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L'AQUILONE |
C'� qualcosa di nuovo oggi nel sole, |
Son nate nella selva del convento |
Si respira una dolce aria che scioglie |
un'aria d'altro luogo e d'altro mese |
s�, gli aquiloni! � questa una mattina |
Le siepi erano brulle, irte; ma c'era |
bianco; e sui rami nudi il pettirosso |
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino |
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, |
S'inalza; e ruba il filo dalla mano, |
S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo |
Pi� su, pi� su: gi� come un punto brilla |
Sono le voci della camerata |
A uno a uno tutti vi ravviso, |
S�: dissi sopra te l'oraz�oni, |
Tu eri tutto bianco, io mi rammento. |
Oh! te felice che chiudesti gli occhi |
Oh! dolcemente, so ben io, si muore |
ancora in boccia! O morto giovinetto, |
Meglio venirci ansante, roseo, molle |
Meglio venirci con la testa bionda, |
tua madre... adagio, per non farti male. |
L�aquilone di Giovanni Pascoli racconta
un episodio controverso dell�infanzia del poeta, in cui la gioia e la felicit�
di un ricordo del passato si uniscono all�amarezza per la morte di un compagno
del collegio.
In ventuno terzine in versi endecasillabi, Pascoli ribadisce un concetto che �
diventato il cardine degli studi sulla memoria: il ricordo � un
elemento bifronte, che pu� riaccendere sentimenti di pura e incontaminata
nostalgia, ma anche intensi momenti di dolore. Come il X Agosto,
in cui Pascoli rievoca la morte del padre da cui era rimasto profondamente
scosso, anche L�aquilone � una �poesia della memoria�, in cui si parla
di una morte prematura, tanto violenta quanto inaspettata.
La giornata
particolare ha ricordato al poeta il suo passato. Con la mente � andato altrove
e intorno gli sembra che siano nate le viole nel bosco del convento dei
cappuccini tra le foglie morte cadute dalle querce.
L'aria mite ha sciolto la terra ghiacciata e ha lambito anche le chiese di
campagna; � l'aria, per il poeta, di un luogo lontano e di un tempo diverso -
l'aria che usava per far volare gli aquiloni.
Pascoli rievoca una mattina senza scuola. Con i compagni esce nel cortile, tra
le siepi irte, con qualche bacca rossa autunnale e qualche fiore primaverile
bianco. Sugli alberi zampettava un pettirosso e da un fossato si vedeva uscire
una lucertola.
Davanti al poeta e ai suoi amici, era Urbino: nel vento tutti facevano volare
nel cielo azzurro il loro aquilone. Gli aquiloni volavano nel vento, mentre i
ragazzi gridavano, prendendo il filo dalla mano di chi li faceva volare. Con
l'aquilone anche i ragazzi si sentivano come volare. Ma ogni tanto il vento
faceva andare di sbieco l'aquilone: ci� faceva gridare i ragazzi.
Quelle voci ricordate fanno rimembrare al poeta i suoi compagni, soprattutto
quello morente per cui ha pianto e pregato. Quel compagno � stato pi� fortunato
perch� il suo pi� grande dolore � stato vedere cadere gli aquiloni.
Pascoli, infatti, crede che morire giovani � pi� dolce che da adulti, perch�
almeno vicino alla madre.
SPIEGAZIONE
C'� qualcosa di diverso oggi nel cielo, anzi, qualcosa di gi� visto: io vivo in un altro luogo, ma capisco che qui vicino sono fiorite le viole. Sono fiorite nel bosco del convento dei cappuccini, tra le foglie morte ai piedi delle querce agitate dal vento. Si respira un'aria dolce che ammorbidisce il terreno duro, e si diffonde per le chiese di campagna dalle porte d'erba: un'aria di un altro luogo, di un'altra stagione, di un altra vita: un'aria frizzante che fa volare molte ali bianche sospese: gli aquiloni! E'questo un giorno di festa. Siamo usciti in gruppo tra le siepi di rovo e biancospino. Le siepi erano brutte, secche: ma in autunno c'era ancora qualche bacca rossa e qualche bianco fiore di primavera; e sui rami spogli il pettirosso saltellava, e la lucertola mostrava la testolina tra le foglie arse dei fossi. Ora siamo fermi: vediamo di fronte la ventosa Urbino: ognuno da una collinetta manda in cielo il suo aquilone. Ed eccolo che ondeggia, penzola, urta, sbanda, risale, segue il vento; eccolo che piano piano si innalza tra un lungo grido di bambini. Si innalza; ed il filo sfugge dalle mani, come un fiore strappato dal sottile stelo che ricresce altrove. Si innalza; e porta in cielo i piedi impazienti, il respiro ansimante d'emozione, l'occhio desideroso di felicit� e il viso e il cuore del bambino. Sale pi� su, pi� su: ora brilla come un puntino luminoso, lass�, lass�...Ma ecco una folata improvvisa, ecco un fortissimo grido...Chi urla? Sono le voci della mia camera: all'improvviso le riconosco tutte: una � dolce, una acuta, una velata...A uno a uno vi riconosco tutti o miei compagni. E tu, s�, tu che abbandoni sulla spalla il pallore silenzioso del viso. S�...appoggiato sopra di te recitai le preghiere e piansi: tuttavia, felice te che non vedesti cadere gli aquiloni abbattutti dal vento! Tu eri tutto pallido, ricordo. Avevi solo le ginocchia rosse, per aver pregato sul pavimento. Oh! Tu che felice chiudesti gli occhi soddisfatto, stringendoti in petto il pi� caro dei tuoi giocattoli! Oh, lo so bene, lentamente muore la propria fanciullezza stringendola al petto come i bianchi petali del suo fiore non ancora sbocciato! O morto bambinetto, anch'io presto domani verr� sotto terra, l� dove dormi calmo e solitario...Meglio arrivarci ansimante, arrossato, madido di sudore, come dopo una divertente gara di corsa per salire su un colle. Meglio venirci con i capelli biondi di bambino, poich� quando la poggiasti fredda sul cuscino, tua madre ti pettin� facendoti i capelli ondulati...piano piano, per non farti male.
FIGURE RETORICHE
Il poeta usa terzine dantesche di endecasillabi, secondo il noto schema di rime ABA BCB CDC ecc. Ci sono frequenti enjambement (v.2-3; v.4-5; v.7-8 ecc.) ;
vi sono numerose metafore e similitudini legate prevalentemente al volo degli aquiloni, definiti come bianche ali sospese (a simboleggiare la libert� del volo, ma anche a prefigurare la morte del fanciullo), comete(quando si vede una cometa, si pu� esprimere un desiderio) simili a un fiore che fugga su lo stelo esile, e vada a rifiorir lontano (ancora una prefigurazione di morte);
Altre figure retoriche comprendono l�anafora (sono�nate (v.3), son nate (v.4); un�aria (v.7, 10, 11); s�inalza (v. 27, 28, 31); la sineddoche (l�avida pupilla), la personificazione (la sua stringendo fanciullezza al petto).