a vapore in mezzo al mare,
aveva uan bandiera tricolore. Si ferm� all'isola di Ponza e poi ripart�;
attracc� di nuovo a terra e gli uomini scesero armati, ma non ci fecero
alcun male.
Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. gli
uomini scesero armati, ma non ci fecero alcun male, anzi si inchinarono
per baciare la terra. Li guardai in viso ad uno ad uno: tutti piangevano
e sorridevano. Dissero che erano ladri usciti dai loro nascondigli, ma
non ci portarono via nemmeno una pagnotta. Io li sentii urlare tutti
insieme "Siamo venuti a morire per la nostra terra".
Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. Un
giovane biondo e con gli occhi azzurii camminava davanti a loro. Osai e
gli chiesi, prendendogli al mano: " Dove vai, bel capitano?". Mi guard�
e mi rispose: "sorella, vado a morire epr la mai bella patria" e io
potei dirgli solo "Il Signore vi aiuti".
Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. Quel
giorno mi scordai di spigolare e li seguii: due volte ebbero uno scontro
con l'esercito ed entrambe le volte li disarmarono. Ma quando arrivarono
davanti alle mura della Certosa, si sentirono suonare trombe e tamburi,
e tra fumo, spari e scintille li assalirono pi� di 1000 uomini.
Erano 300 erano giovani e forti e sono morti. erano
300 e non vollero fuggire, sembravano 3000 e non vollero fuggire; ma
vollero morire con la spada in mano e la pianura davanti a loro era
coperta di sangue. Finch� li vidi combattere pregai per loro, ma ad un
tratti svenni e non vidi pi� nulla. Non vidi pi� in mezzo a loro uei
capelli biondi e queglo occhi azzurri. Erano 300 erano giovani e forti e
sono morti.