LA SOGLIA:RICORDARE E DESIDERARE
"Dire che una cosa è buona non un giorno di più
di quando ci è apparsa buona,
e soprattutto non un giorno di meno:
è questo l'unico modo di mantenere pura
la propria gioia"
F. Nietzsche
Diceva Freud che l'Io è un servo al servizio di due padroni: c'è l'Es da una
parte, il serbatoio degli istinti, e il super-Io dall'altra, una sorta di
giudice, per lo più inconscio, che continuamente misura la distanza fra l'Io e
l'ideale e trova sempre l'Io inadatto, non all'altezza o colpevole e, quindi,
meschino e inetto.
Entrambi, questi due padroni, "stanno addosso all'io": l'Es con il desiderio
perché incessantemente desidera e vuole qualcosa: vuole mangiare, conquistare,
possedere, divertirsi, portare dentro e non lasciare andare, liberarsi quando è
troppo pieno, riempirsi non appena sente il vuoto che lo terrorizza; il super-Io
con la memoria: si ricorda tutto il super-Io... o, meglio, ricorda tutto all'Io;
gli ricorda che deve comportarsi bene, che non deve fare brutta figura, che ci
sono dei doveri da ottemperare, dei compiti da svolgere, dei peccati da
scontare.
Costretto fra "memoria" e desiderio L'Io sente la sferza di tutti e due i
padroni e si barcamena nel mezzo.
Dicevano gli antichi Greci, con la loro strana e immaginifica saggezza, che
Pudore (Aidos) e Vendetta (Nemesis) erano grandi amiche.
Le univa l'Offesa: Aidos, pudica e vergognosa, si tratteneva dall'offendere; era
sempre attenta a non andare oltre e, estremamente consapevole della soglia, si
guardava bene dall'avanzare pretese o dall'invadere lo spazio dell'altro;
Nemesis, con la memoria da elefante e con la persistenza di chi non può
dimenticare, era sempre pronta a lavarla, l'offesa, a restituire... occhio per
occhio, dente per dente.
Le hanno messe insieme, i Greci, con il loro amore per l'armonia e per
l'equilibrio e con l'idea che uno scopo comune, una meta, sia in grado di unire,
comunque, anche nella diversità.
C'è una storiella che raccontano spesso in India e che ha anche quella un
intento pedagogico: parla di come certe piccole scimmie si lascino facilmente
catturare, in modo incruento, senza lacci o tagliole ma solo con un vaso dalla
stretta imboccatura e con un pezzo di formaggio di cui vanno ghiotte. Si lega il
vaso ad un albero nei pressi di un posto frequentato da questi animali e vi si
mette dentro l'esca; le scimmie arrivano e la più intraprendente infila la mano
e prende il formaggio ma, una volta che l'ha afferrato, la mano è troppo grande
per uscire, e, tuttavia, non può lasciare andare, le altre scimmie ruberebbero
il bottino, la fame e "il desiderio" sono troppo forti... è facile catturarla a
quel punto.
Accompagnata solo da Pudore la scimmia non metterebbe nemmeno la mano nel vaso
("che gesto sconcio, mio Dio, la mano nel vaso..."). Ma con poco pudore e "tanta
memoria" non solo mette la mano ma si guarda bene dal mollare la presa ("non
lascio qualcosa che mi piace così tanto, adesso che ce l'ho non lo mollo di
sicuro...").
Sempre si mischiano Memoria e Desiderio. Entrambi come una presa che non molla:
la memoria che tiene lì il passato e il desiderio che incatena al futuro, il
desiderio che è, in questo senso, "memoria del futuro", perché una volta che si
è attaccato ad un oggetto non se ne dimentica, continua a volerlo, a tenerlo
stretto, nella fantasia o nella realtà, a... desiderarlo!
La Soglia e le soglie si costellano fra memoria e desiderio e fra pudore e
vendetta: "entro? non entro? si offenderà? l'altra volta mi è sembrato che non
le facesse piacere... e oggi?";
"mi trattengo? mi protendo? lascio intendere il mio desiderio? oso?"; "basta! mi
ha fatto incazzare! questa me la lego la dito!... mi si è già legata la dito!".
(Si dice che chi lo odia sia molto più vicino al dio di chi lo ama. Perché chi
lo odia... ci pensa molto di più).
Diceva bene Rilke, citato appropriatamente da Gallizio nel suo
commento/presentazione del mio ultimo post: "Soglia: oh pensa che è, per due che
si amano/ logorare un po' la propria soglia di casa".
Come i vecchi e saggi Greci, i poeti vedono cose che sfuggono ai prosatori,
troppo spesso alle prese con il super-Io, e alle scimmie sempre alle prese con
l'Es.
Logorare la propria soglia di casa è entrare e uscire, saper sospendere memoria
e desiderio e lasciarli un po' sullo sfondo, nel rispetto del solco che si crea
nell'andirivieni sui confini, in quello spazio di relazione di cui diventiamo
consapevoli quando, azzittiti momentaneamente i "due padroni", ci limitiamo ad
essere presenti.