GIOVANNI PASCOLI

VITA E POETICA DI GIOVANNI PASCOLI


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GIOVANNI PASCOLI

Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855. Il padre gli mor� assassinato quando egli aveva solo 12 anni; a questo lutto si sommarono altre tragedie familiari (tra cui la morte della madre) che influenzarono profondamente la sua vita, la sua visione del mondo e la sua poetica. A Bologna, dopo la laurea, si avvicin� a gruppi anarchici e socialisti ma, in seguito ad una esperienza di carcere che lo segn� in maniera pesante, abbandon� la politica attiva. Decise di dedicarsi all'insegnamento universitario non tralasciando mai, per�, la sua unica passione: la poesia. ). Nel 1905 succedette a Carducci alla cattedra di letteratura italiana all'universit� di Bologna.

L'opera di Pascoli s'incentra su tre diverse linee espressive: quella della poesia in italiano, quella della poesia in latino e quella dell'attivit� di critico e commentatore di Dante.
Nel 1891 fu pubblicata la raccolta Myricae, il cui titolo � una citazione dalla quarta egloga delle Bucoliche di Virgilio. Con ci� il poeta volle alludere ad una lirica delle cose semplici, fatta d'oggetti comuni presi soprattutto dalla campagna ("sono frulli d'uccelli, stormire di cipressi, lontano cantare di campane") e cantati con un lessico e un metro molto originali per la tradizione poetica italiana. Questo risultato fu ottenuto con gran perizia tecnica: pascoli si rifece alla lezione dei classici (oltre appunto a Virgilio, anche Catullo e Orazio), ma guard� anche all'esperienza simbolista non solo francese. La sua poesia non �, infatti, descrittiva ma allusiva, e parte dalla convinzione che si possa cogliere l'ineffabile solo con mezzi formali rigorosi e grazie ad una nuova lingua poetica, che attinge al latino, alla lingua parlata, ai vocabolari tecnici.

I Primi poemetti (1904) e i Nuovi poemetti (1909) segnarono una diversa tendenza, basata sulla volont� di "raccontare". Oltre ai temi gi� sperimentati (il mondo della campagna, la contemplazione della natura, l'aspirazione a una vita semplice), risalta lo spazio dato alla rappresentazione delle vicende degli emigranti verso l'America: il lessico si fa particolarmente sperimentale, una commistione di italiano e inglese assolutamente estranea alla tradizione lirica italiana. Di alto livello sono anche i Canti di Castelvecchio (sette edizioni, l'ultima nel 1914), nei quali la ricerca pascoliana prosegu� su una linea ormai ben identificata. Invece, nei Poemi conviviali (1904), l'attenzione si spost� sul mondo classico e sui suoi miti, anche in forma di riflessione, e con una precisa ricaduta sulle tecniche della versificazione, che ricalcano modelli antichi. Con Odi e inni (1906) l'ultima produzione pascoliana si avvicin� alle tematiche nazionalistiche, chiaramente sostenute nel discorso favorevole all'impresa coloniale in Libia La grande proletaria si � mossa (1911). Le idee fondamentali di Pascoli sulla poesia si leggono in un testo molto importante intitolato Il Fanciullino (apparso nel 1897 come Pensieri sull'Arte poetica). La poesia � una disposizione infantile a stupirsi, ed � dunque una qualit� irrazionale dell'uomo; grazie a questa sensibilit� � possibile cogliere analogie sottili e nascoste fra gli oggetti e le forme di vita pi� semplici: il poeta deve perci� calarsi in una situazione "infantile" per poter cantare, stupito, il mistero delle piccole cose. Grazie a questa poetica Pascoli allarg� i confini della r realt� degna di diventare soggetto di poesia e confer� nuova libert� al verso, tricco di suggestioni sonore.
Giovanni Pascoli si spense nel 1912.

La poetica del Pascoli

La poesia � per Pascoli la voce del poeta-fanciullo che riscopre la realt� delle cose, anche delle pi� piccole; � uno sguardo vergine e primigenio che si posa sul mondo e ne evidenzia gli aspetti pi� nascosti. Secondo Pascoli, dunque, pu� dirsi poeta colui che � riuscito ad esprimere quello che tutti stavano pensando ma che nessuno riusciva a dire.
La poesia per� deve avere anche un compito sociale e civile: deve migliorare l'uomo, renderlo buono, renderlo etico. Questa concezione riflette pienamente il suo socialismo umanitario, utopistico, interclassista, patriottico.
Il discorso La grande proletaria si � mossa (con cui Pascoli si dichiarava favorevole all'entrata in guerra dell'Italia)� stato il manifesto di questa sorta di "socialismo nazionale", vicino per alcuni aspetti ad un nazionalismo populista, che considera la guerra come un momento di superamento dei conflitti sociali e delle differenze di classe.
Si tratta, in realt�, di una prospettiva indubbiamente falsata, basata su posizioni che in seguito lo stesso Pascoli provveder� a rivedere:

- lo spostamento della lotta di classe all'esterno delle nazioni: non pi� tra parti sociali di una stessa nazione, ma tra nazioni ricche e nazioni proletarie.

- il continuo scivolare delle argomentazioni politiche e sociali dal piano della ragione a quello del sentimento (illusione di una possibile fratellanza e di un'istintiva bont� che porterebbe gli uomini di una stessa nazione ad abbattere le differenze e ad unirsi nella lotta contro il nemico comune).

Si intrecciano nella sua poetica due spinte fondamentali:

- una verso l'esterno, verso l'intervento attivo nella societ� per produrre nei cambiamenti nelle cose e negli uomini.

- una verso l'interno, intimista, abbinata al gusto contadino per le cose semplici e all'attenzione a volte ossessiva alle complicazioni tortuose del suo animo decadente.
Uno scambio continuo, insomma, tra grande e piccolo, in un rovesciamento di prospettiva e di valori.

Il fanciullino

Come nel mito platonico del Fedone esiste dentro di noi un fanciullino che nell'infanzia si confonde con noi, ma, anche con il sopraggiungere della maturit�, non cresce e continua a far sentire la sua voce ingenua e primigenia, suggerendoci quelle emozioni e sensazioni che solo un fanciullo pu� avere.
Spesso, per�, questa parte che non � cresciuta non viene pi� ascoltata dall'adulto. Il poeta invece � colui che � capace di ascoltare e dare voce al fanciullino che � in lui e di provare di fronte alla natura le stesse sensazioni di stupore e di meraviglia proprie del bambino o dello stato primigenio dell'umanit�.

Il fanciullino prova sensazioni che sfuggono alla ragione, ci spinge alle lacrime o al riso in momenti tragici o felici, ci salva con la sua ingenuit�, � sogno, visione, astrazione. � come Adamo che d� per la prima volta il nome alle cose e scopre tra esse relazioni e somiglianze ingegnose, che nulla hanno a che vedere con la logica della razionalit�. Il nuovo si scopre, non si inventa, la poesia � nelle cose, anche nelle pi� piccole.
La poesia ha un compito civile e sociale: il poeta in quanto tale esprime il fanciullino ed ispira i buoni e civili costumi e l'amor patrio, senza fare comizi, senza dedicarsi alla politica nel senso classico, ma solo grazie al suo sguardo puro ed incantato.


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