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POESIE DI GIOVANNI GIUDICI
IL BENESSERE Quanti hanno avuto ciò che non avevano: un lavoro, una casa – ma poi che l’ebbero ottenuto vi si chiusero. Ancora per poco sarò tra voi. DAL CUORE DEL MIRACOLO Parlo di me, dal cuore del miracolo: la mia colpa sociale è di non ridere, di non commuovermi al momento giusto. E intanto muoio, per aspettare a vivere. Il rancore è di chi non ha speranza: dunque è pietà di me che mi fa credere essere altrove una vita più vera? Già piegato, presumo di non cedere. Una sera come tante di Giovanni Giudici Una sera come tante, e nuovamente noi qui, chissa per quanto ancora, al nostro settimo piano, dopo i soliti urli i bambini si sono addormentati, e dorme anche il cucciolo i cui escrementi un`altra volta nello studio abbiamo trovati. Lo batti col giornale, i suoi guaiti commenti. Una sera come tante, e i miei proponimenti intatti, in apparenza, come anni or sono, anzi più chiari, più concreti: scrivere versi cristiani in cui si mostri che mi distrusse ragazzo l’educazione dei preti; due ore almeno ogni giomo per me; basta con la bontà, qualche volta mentire. Una sera come tante (quante ne resta a morire di sere come questa?) e non tentato da nulla, dico dal sonno, dalla voglia di bere, 0 dall’angoscia futile che mi prendeva alle spalle, né dalle mie impiegatizie frustrazioni: mi ridomando, vorrei sapere, se un giorno sarò meno stanco, se illusioni siano le antiche speranze della salvezza; 0 se nel mio corpo vile io soflra naturalmente la sorte di ogni altro, non volgare letteratura ma vita che si piega al suo vertice, senza né più virtù né giovinezza. Potremo avere domani una vita piu semplice? Ha un fine il nosrro subire il presente? Ma che si viva o si muoia é indifferente, se private persone senza storia siamo, lettori di giornali, spettatori televisivi, utenti di servizi: dovremmo essere in molti, sbagliare in molti, in compagnia di molti sommare i nostri vizi, non questa grigia innocenza che inermi ci tiene qui, dove il male è facile e inarrivabile il bene. E’ nostalgia di futuro che mi estenua, ma poi d’un sorriso si appaga o di un come-se-fosse! Da quanti anni non vedo un fiume in piena? Da quanto in questa viltà ci assicura la nostra disciplina senza percosse? Da quanto ha nome bonta la paura? Una sera come tante, ed é la mia vecchia impostura che dice: domani, domani… pur sapendo che il nostro domani era già ieri da sempre. La verità chiedeva assai piu semplici tempre. Ride il tranquillo despota che lo sa: mi calcola fra i suoi lungo la strada che scendo. C’é piu onore in tradire che in esser fedeli a metà. La vita in versi Metti in versi la vita, trascrivi fedelmente, senza tacere particolare alcuno, l’evidenza dei vivi. Ma non dimenticare che vedere non è sapere, né potere, bensì ridicolo un altro voler essere che te. Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano complicità di visceri, saettando occhiate d’accordi. E gli astanti s’affacciano al limbo delle intermedie balaustre: applaudono, compiangono entrambi i sensi del sublime – l’infame, l’illustre. Inoltre metti in versi che morire è possibile più che nascere e in ogni caso l’essere è più del dire. L’amore dei vecchi In una gloria di sole occidentale Vaneggi, mente stanca: Inseguito prodigio non s’adempie Nell’aldiquà del fiore che s’imbianca Ma tu, distanza, torna a ricolmarti Tu a farti terra i questa ferma fuga Mare di nuda promessa Ai nostri balbettanti passi tardi E tu, voce, rimani Persuàdici – un poco, un poco ancora Nostro non più domani, Usignolo dell’auroraPER COMMENTI A TUTTE LE POESIE CLICCA
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