"DONNA PIETOSA E DI NOVELLA ETADE " DI DANTE ALIGHIERI

"DONNA PIETOSA E DI NOVELLA ETADE " DI  DANTE

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"DONNA PIETOSA E DI NOVELLA ETADE " DI  DANTE

 

Donna pietosa e di novella etate,

adorna assai di gentilezze umane,

ch�era l� �v�io chiamava spesso Morte,

veggendo li occhi miei pien di pietate,

e ascoltando le parole vane,

si mosse con paura a pianger forte.

E altre donne, che si fuoro accorte

di me per quella che meco piangia,

fecer lei partir via,

e appressarsi per farmi sentire.

Qual dicea: �Non dormire�,

e qual dicea: �Perch� s� ti sconforte?�

Allor lassai la nova fantasia,

chiamando il nome de la donna mia.

 

Era la voce mia s� dolorosa

e rotta s� da l�angoscia del pianto,

ch�io solo intesi il nome nel mio core;

e con tutta la vista vergognosa

ch�era nel viso mio giunta cotanto,

mi fece verso lor volgere Amore.

Elli era tale a veder mio colore,

che facea ragionar di morte altrui:

�Deh, consoliam costui�

pregava l�una l�altra umilemente;

e dicevan sovente:

�Che vedest�, che tu non hai valore?�

E quando un poco confortato fui,

io dissi: �Donne, dicerollo a vui.

 

Mentr�io pensava la mia frale vita,

e vedea �l suo durar com�� leggiero,

piansemi Amor nel core, ove dimora;

per che l�anima mia fu s� smarrita,

che sospirando dicea nel pensero:

� Ben converr� che la mia donna mora. �

Io presi tanto smarrimento allora,

ch�io chiusi li occhi vilmente gravati,

e furon s� smagati

li spirti miei, che ciascun giva errando;

e poscia imaginando,

di caunoscenza e di verit� fora,

visi di donne m�apparver crucciati,

che mi dicean pur: � Morra�ti, morra�ti. �

 

Poi vidi cose dubitose molte,

nel vano imaginare ov�io entrai;

ed esser mi parea non so in qual loco,

e veder donne andar per via disciolte,

qual lagrimando, e qual traendo guai,

che di tristizia saettavan foco.

Poi mi parve vedere a poco a poco

turbar lo sole e apparir la stella,

e pianger elli ed ella;

cader li augelli volando per l�are,

e la terra tremare;

ed omo apparve scolorito e fioco,

dicendomi: � Che fai? Non sai novella?

morta � la donna tua, ch�era s� bella. �

 

Levava li occhi miei bagnati in pianti,

e vedea, che parean pioggia di manna,

li angeli che tornavan suso in cielo,

e una nuvoletta avean davanti,

dopo la qual gridavan tutti: �Osanna�;

e s�altro avesser detto, a voi dire�lo.

Allor diceva Amor: � Pi� nol ti celo;

vieni a veder nostra donna che giace. �

Lo imaginar fallace

mi condusse a veder madonna morta;

e quand�io l�avea scorta,

vedea che donne la covrian d�un velo;

ed avea seco umilit� verace,

che parea che dicesse: � Io sono in pace. �

 

Io divenia nel dolor s� umile,

veggendo in lei tanta umilt� formata,

ch�io dicea: � Morte, assai dolce ti tegno;

tu dei omai esser cosa gentile,

poi che tu se� ne la mia donna stata,

e dei aver pietate e non disdegno.

Vedi che s� desideroso vegno

d�esser de� tuoi, ch�io ti somiglio in fede.

Vieni, ch� �l cor te chiede. �

Poi mi partia, consumato ogne duolo;

e quand�io era solo,

dicea, guardando verso l�alto regno:

� Beato, anima bella, chi te vede! �

Voi mi chiamaste allor, vostra merzede�.

 

 

 

 Metrica

Canzone di sei stanze, ciascuna composta di 14 versi, con schema ABC, ABC; CDdEeCDD. La fronte, composta di soli endecasillabi, � divisa in due piedi uguali di tre versi ciascuno. La sirma, che non � divisa in volte, presenta un endecasillabo di chiave (il settimo verso, in rima con il precedente) e alterna endecasillabi e settenari; questi ultimi sono in rima baciata con l�endecasillabo precedente. Anche gli ultimi due endecasillabi sono in rima baciata. Nella prima stanza le rime in A e in B sono tra loro assonanti (etate : umane; pietate : vane). Nella quinta stanza, sempre tra le rime A e B, si ha assonanza della sola vocale tonica e parziale consonanza (pianti : manna, davanti : Osanna).

 

 Lessico e stile

Il lessico predominante � quello afferente ai campi semantici della morte e del dolore. Solo nella prima stanza incontriamo ad esempio �Morte� (v. 3), �pietate� (v. 4), �pianger� (v. 5), �piangia� (v. 7), �sconforte� (v. 13). Ma il tema � centrale in tutte le stanze; il verbo �morire�, in particolare, torna nelle due stanze centrali (la terza e la quarta) in posizione assai accentuata: lo si incontra infatti all�interno dell�ultima coppia di endecasillabi, collegati tra loro dalla rima baciata. Nella terza stanza �Morra�ti� � anche parola-rima.

Altrettanto rilevanti sono le parole collegate con il campo semantico della visione e del sogno. Numerose sono le occorrenze del verbo �vedere� (lo incontriamo ai vv. 46, 49, 57, 65, 66, 68, 72). Il verbo �parere�, che come si � visto � assai frequente nella prosa, ricorre qui quattro volte; in due occasioni � accompagnato dal pronome �mi�, a sottolineare la soggettivit� e l�ingannevolezza della visione (�mi parea�, v. 45; �mi parve vedere� v. 49); tale sottolineatura � assente per� nella quinta stanza, in cui Beatrice viene raffigurata secondo i moduli dell�agiografia. La sottolineatura della natura ingannevole della visione � comunque frequente nel testo: �nova fantasia� (v. 13), �imaginando / di caunoscenza e di verit� fora� (v. 40), �vano imaginare� (v. 44), �imaginar fallace� (v. 65).

La sintassi si affida sovente alla coordinazione, con frequenti polisindeti; ma sono numerose anche le subordinate implicite con il gerundio. Tra le subordinate esplicite prevalgono le relative e le consecutive, anticipate nella reggente dagli avverbi �s�, �cotanto� o dagli aggettivi �tale�, �tanto�. Il giro della frase obbedisce docilmente al ritmo imposto dallo schema metrico; rari gli enjambements, che si incontrano per lo pi� alla fine dei settenari in rima baciata (vv. 37-38, vv. 65-66), di cui accentuano l�agile dinamismo.

 

 Tematica

Il testo poetico e la prosa sono per larghi tratti quasi perfettamente sovrapponibili. La poesia presenta per� un diversa disposizione dei temi: inizia infatti dal risveglio (prima e seconda stanza) e ripercorre il sogno all�interno di un lungo discorso diretto che Dante rivolge alle donne, che inizia a v. 28 e occupa poi tutto il resto della canzone. L�ultimo verso del discorso diretto torna circolarmente al momento del risveglio.

Tale dispositio, pi� artificiosa rispetto alla prosa che segue l�ordine cronologico, sembra delineare un percorso che dall�angoscia e dal dolore muove verso il rasserenamento indotto dalla visione beatificante della quinta stanza. Gli elementi dolorosi sono concentrati soprattutto nelle prime stanze; l�atmosfera da incubo sembra alla fine dissolversi in modo pi� netto che nella prosa (ne fa fede, tra l�altro, il fatto che l�ultima occorrenza della parola �pianti� si incontri al primo verso della penultima stanza).

La canzone dimostra una matura consapevolezza del significato mistico-simbolico della figura di Beatrice. Significativa in tal senso, oltre alla presenza (nella quarta stanza) dei segni che accostano la sua morte a quella di Cristo, ci appare la rappresentazione agiografica dell�ascesa al cielo della donna contenuta nella quinta stanza: come si � dimostrato nelle note, i richiami scritturali sono qui assai pi� fitti che nella prosa (con qualche similitudine forse non compiutamente risolta, come quella tra il moto ascensionale degli angeli e la discesa della �pioggia di manna�). Il narratore consapevole, in questo caso, non � intervenuto sovrapponendo la propria prospettiva a quella del poeta-amante, ma al contrario sfoltendo quella trama di richiami cristologici che quest�ultimo, con entusiasmo quasi da neofita, aveva addensato nella canzone.

La prosa, rispetto alla canzone, procede dunque soprattutto per sottrazione. Molto pi� scarni sono, nel testo che precede, i tratti della �donna pietosa� il cui pianto induce le altre donne a confortare Dante; scompaiono i residui riferimenti cavalcantiani agli spiriti (qui ancora utilizzati nella terza strofa per rappresentare il delirio del poeta-amante), o la citazione guinizzelliana di Al cor gentil rempaira sempre amore (cfr. nota 7). Comune � il tono delle raffigurazioni dei volti minacciosi che si presentano all�immaginazione del poeta-amante, anche se nella prosa l�aggettivo �scapigliate� inquadra il dettaglio in modo espressionisticamente pi� efficace del corrispondente �crucciati� del testo poetico (v. 41). La regia del narratore, nella prosa, si mostra pi� attenta all�alternanza dei campi lunghi e dei primi piani, concentrandosi alla fine, come si � visto, sulla �faccia� di Beatrice; egli inoltre ha cura di omettere dalla sequenza in campo lungo dedicata ai presagi della sua morte ogni riferimento al volto (nella canzone qualificato come �scolorito e fioco�, v. 54) del �nunzio� della sua morte.

Nel complesso tutti questi espedienti sembrano confermare l�intenzione, nella prosa, di lasciare irrisolta la tensione tra dolore della perdita e rasserenamento della beatitudine, anticipando in sostanza quella che sar� la reazione di Dante di fronte alla morte di Beatrice: una reazione certo meno edificante, ma assai pi� umana e contraddittoria, che determiner� nel poeta-amante una crisi destinata a risolversi solo alla fine della Vita nuova.


 


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