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L '800
L’Ottocento
Il diciannovesimo secolo è caratterizzato dalla polemica tra Classicisti e
Romantici. I primi, contrari all’abuso dei francesismi e alla trascuratezza
formale dei letterati del Settecento, predicano il ritorno all’eleganza della
lingua della tradizione e l’imitazione dei classici. I secondi, invece,
vorrebbero una lingua moderna e fresca, adatta a esprimere tutti i contenuti,
capace di aderire alla realtà delle cose per divenire uno strumento che
contribuisca ad avviare l’Italia verso l’unità politica.
La salita della media borghesia porta al successo della tesi romantica, perché
insegnanti, medici, notai, tecnici e militari sentono il bisogno di una lingua
di tono medio che sostituisca il dialetto, sia per le esigenze della loro
professione, sia per la semplice conversazione.
Mentre la poesia rimarrà ancora per decenni legata alla tradizione, nella prosa
si attua un definitivo rinnovamento linguistico. La testimonianza più autorevole
al riguardo è rappresentata dai Promessi sposi di Alessandro Manzoni, il quale,
per l’edizione definitiva del 1840, adotta non l’antiquata lingua della
tradizione, ma il fiorentino parlato dal ceto medio della città toscana.
Con l’unità politica e la proclamazione del Regno d’Italia inizia il lento ma
continuo processo di unificazione linguistica della penisola, un processo
facilitato dalle più frequenti occasioni di contatto tra persone di regioni
diverse e dall’introduzione nel 1877 dell’obbligo scolastico per due anni.
Malgrado le leggi, la piaga dell’analfabetismo risulta comunque assai difficile
da sanare: verso la fine dell’Ottocento la grande maggioranza della popolazione
non è ancora in grado di leggere e scrivere e parla solo il dialetto.