Domenico Ruggiero nasce a Bitonto il
06-03-1950.Diplomatosi al liceo classico di Trani (BT), diventa
ingegnere.Insegna presso l'ITIS Kennedy di Pordenone (PN).
Amante della musica e del suo ritmo già da
tenera età,si dedica anche a serate musicali in bar e locali, ottenendo
generosi consensi.
Col pallino del ritmo, nel 1998 esce la sua
prima raccolta di poesie, non tralasciando anche pubblicazioni di carattere
tecnico, famose a livello europeo.E così diventa autore anche della teoria
"il colore della musica cosmica".
Fino ad oggi sono note almeno una decina di
pubblicazioni,nonché esecuzioni in RAI 1 - zapping - di svariate poesie.
Molti siti e blog lo riportano come
interessante autore futurista emergente.
Vive e lavora a TRANI (BT).Vincitore di
svariati premi nazionali e internazionali.
Questa nuova
lirica di Domenico Ruggiero pare ricordare una poesia di Giacomo Leopardi:il
pensiero dominante. Nella prima strofa
Leopardi scrive: «Dolcissimo, possente / dominator di mia profonda mente; /
terribile, ma caro / dono del ciel; consorte / ai lugubri miei giorni, / pensier
che innanzi a me sì spesso torni».
Per Giacomo Leopardi il pensiero dominante e persistente, quasi
fastidioso come le mosche descritte da Guy de Maupassant, è allo stesso tempo
dolcissimo e terribile, possente e caro, dominatore e consorte. È qualcosa che
occupa la mente fino a tormentarla. Anche l’uso di aggettivi antitetici e
contrapposti suggerisce l’idea di un tormento della mente. È qualcosa che si
impone e fa stare male perché angoscia. Nella lirica di Ruggiero si avverte,
pare, proprio questa dimensione angosciosa, questo stato di persistenza di un
qualcosa che turba, ma che allo stesso tempo allieta. Per Ruggiero la “mente
pensante” è fonte d’energia, anzi è essa stessa energia,ἐνέργεια.Puro calore, elemento che è alla base del
movimento e della vita, come sosteneva lo stesso Eraclito. Ed è per questo che
la mente per Domenico Ruggiero è “rovente di cicli mestruali”, è qualcosa di
fecondo, qualcosa che ha in potenza la storia del mondo. Anche il termine
“ciclo” usato dal poeta rimanda all’idea di movimento, di persistenza, di ciò
che ritorna sempre uguale. Eternamente.
Ma è matrice di vita la mente solo nella misura in cui essa è in
grado di non accordarsi o “accondiscendere” a quelli che sono i “circuiti del
niente”, come scrive lo stesso poeta.
Domenico Ruggiero, anche in questa lirica – scritta per altro senza
troppo meditare su un pezzo di carta di giornale – ha cercato di esprimere, con
una semplicità verbale che è cifra della sua poetica come della sua stessa vita,
una grande verità: quella della grandezza dell’uomo.
L’uomo, come sostiene lo stesso Pascal, è come una canna, ma è una
canna che pensa, cioè è un essere dotato di ragione, di spirito, di pensiero, di
anima. L’energia dell’uomo è nel suo stesso pensiero, ma solo una mente capace
di non accondiscendere ai “circuiti del niente”, come scrive appunto Ruggiero,
può sprigionare una luce in grado di illuminare l’intero universo: la luce
dell’umanità. Guardandosi dentro l’uomo può riscoprire la sua vera natura che
prescinde da quelli che sono i condizionamenti imposti dalla cultura, dalla
religione, dalla lingua d’appartenenza; quella natura che è il vero
contrassegno della sua grandezza e che gli proviene da un’altra dimensione, da
un mondo altro, da un altro remoto abisso. Una natura che è dono di una mente
superiore, assoluta. E allo stesso tempo libera.
Libera è anche la mente dell’uomo che ha la possibilità di
trascendere il niente del quotidiano più banale e più scontato, il niente delle
parole vuote gridate al vento, il niente dei discorsi vacanti di gente dimentica
di sé.
Solo così l’uomo potrà riconoscere le potenzialità della sua mente
e allo stesso tempo riconoscere che quella potenza, quella energia è il chiaro
riflesso di qualcosa che ci fa essere quello che siamo, che ci dona la vita,
così come ci dona la parola. L’uomo potrà riconoscere che in fondo quella
energia altro non è che un puro spirito, puro
λόγος. O
più semplicemente, richiamando ancora Leopardi, “dono del ciel”.