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Il galletto d'oro
S. PUSKIN
Chiss� dove, in un regno lontano,
proprio ai margini estremi del mondo,
c'era un tempo Dadon, grande zar.
Era stato da giovane ardito
e, terribile, ai regni vicini
grande offesa talvolta port�,
ma canuto oramai e spossato,
dalle guerre volea riposare
e vecchiezza trascorrere in pace.
Ecco allor che gli ostili vicini
preser tosto a recargli molestia
gravi danni causando al suo regno.
Per difendere i propri confini
dagli attacchi dei regni nemici,
una forte e grandissima armata
mantenere doveva lo zar.
I voivodi si davan da fare,
ma ogni sforzo purtroppo era vano:
se da sud si attendeva l'attacco
l'invasore giungeva da oriente,
quando a ci� si poneva rimedio
tosto quello attaccava dal mar.
Zar Dadon dalla rabbia piangeva,
anche il sonno perduto egli aveva.
Come vivere in tanto scompiglio!
Egli allor, per averne l'aiuto,
si rivolse ad un vecchio sapiente,
che d'astrologo e mago avea fama,
con un messo facendogli invito.
Si presenta a Dadon il gran saggio
e da un sacco fa tosto sortire
un galletto dall'aureo piumaggio
�Sulla cima d'un palo porrai -
dice il mago allo zar, - quest'augello;
il galletto mio d'oro per te
sar� scolta e vedetta fidata:
se all'intorno sar� tutto in pace
zitto e calmo star� l'animale,
per�, appena da alcun si minacci
a te guerra, ed al regno invasione
o una qualche sciagura s'appresti,
tosto all'erta sar� il mio galletto,
rizzer� l'aurea cresta sul capo
e con strida e gran battere d'ali
terr� l'occhio rivolto al nemico.�
Grato al mago lo zar si professa,
monti d'oro di dargli promette:
�Per un tale servigio a me reso, -
dice, preso da grande entusiasmo, -
la richiesta che prima farai
io m'impegno a esaudir come mia.�
Sulla cima del palo il galletto
sta in vedetta e sorveglia i confini.
Non appena un pericolo insorge
il fedele guardian si riscuote,
strepitando con gran batter d'ali
per far fronte al periglio si volge;
grida: �Chicchiricchi! puoi regnare
senza darti pensiero n� pena!�
E i vicini han compreso che ormai
non v'� alcuna speranza per loro
dal momento che assai facilmente
da ogni lato Dadon li respinge!
Passa un anno, un altr'anno lo segue
sempre in pace, ed il gallo sta cheto.
Ma da un grande frastuono una notte
zar Dadon vien d'un tratto destato:
�O zar nostro, del popolo padre! �
un voivoda agitato gli grida, -
Presto destati, incombe sventura!�
�Che succede, signori? - domanda
zar Dadon, sbadigliando assonnato, -
Chi? da dove? qual � la minaccia?�
�Il galletto, - risponde il voivoda, -
va di nuovo facendo gran chiasso,
� in allarme l'intera citt�.�
Zar Dadon si fa tosto al balcone
e di l� vede il gallo sul palo
che agitato si volge ad oriente.
Non � tempo di indugi: �Su, presto!
Gente, in sella! Si faccia in gran fretta!�
Una schiera ad oriente egli manda
al comando del figlio maggiore.
Il galletto � acchetato e si tace,
c'� silenzio, e lo zar torna a letto.
Son trascorsi otto giorni oramai,
della truppa non s'ha pi� novella,
se sia stata impegnata in battaglia
a Dadon non � dato sapere.
Ma ecco, ancora il galletto schiamazza.
Zar Dadon altra schiera raduna
e l'affida al suo figlio minore
perch� corra in soccorso al fratello;
tace il gallo, di nuovo tranquillo.
Ma non giunge qua alcuna notizia!
Gi� trascorsi son altri otto giorni;
tutti vivono in grande apprensione.
Nuovamente l'allarme d� il gallo;
lo zar forma altra schiera, la terza,
e ad oriente la guida egli stesso,
ma se serva Dadon non lo sa.
Giorno e notte l'esercito marcia,
manca il tempo per sosta o riposo.
Non v'� traccia di truppa accampata,
segno alcuno non v'� di battaglia,
sepoltura non v'�. Lo zar pensa:
�Quale arcano prodigio � mai questo?�
Sono intanto passati otto giorni,
guida ai monti lo zar la sua truppa;
quando giungono ai pi� delle alture
ecco, scorge una tenda di seta.
Tutt'intorno � assoluto silenzio;
di guerrieri una schiera l� giace
massacrata in ristretto passaggio.
Zar Dadon alla tenda s'affretta...
Quale orrenda vision pei suoi occhi!
L� distesi, senz'elmo n� cotta
stanno immersi nel sangue i suoi figli
a vicenda di spada trafitti.
I cavalli sull'erba del prato,
calpestata ed intrisa di sangue,
se ne vanno vagando all'intorno.
Si dispera lo zar: �Figli! O figli!
Oh sventura! I miei cari falchetti
tutti e due nella rete caduti!
Non mi resta oramai che la morte.�
Con lo zar tutti gemono forte,
levan alti lamenti le valli
ed i monti hanno il cuore che trema.
Ma d'un tratto la tenda si schiude,
ne vien fuori stupenda fanciulla:
di Samachan la bella regina
che qual alba radiosa e splendente
avanzando va incontro allo zar.
E Dadon, come uccello notturno
che si trovi al cospetto del sole,
resta muto, la guarda negli occhi
e dimentica, a quella visione.
Ecco che la regina s'accosta,
sorridendo a Dadon gli fa inchino,
poi con grazia gli prende la mano
e alla tenda conduce lo zar.
L� sedere lo fa alla sua mensa
e servire gli fa leccornie.
Poi lo invita a voler riposare
in un letto di ricco broccato.
E Dadon sette giorni trascorre,
sottomesso del tutto alla donna
dalla quale � ammaliato e rapito,
lietamente a far festa con lei.
Finalmente intraprende il ritorno
zar Dadon con l'armata possente,
ed insieme alla bella fanciulla
verso casa dirige il cammin.
Lo precedon nel viaggio le voci
che raccontano il vero ed il falso.
Tutto il popolo gli si fa incontro
di citt� dalle porte, acclamando;
tutti quanti van dietro a quel cocchio
su cui siedono zar e regina.
Zar Dadon sorridente saluta...
Tra la folla d'un tratto egli vede,
con un bianco cappel saraceno
e la chioma canuta qual cigno,
proprio il vecchio suo amico, il gran mago.
�Ah, salute sia a te, padre mio, -
gli fa tosto lo zar. - Che mi dici?
Fatti avanti! Che cosa comandi?�
�Zar! - risponde quel vecchio sapiente, -
l'ora � giunta di metterci in pari.
Pel servigio che un giorno ti ho reso,
tu a me, come ad amico, hai promesso
d'esaudir la mia prima richiesta,
lo ricordi?, confessa tua fosse.
Dammi dunque ora quella fanciulla,
di Samachan la bella regina.�
Stupefatto lo zar ne rimane.
Dice al vecchio: �Che cosa ti prende?
Sei tu forse del diabolo preda,
o hai del tutto perduto il cervello?
Nella testa che cosa ti gira?
Certo, � vero, promessa t'ho fatto,
ma c'� un limite a tutte le cose.
Perch� mai la fanciulla tu chiedi?
Forse ignori con chi stai parlando?
Tu piuttosto a me puoi domandare
ch'io ti faccia qui nobile o ricco,
ch'io met� della mia scuderia
o met� del mio regno ti doni!�
�Io non voglio altra cosa che quella!
Devi darmi perci� la fanciulla,
di Samachan la bella regina!�
dice il mago in risposta allo zar.
E Dadon sputa; �Ebben, dico no!
Cos� nulla da me tu otterrai.
Da te stesso ti sei rovinato;
allontanati fin che sei sano;
via, quel vecchio da qui sia cacciato!�
Il vecchietto discuter vorrebbe,
ma con quello non val ragionare;
impugnato lo scettro, lo zar
sulla fronte colpisce il meschino
che s'accascia e l� l'anima rende.
La citt� freme tutta, ma ride
�Ah, ah, ah... ih, ih, ih!� la regina;
certo quella non teme a peccare.
E lo zar, bench� alquanto sconvolto,
le sorride, ammaliato e rapito.
Ecco, nella citt� fa il suo ingresso...
Lieve un suono si sente improvviso
e, al cospetto del popolo tutto,
dal suo palo gi� vola il galletto:
di Dadon contro il cocchio s'avventa,
dello zar sopra il capo si posa,
l'ali frulla e colpisce col becco,
poi s'invola veloce nel cielo...
Cade gi� tutt'a un tratto dal cocchio
zar Dadon con un grido, ed � morto.
La regina di colpo svanisce
come mai esistita non fosse.
� una favola questa, ma attenti!
Per i giovani � pure lezione.